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Come creare un DVR conforme alle normative: valutazione, redazione e gestione

Nel contesto della sicurezza sul lavoro, l’elaborazione di un Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) è una pratica essenziale. Questa guida pratica fornisce un’analisi approfondita dei passaggi necessari per la creazione di un DVR conforme alle normative, seguendo le direttive del Decreto Legislativo 81/08 e successive modifiche.

Documento di Valutazione dei Rischi: struttura e pianificazione del tuo DVR

Il processo di creazione del DVR richiede un’approfondita raccolta di informazioni sull’attività oggetto di valutazione. Queste informazioni comprendono il numero di lavoratori impiegati, le mansioni coinvolte, i luoghi di lavoro, le attrezzature e gli impianti utilizzati, oltre all’esposizione a potenziali agenti chimici o biologici.

Una volta stabilito il contesto, è possibile procedere con un’analisi dettagliata dei rischi, la parte centrale del DVR. Questa analisi permette di definire misure di prevenzione e protezione adeguate, che vanno dalla formazione dei lavoratori all’elaborazione di istruzioni operative e alla pianificazione della sorveglianza sanitaria.

Il DVR dovrebbe essere integrato da un Piano di Miglioramento, che comprende misure aggiuntive per garantire un costante miglioramento della sicurezza nel tempo. È importante sottolineare che il Piano di Miglioramento non dovrebbe contemplare le inadempienze, ma piuttosto definire obiettivi chiari per il progresso della salute e della sicurezza, garantendo l’implementazione entro tempi stabiliti.

Anagrafica aziendale e ruoli della Sicurezza

Una sezione fondamentale del DVR è l’introduzione, che dovrebbe fornire informazioni chiare sull’unità produttiva in esame. Oltre ai dati anagrafici tradizionali, è cruciale identificare con precisione i luoghi di lavoro, dalla registrazione delle sedi e degli edifici fino agli ambienti specifici in cui avvengono le attività lavorative.

Perché è così importante questa definizione dei luoghi di lavoro?

La natura dei rischi per un lavoratore è influenzata sia dalle mansioni svolte che dall’ambiente in cui queste attività vengono eseguite. Mansioni simili ma svolte in ambienti diversi possono richiedere misure di sicurezza differenti. Ad esempio, un lavoratore che non è direttamente coinvolto in attività rumorose potrebbe comunque necessitare di protezione uditiva se transita in aree con impianti rumorosi.

Inoltre, alcuni rischi sono legati alla struttura dei luoghi di lavoro, come ad esempio il rischio di incendio, che richiede una valutazione basata sulla disposizione dei compartimenti antincendio e sulla presenza di componenti strutturali specifici.

Organigramma della Sicurezza: definire le figure responsabili

A seconda della dimensione e della complessità dell’organizzazione, è necessario designare specifiche figure responsabili della prevenzione e della protezione. Il datore di lavoro può assumere il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, ma in altri casi dovrà nominare un Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) interno o esterno all’organizzazione.

Oltre al RSPP, sono necessarie altre figure come Dirigenti, Preposti, Addetti al Primo Soccorso, Addetti Antincendio e un Medico Competente. Anche i lavoratori stessi designano un Rappresentante per la Sicurezza. Il DVR dovrebbe contenere un elenco completo di queste figure, con le date di nomina e, possibilmente, una rappresentazione grafica dell’organigramma aziendale.

Analisi dei rischi per tutte le fonti: identificazione e valutazione

Il nucleo centrale del DVR è l’analisi dei rischi associati a ciascun processo lavorativo e alle attrezzature utilizzate. È fondamentale valutare sia i rischi specifici delle attività che quelli legati all’uso di attrezzature, macchine o agenti chimici pericolosi.

La valutazione dei rischi deve seguire una metodologia precisa. Quando esistono normative specifiche, come standard ISO o UNI, queste devono essere seguite. In assenza di indicazioni legislative, si possono utilizzare criteri basati sull’esperienza e conoscenza delle condizioni lavorative, con il supporto di dati come registri degli infortuni, indici di rischio e dinamiche infortunistiche.

