Decreto Sostegni

Rischio chimico sui luoghi di lavoro, come si valuta?

All’interno degli ambienti lavorativi il rischio chimico è molto più diffuso di quanto si possa credere. A differenza di quanto si pensi infatti, non sono a rischio solo le raffinerie petrolifere o le industrie chimiche, bensì molteplici attività.

Cosa sono gli agenti chimici?

Gli agenti chimici sono “Tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato”.

Sono impiegati in molte attività quotidiane perché si trovano nei prodotti utilizzati per la conservazione degli alimenti, in quelli adoperati per le attività di pulizia o quelli coinvolti nei processi di stampa.

Il rischio chimico sui luoghi di lavoro

Il rischio chimico mette in pericolo i lavoratori. Per questi motivi si è reso necessario classificare gli agenti chimici in due classi:

  • agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico: infiammabili, esplosivi, comburenti e corrosivi;
  • agenti con proprietà tossicologiche: sostanze sensibilizzanti, nocive, tossiche, irritanti, teratogene e cancerogene.

Se ci si espone accidentalmente agli agenti della prima classe parliamo di infortunio; l’esposizione agli agenti della seconda classe determina le malattie professionali.

La valutazione del rischio chimico

La valutazione del rischio chimico derivante dalla presenza di agenti chimici è resa obbligatoria dal D.Lgs. 81/2008 e successivi aggiornamenti.

L’esito della valutazione dovrà risultare o basso per la sicurezza e irrilevante per la salute, o non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute. In questo secondo caso il datore di lavoro dovrà necessariamente adottare le disposizioni come definito negli artt. 225 e 226 del Testo Unico.

operatori sanitari

Violenza sugli operatori sanitari e socio-sanitari, circa 1600 infortuni l’anno

In occasione della seconda edizione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, l’Inail ha analizzato i dati relativi ai casi di infortunio in occasione di lavoro accertati dall’Istituto e codificati come aggressioni e minacce nei confronti del personale sanitario, che nel triennio 2019-2021 sono stati 4.821, per una media di circa 1.600 l’anno.

Violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, colpita la fascia 35-49 anni

Il 37% è concentrato nel settore assistenza sanitaria, che include ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari; il 33% nei servizi di assistenza sociale residenziale, che comprendono case di riposo, strutture di assistenza infermieristica e centri di accoglienza; il restante 30% ricade nel comparto dell’assistenza sociale non residenziale. Il 71% ha riguardato le donne, mentre per entrambi i generi si rileva che il 23% dei casi interessa gli operatori sanitari fino a 34 anni, il 39% quelli da 35 a 49 anni, il 37% da 50 a 64 anni e l’1% oltre i 64 anni.

Oltre un terzo dei casi riguarda infermieri ed educatori professionali

La professione più colpita è quella dei tecnici della salute e operatori sanitari, in cui si concentra più di un terzo dei casi. Si tratta prevalentemente di infermieri, ma anche di educatori professionali, normalmente impegnati in servizi educativi e riabilitativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani all’interno di strutture sanitarie o socio-educative.

Seguono, con il 29% dei casi, gli operatori socio-sanitari delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali e, con il 16%, le professioni qualificate nei servizi personali e assimilati, soprattutto operatori socio-assistenziali e assistenti-accompagnatori per persone con disabilità.

Più distaccata, con il 3% dei casi di aggressione ai danni del personale sanitario, la categoria dei medici, che non include però nell’obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i liberi professionisti.

sovraccarico biomeccanico

Rischio da sovraccarico biomeccanico arti superiori, terzo volume INAIL

Online il terzo volume delle Schede di rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori nei comparti della piccola industria, dell’artigianato e dell’agricoltura dell’Inail.

L’analisi parte dai dati Inail, che, per gli anni 2016-2020, registrano un numero costante di denunce di malattie professionali. Nell’arco temporale di riferimento, il 76% delle patologie denunciate all’Istituto è costituito da quelle del sistema osteo-articolare.

Sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, la novità del volume

Il volume raccoglie 60 schede che nascono dalla valutazione collegiale e intercalibrata del gruppo di lavoro.

Sono inoltre presentate in modo chiaro e operativo le due metodologie OCRA che consentono la valutazione di compiti complessi. A questo scopo, alcuni compiti tratti dalle schede sono stati utilizzati come esempio per applicare la check list OCRA Multitask Medio e la check list OCRA Multitask Complesso, al fine di illustrare l’analisi del rischio relativo a tutte le attività svolte nell’intero turno di lavoro.

Ogni scheda analizza un compito lavorativo e contiene, oltre alla valutazione mediante check list OCRA dei compiti e degli scenari lavorativi, anche alcuni possibili interventi di prevenzione e protezione di semplice attuazione. Inoltre, sono riportate indicazioni tratte dalla normativa di riferimento e dalle pubblicazioni tecniche di settore, per facilitare i processi di valutazione del rischio.

Le schede rappresentano uno strumento semplice ed efficace rivolto a datori di lavoro, Rspp, Rls e lavoratori per aiutare l’individuazione dei fattori di rischio del sovraccarico biomeccanico degli arti superiori.

Il rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori

L’esposizione prolungata ad un sovraccarico biomeccanico può causare disturbi e patologie dell’apparato muscolo-scheletrico, nervoso e tendineo che nei casi più gravi possono comportare invalidità permanenti. 

I principali fattori di rischio del sovraccarico biomeccanico sono l’utilizzo di forza intensa, la ripetitività, l’assunzione di posture incongrue, carenza di periodi di recupero ed altri fattori ambientali e organizzativi che possono influire negativamente sulla capacità individuale e sulla integrità dei tessuti.

