Secondo il titolo VIII del decreto legislativo 81/2008, il datore di lavoro è tenuto a valutare sistematicamente tutti i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti fisici, tra cui le vibrazioni.
L’articolo 181 stabilisce che la valutazione deve essere programmata almeno ogni quattro anni, affidata a personale qualificato e aggiornata in presenza di cambiamenti organizzativi o risultati della sorveglianza sanitaria. L’articolo 182 prevede che i rischi debbano essere eliminati alla fonte o ridotti al minimo, seguendo i principi generali di prevenzione. Completano il quadro gli articoli del Capo III del Titolo VIII, dedicati alle vibrazioni, che definiscono le tipologie di esposizione e i criteri per misurazioni, banche dati e limiti normativi. In questo insieme di norme, la protezione dei lavoratori si basa su strumenti tecnici, organizzativi e formativi finalizzati alla prevenzione.
Tipologie di vibrazioni ed effetti sulla salute
Le vibrazioni professionali si distinguono in quelle trasmesse al sistema mano-braccio e quelle che coinvolgono il corpo intero. Le prime si manifestano durante l’uso di utensili come martelli, motoseghe o smerigliatrici, e possono causare danni vascolari, neurologici e osteoarticolari. Le seconde derivano dall’utilizzo di veicoli o macchine che generano vibrazioni lungo tutto il corpo, con conseguenze potenziali su colonna vertebrale, equilibrio e concentrazione.
Per valutare l’effetto di tali rischi, la normativa si riferisce agli standard ISO 5349 per le vibrazioni mano-braccio e ISO 2631 per le vibrazioni corpo intero, stabilendo livelli di azione e limiti giornalieri di esposizione. Il valore limite per le vibrazioni mano-braccio su un giorno lavorativo è pari a 5 m/s², mentre il livello d’azione è di 2,5 m/s²; per le vibrazioni al corpo intero i corrispondenti valori sono 1,0 m/s² e 0,5 m/s², con picchi brevi rispettivamente fino a 20 m/s² e 1,5 m/s². Superare questi valori comporta l’obbligo di azione da parte del datore di lavoro per ridurre l’esposizione.
Valutazione del rischio: metodi e criteri di approfondimento
La valutazione dell’esposizione può avvenire tramite misurazioni dirette, secondo protocolli ISO, o attraverso l’utilizzo di dati forniti da banche dati o dai costruttori delle attrezzature. L’articolo 202 stabilisce che la misurazione è il metodo preferenziale, ma accetta anche approcci di tipo indicativo se supportati da informazioni tecniche attendibili. Il comma 5 dello stesso articolo richiede di considerare non solo intensità e tipo di esposizione, ma anche fattori personali (es. gravidanza o sensibilità), condizioni ambientali come temperatura e umidità, rischi associati a posture o sovraccarico biomeccanico e la presenza di alternative tecniche. Il documento di valutazione dei rischi deve quindi contenere una visione completa e documentata del rischio, evidenziando le misure necessarie.
Prevenzione e protezione: strategie per ridurre l’esposizione
Quando i livelli di vibrazioni superano il valore d’azione, il datore di lavoro ha l’obbligo di definire e attuare un piano di riduzione del rischio che comprenda interventi tecnici e organizzativi. Tra le misure rientrano la scelta di strumenti progettati secondo criteri ergonomici, sedili o impugnature attenuanti e la manutenzione accurata delle macchine. Risulta indispensabile inoltre garantire formazione e informazione mirate sull’uso corretto delle attrezzature e dei dispositivi di protezione individuale, oltre a stabilire pause e limitare la durata dell’esposizione. Particolare attenzione va data ai guanti antivibranti, che devono essere certificati secondo la norma UNI EN ISO 10819, ed essere scelti in base al tipo di utensile utilizzato, poiché i guanti non appropriati possono amplificare i rischi. La sorveglianza sanitaria svolge un ruolo chiave, intervenendo non solo su esposizioni elevate, ma anche in presenza di sintomi o condizioni particolari del lavoratore.