Per i rischi non normati, è possibile utilizzare una matrice di rischio, assegnando valori di probabilità e gravità per determinare l’entità del rischio.

Sulla base dei risultati della valutazione, devono essere definiti adeguati piani di prevenzione e protezione per affrontare i rischi identificati.

Conclusioni: un DVR come strumento chiave per la Sicurezza

Il Documento di Valutazione dei Rischi non è solo un adempimento legale, ma un potente strumento per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Include l’erogazione della formazione, la distribuzione di dispositivi di protezione individuale, l’elaborazione di istruzioni operative e la creazione di protocolli sanitari.

Oggi, esistono strumenti informatici che semplificano la gestione e la conformità alle normative, aiutando le aziende a mantenere alti standard di salute e sicurezza sul lavoro. La creazione di un DVR conforme alle normative è un passo cruciale per proteggere i lavoratori e promuovere un ambiente di lavoro sicuro.

Continua a monitorare le normative e ad aggiornare il tuo DVR in modo da affrontare in modo efficace i rischi emergenti e garantire il benessere dei tuoi dipendenti.

cantieri

Sicurezza sul lavoro nei cantieri, bando Inail dal 5 settembre

Al via l’edizione 2023 del concorso Inail Archivio delle buone pratiche per la salute e sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili.

Il bando è inserito tra le azioni di sensibilizzazione previste dal nuovo Piano nazionale della prevenzione in edilizia 2020-2025, parte integrante del Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, coordinato dalle Regioni Sicilia e Toscana, in linea con l’Accordo quadro stipulato nel 2015 e successivamente rinnovato, tra l’Inail, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e il ministero della Salute.

Per presentare le domande di ammissione al concorso, gli interessati dovranno utilizzare la procedura telematica disponibile sul portale dell’Inail. La procedura sarà disponibile a partire dalle ore 12 del 5 settembre e resterà aperta fino alla scadenza delle ore 18 del 5 dicembre 2023.

A chi si rivolge il bando sulla sicurezza sul lavoro nei cantieri

  • le imprese;
  • i coordinatori per la progettazione ed esecuzione lavori e i professionisti, in forma singola o associata, iscritti agli albi professionali afferenti a tale settore;
  • gli Enti pubblici e Organismi Paritetici.

Quali sono i requisiti

Di seguito i principali requisiti per accedere al bando:

  • essere in regola con gli obblighi contributivi e assicurativi;
  • non essere in stato di liquidazione volontaria, né sottoposte ad alcuna procedura concorsuale;
  • applicare il CCNL settore costruzioni;
  • essere in regola con gli obblighi in materia in salute e sicurezza previsti dalla normativa vigente.

Tutti i requisiti nello specifico sono contenuti nel bando Inail.

Come funziona il premio

Saranno premiate le prime tre buone pratiche valutate migliori. I premi sono:

  • 5.000 euro per il primo classificato;
  • 2.000 euro per il secondo classificato;
  • 1.000 euro per il terzo classificato.
Scarica il bando Inail
pubblica amministrazione e smart working

Formazione in videoconferenza, pubblicata la UNI/PdR 149:2023

È stata pubblicata la prassi di riferimento UNI/PdR 149:2023Guida metodologica per l’organizzazione e la gestione dei percorsi formativi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro erogati in modalità videoconferenza sincrona“.

Il documento è stato redatto da un tavolo interistituzionale, costituito ad hoc e coordinato da Inail, a cui hanno partecipato esperti e professionisti in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro dell’Istituto, del Coordinamento delle Regioni, delle università di Urbino Carlo Bo e Ca’ Foscari di Venezia, del comitato tecnico UNI/CT 042 “Sicurezza” di UNI.

Dal 2022 la formazione in videoconferenza è equiparata a quella in presenza

La prassi, nata da una proposta dell’Inail approvata dal Consiglio direttivo dell’UNI, si configura come una guida metodologica, operativa e gestionale, a carattere volontario. Viene offerta a tutti i soggetti legittimati dalla legislazione vigente a erogare formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro in videoconferenza sincrona (Vcs), una modalità che si era imposta per necessità nel periodo di emergenza sanitaria ed equiparata alla formazione in presenza dalla legge n. 52 del 19 maggio 2022.

