La longevità attiva e l’invecchiamento della forza lavoro rappresentano temi centrali per la moderna gestione della salute e sicurezza. Il quadro normativo, definito in Italia dal Dlgs 81/2008, impone ai datori di lavoro la valutazione di tutti i rischi, con un’attenzione che deve necessariamente tenere conto delle diverse fasce d’età presenti in azienda.
L’aumento dell’età pensionabile e il progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa rendono obsolete le logiche di esclusione, spingendo verso modelli di “age management” (gestione dell’età). Questi modelli non si limitano ad adempiere agli obblighi di legge, ma mirano a trasformare il lavoro da fattore di usura a strumento di promozione della salute e di invecchiamento attivo.
La sfida per le imprese è duplice: da un lato, garantire l’idoneità alla mansione attraverso la sorveglianza sanitaria; dall’altro, creare le condizioni affinché i lavoratori possano rimanere produttivi, sani e motivati lungo tutto l’arco della loro carriera, valorizzando l’esperienza e prevenendo l’insorgenza di patologie croniche.
Il lavoro per la longevità attiva e la salute
Il lavoro, se correttamente gestito, può diventare un potente alleato per la longevità attiva. L’adozione di politiche di gestione dell’età efficaci permette di valorizzare il contributo dei lavoratori “senior”, che spesso possiedono un patrimonio di competenze e un’affidabilità difficilmente sostituibili.
Mantenere i lavoratori più anziani in buone condizioni di salute non è solo un obbligo etico e legale, ma un investimento strategico. Un lavoratore sano è più presente, più produttivo e contribuisce a un clima aziendale positivo. Questo approccio richiede un superamento della mera sorveglianza sanitaria, spesso limitata al solo giudizio di idoneità. È necessario, invece, un impegno proattivo nella “promozione della salute”, intesa come un insieme di interventi finalizzati a migliorare gli stili di vita, l’ergonomia delle postazioni, l’organizzazione del lavoro e il benessere psicosociale, combattendo la sedentarietà e i fattori di rischio comportamentali.
Implicazioni per il medico competente e l’azienda
In questo nuovo scenario, il ruolo del medico competente si espande e diventa cruciale. Non più solo controllore dell’idoneità, ma vero e proprio promotore di salute e consulente del datore di lavoro. Il medico competente è la figura chiave per supportare l’azienda nell’implementazione di programmi di “age management”, collaborando all’aggiornamento della valutazione dei rischi (DVR) in un’ottica specifica per l’età.
Questo significa analizzare come i rischi (ad esempio, movimentazione manuale dei carichi, posture incongrue, lavoro notturno o stress) impattino diversamente sulle diverse fasce d’età. Le imprese sono chiamate a intervenire con misure concrete: dalla riprogettazione ergonomica delle postazioni alla flessibilità oraria, dalla redistribuzione dei compiti alla pianificazione di percorsi di formazione continua, per garantire che l’aumento dell’età lavorativa non si traduca in un aumento di infortuni e malattie professionali, ma in un’opportunità di crescita condivisa.