Le cause del sovraccarico biomeccanico

  • traino e spinta;
  • sollevamento e abbassamento dei carichi;
  • trasporto;
  • compiti ripetitivi;
  • movimentazione di pazienti ospedalizzati;
  • posture incongrue.

disabilità

Disabilità e ambiente: progettare luoghi di lavoro sicuri

Quando si parla di disabilità bisogna necessariamente pensare anche all’ambiente, in particolar modo a quello lavorativo. Le caratteristiche dell’ambiente in cui la persona con disabilità opera e agisce infatti hanno una stretta correlazione con il grado di inclusione sociale e lavorativa ed esercitano anche un impatto sulla sua vita perché condizionano il grado di autonomia che può raggiungere.

Vediamo di seguito alcuni dati sull’incidenza della disabilità nel nostro Paese.

Circa il 5% della popolazione italiana è in condizione di disabilità

Il factsheet Inail riporta i dati Istat sull’incidenza della disabilità in Italia. Nel nostro Paese sono 3 milioni e 100 mila persone, pari al 5,2% della popolazione, le persone che soffrono di limitazioni considerevoli, per problemi di salute di vario genere, nello svolgimento delle abituali attività quotidiane.

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, il 15% della popolazione mondiale – pari a circa un miliardo di persone – sarebbe coinvolto da una forma di disabilità.

Il luogo di lavoro come strumento di inclusione e autonomia

In Italia il lavoro delle persone con disabilità è disciplinato da una normativa apposita, volta ad assicurare il loro pieno inserimento attraverso il collocamento mirato, affidato agli uffici competenti. Il lavoro non solo favorisce l’inclusione delle persone con disabilità, ma offre loro anche l’opportunità di realizzare la propria vita.

In questo senso, l’ambiente di lavoro costituisce il luogo di integrazione e di inclusione per eccellenza, dove è necessario progettare e costruire spazi privi di limitazioni e barriere, che ne ostacolano la fruibilità da parte di tutti gli utenti.

Un design universale per un’inclusione universale: Uni Eni 17210

La norma Uni Eni 17210 descrive i requisiti minimi di base che un ambiente costruito deve possedere per essere accessibile e utilizzabile dal maggior numero di utenti, incluse le persone con disabilità, secondo l’approccio del design for all/universal design. Secondo la norma, l’ambiente di lavoro deve essere progettato senza barriere per essere fruibile da tutti senza bisogno di adattamenti o progettazioni specializzate.

Questo tipo di design universale si ispira ai principi di equità, flessibilità, semplicità e intuitività, percettibilità delle informazioni, tolleranza dell’errore, contenimento dello sforzo fisico, misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso.

La ricerca Inail su ambienti di lavoro sicuri e accessibili

L’inail sta conducendo un progetto di ricerca che ha l’obiettivo di individuare misure tecniche capaci di incrementare la sicurezza nei luoghi di lavoro, agendo su ambiente fisico, prodotti e tecnologie, in modo che costituiscano strumenti di inclusione e non barriere.

Lo studio intende mettere in luce il rapporto che intercorre tra i requisiti funzionali del luogo di lavoro e la tutela della salute e della sicurezza, individuando i possibili ostacoli cognitivi, fisici e sensoriali per formulare le soluzioni necessarie a migliorare i livelli di salute e sicurezza di tutti i lavoratori.

mud

Approvato il nuovo Modello Unico di dichiarazione ambientale (MUD)

Con il DM del 3 febbraio, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica approva il nuovo Modello Unico di dichiarazione ambientale (MUD) per l’anno 2023. Sarà utilizzato per le dichiarazioni da presentare entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento all’anno precedente, come disposto dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70.

Sostituisce quello valido finora (riportato in allegato al Dm 17 dicembre 2021), insieme alle istruzioni per la presentazione delle Comunicazioni ambientali in materia di rifiuti nel 2022.

Il termine per la presentazione è fissato per l’8 luglio 2023.

Cos’è il MUD

Il Mud è il modello unico per denunciare i rifiuti prodotti e/o gestiti dalle attività economiche, i rifiuti raccolti dai comuni e quelli smaltiti, avviati al recupero o trasportati nel corso dell’anno precedente.

Chi deve presentare il MUD

Deve presentare il MUD:

  • chi effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti;
  • i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione;
  • gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti;
  • i consorzi istituiti per il recupero ed il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti;
  • consorzio nazionale degli imballaggi;
  • le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi;
  • le imprese agricole che producono rifiuti pericolosi con un volume di affari annuo superiore a 8mila euro;
  • imprese e gli enti produttori che hanno più di dieci dipendenti e sono produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali e da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi prodotti dalla potabilizzazione;
  • gestore del servizio pubblico di raccolta per i rifiuti pericolosi conferiti da soggetti pubblici e privati previa apposita convenzione;
  • soggetti istituzionali responsabili del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ed assimilati;
  • gestore dell’impianto portuale di raccolta e del servizio di raccolta;
  • soggetti coinvolti nel ciclo di gestione dei RAEE;
  • i soggetti coinvolti nel ciclo di gestione dei veicoli fuori uso.

Come spedire il MUD

La comunicazione si spedisce in via telematica previa

Per spedire via telematica è necessario:

  • registrazione al sito www.mudtelematico.it;
  • deposizione di una firma digitale;
  • il pagamento dei diritti di segreteria che ammontano a 10 euro.
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