Qualità, rispetto dei dati personali e coerenza con la normativa europea

Nella sua impostazione concettuale, la prassi pone l’accento sull’importanza della formazione, misura generale di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, e sulla sua qualità quale fattore fondamentale per garantirne l’efficacia. La prassi di riferimento propone un approccio strutturato per processi, secondo il metodo gestionale suggerito dal ciclo di Deming (o ciclo di PDCA, Plan–Do–Check–Act), volto ad assicurare la qualità delle singole fasi di produzione della formazione erogata in Vcs.

È formulata, inoltre, in coerenza concettuale e metodologica con i principi riportati nella raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo del 18 giugno 2009, relativa all’istituzione di un Quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale (Eqavet), nonché nel rispetto dei principi di protezione nel trattamento dei dati.

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sospensioni

Più di 6mila le sospensioni di attività (INL), quanto è importante rendere più accessibile la normativa?

Sono 6mila 196 le sospensioni di attività d’impresa. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro rende noti i risultati dell’attività di ispezione messa in campo dall’1 gennaio al 30 settembre 2022 su input della Direzione Centrale per la tutela, la vigilanza e la sicurezza del lavoro.

I dati e le sospensioni di attività

Sono state 12mila 522 le ispezioni effettuate in materia di salute e sicurezza e hanno riguardato tutti i settori produttivi, con un focus particolare su quelli a maggiore rischio infortunistico, tra i quali l’edilizia.

Rilevante la percentuale di irregolarità riscontrata, pari ad oltre l’83%; 6mila 196 i provvedimenti di sospensione dell’attività di impresa complessivamente adottati: 4.085 per impiego di personale in nero e 2.111 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza.

A seguito dell’adozione delle sospensioni, l’83% delle imprese ha provveduto alla regolarizzazione
e, conseguentemente, i provvedimenti adottati dagli ispettori sono stati revocati.

Il direttore dell’INL, Bruno Giordano

“È utile sottolineare il dato delle sospensioni – dichiara il direttore dell’Ispettorato, Bruno Giordano
– sotto un duplice profilo: quello dell’incremento dei provvedimenti (basti pensare che nell’arco del
2021 erano stati adottati 3.971 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, mentre nei soli
primi 9 mesi di quest’anno le sospensioni sono state 6.196) e quello della regolarizzazione conseguente ai provvedimenti. Una percentuale così elevata di revoche, pari all’83%, testimonia un forte impatto in materia di recupero della legalità come lavoro regolare e sicuro”.

Il dato è alto, ma occorre semplificare la normativa

“Il dato è forte e preoccupante – afferma Unasf Conflavoro PMI -, ma è anche giunto il momento di rivedere la normativa in senso più “accessibile” per le imprese, il che non significa assolutamente renderla più leggera negli obblighi, ma facilitare l’adempimento di questi obblighi. In che modo? Con una semplificazione normativa, appunto, con una formazione differente e soprattutto sostenendo le imprese nei tanti, e giusti, adempimenti al dlgs 81/08. La Sicurezza sul Lavoro deve essere una priorità“.

Unasf Conflavoro PMI, insieme alle altre maggiori associazioni HSE riunite nell’Italian Summit HSE, sta lavorando ad una serie di proposte per la semplificazione normativa, una nuova formative e una proposta di credito di imposta per sostenere le aziende nei costi per l’adempimento agli obblighi previsti dal dlgs 81/08.

inquinanti atmosferici

Inquinanti atmosferici e mortalità, i dati Inail

L’esposizione ad inquinanti atmosferici provoca effetti sulla salute con rilevanti impatti sulla mortalità e morbosità della popolazione. L’effetto combinato di inquinanti in aria, nell’ambiente e quelli presenti negli ambienti indoor, inclusi i luoghi di lavoro, si stima che possa causare circa 7 milioni di morti premature nel mondo (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Recentemente l’OMS ha aggiornato i valori guida di concentrazione degli inquinanti atmosferici, riducendo i livelli di riferimento per la salvaguardia della salute della popolazione.

In Italia numerosi studi hanno stimato l’effetto sulla salute della popolazione dovuta ad esposizioni ad inquinanti atmosferici, analizzando le grandi aree metropolitane, ma non erano finora disponibili informazioni a livello nazionale che includano i comuni più piccoli spesso privi di indagini ambientali specifiche.

Alcuni dati rilevano che i lavoratori occupati in settori a rischio per malattie respiratorie, hanno un incremento di rischio di circa lo 0,5% rispetto ai soggetti non esposti.

Una ricerca Inail analizza l’associazione tra inquinanti atmosferici, e la mortalità causa-specifica.


Rischi da inquinanti atmosferici, l’analisi scientifica condotta nel progetto collaborativo

La ricerca, condotta nell’ambito del progetto Uso di BIG data per la valutazione degli Effetti sanitari acuti e cronici dell’inquinamento atmosferico nella Popolazione Italiana (BIGEPI), promosso da Inail attraverso il bando di ricerche in collaborazione (BriC) 2019, è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Environmental Research.

Lo studio ha analizzato i decessi giornalieri in tutti i comuni d’Italia nel triennio 2013-2015, per diverse cause (naturali, cardiovascolari, respiratorie, cerebrovascolari, metaboliche, mentali e nervose), mettendole in relazione con l’esposizione giornaliera ad inquinanti atmosferici della popolazione residente nei suddetti comuni.

Tali dati sono stati analizzati con metodi statistici per determinare l’associazione tra rischio di mortalità per una determinata causa e l’esposizione a polveri sottili e biossido di azoto.

L’analisi ha permesso di individuare una associazione tra la mortalità giornaliera per cause naturali, cardiovascolari, cardiache, respiratorie e nervose con l’esposizione giornaliera alle polveri sottili, così come una associazione tra le morti per cause respiratorie e metaboliche con l’esposizione a biossido di azoto.

L’approfondimento dello studio per livelli di urbanizzazione ha inoltre permesso di evidenziare che le suddette associazioni non si presentato solo per le aree urbanizzate, oggetto dei precedenti studi, ma anche nelle aree suburbane e rurali, confermando l’effetto sulla salute anche a basse concentrazioni, senza nessuna soglia di sicurezza per l’esposizione. Infine sono stati stimati effetti sulla mortalità per cause naturali e cardiovascolari per la popolazione più anziana.

I dati di mortalità utilizzati nello studio

Sono stati utilizzati i dati di mortalità causa-specifica collezionati dagli archivi ISTAT. Circa 1,8 milioni di casi per morte naturale sono stati inclusi nello studio, di cui 680mila per cause cardiovascolari, 477mila cardiache e 131mila respiratorie. Tali dati forniscono oltre alla causa di morte, la data dell’evento, il comune di residenza dell’individuo e la sua età al decesso. 

I rischi individuati

La ricerca ha individuato che ogni aumento di 10 mg/m3 di PM10 e PM2.5 produce un aumento di rischio di 1,26% e 2,08% di mortalità per cause naturali, di 1,18% e 2,32% per cause cardiovascolari, di 1,40% e 2,91% per cause cardiache, di 3,54% e 4,55% per cause respiratorie, e di 4,55% e 9,64% per cause nervose per il PM10 e il PM2.5 rispettivamente.

Ogni incremento di 10 mg/m3 di biossido di azoto produce un aumento del rischio di 6,68% per cause respiratorie e di 7,30% per cause metaboliche. Tali rischi includono anche il contributo occupazionale soprattutto per le malattie respiratorie.

Recenti studi condotti da Inail hanno evidenziato che i lavoratori occupati in settori a rischio per malattie respiratorie, hanno un incremento di rischio di circa lo 0,5% rispetto ai soggetti non esposti.

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