Container fumigati: prevenzione e gestione rischio chimico

Container fumigati: prevenzione e gestione rischio chimico

I container fumigati rappresentano una delle criticità più insidiose e sottostimate nell’ambito della logistica portuale e del trasporto intermodale, richiedendo un’attenzione rigorosa sotto il profilo della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Il quadro normativo di riferimento è costituito dal Dlgs 81/2008, che impone al datore di lavoro l’obbligo indelegabile di valutare tutti i rischi presenti durante l’attività lavorativa (articolo 28), con particolare riferimento al Titolo IX dedicato alle sostanze pericolose e agli agenti chimici. Le operazioni di apertura, ispezione e svuotamento delle unità di carico possono esporre gli operatori a concentrazioni letali di gas tossici, utilizzati volontariamente per la disinfestazione delle merci (fumiganti) o generati involontariamente dai prodotti stessi durante il trasporto (off-gassing).

La complessità della filiera logistica globale fa sì che spesso manchino le necessarie segnalazioni di pericolo sulle unità in arrivo, rendendo difficile l’identificazione immediata del rischio. In questo contesto, le recenti indicazioni tecniche fornite dagli istituti di prevenzione mirano a standardizzare le procedure di intervento, chiarendo che la mera assenza di etichettatura esterna non garantisce la salubrità dell’atmosfera interna. La protezione dei lavoratori portuali, dei doganieri e degli addetti alla logistica deve quindi basarsi su un approccio precauzionale sistematico, integrato nel documento di valutazione dei rischi (DVR), che consideri la possibilità di esposizione ad agenti cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, in linea con i principi generali di prevenzione stabiliti dall’articolo 15 del testo unico.

Procedure per i container fumigati e sostanze tossiche

L’analisi tecnica della gestione dei container fumigati evidenzia come il pericolo principale risieda nell’invisibilità e, spesso, nell’assenza di odore delle sostanze utilizzate. I fumiganti più comuni, come la fosfina (PH3), il bromuro di metile o la cloropicrina, vengono introdotti nelle unità di carico sigillate per eliminare parassiti e infestanti, saturando l’ambiente con gas che rimangono attivi per lunghi periodi. La notizia approfondisce come, oltre ai fumiganti intenzionali, esista il fenomeno del rilascio di sostanze volatili (voc) da parte delle merci stesse, come accade per solventi, colle o materiali plastici non perfettamente polimerizzati.

Le nuove linee di indirizzo sottolineano che l’apertura delle porte di un container non deve mai avvenire senza una preventiva verifica strumentale. È fondamentale distinguere tra le unità dichiarate come fumigate, che dovrebbero riportare i pittogrammi di pericolo previsti dal codice internazionale Imdg, e quelle che, pur non dichiarate, presentano concentrazioni di inquinanti sopra i valori limite di soglia (tlv). La mancanza di una corretta areazione preventiva trasforma il container in uno spazio confinato sui generis, dove l’ossigeno può essere carente e la tossicità dell’aria immediatamente pericolosa per la vita o la salute (idlh). Le procedure devono quindi prevedere protocolli rigidi di bonifica bonifica preliminare e l’interdizione dell’accesso fino al ripristino dei parametri di sicurezza ambientale.

Protocolli operativi e tutela della salute dei lavoratori

Le implicazioni pratiche per le imprese operanti nei terminal portuali e nei centri di smistamento merci impongono l’adozione di strumentazione avanzata e dispositivi di protezione specifici. Il datore di lavoro ha l’obbligo di dotare il personale addetto ai controlli di rilevatori multigas portatili o fotoionizzatori (pid) in grado di intercettare un ampio spettro di sostanze tossiche prima che l’operatore varchi la soglia del container o si esponga al flusso d’aria in uscita al momento dell’apertura delle porte.

Qualora le misurazioni evidenzino la presenza di gas pericolosi, è necessario procedere alla ventilazione forzata o naturale dell’unità in aree dedicate e segregate, lontane dalle zone di transito di altro personale, fino a quando le concentrazioni non scendano a livelli accettabili. Se l’ingresso è indispensabile in condizioni di rischio residuo, i lavoratori devono essere equipaggiati con dispositivi di protezione individuale (dpi) delle vie respiratorie di alta efficienza, come gli autorespiratori isolanti, poiché le semplici maschere filtranti potrebbero non essere sufficienti in caso di carenza di ossigeno o concentrazioni elevate di gas inodori. La formazione e l’addestramento (artt. 36 e 37 del Dlgs 81/2008) giocano un ruolo cruciale: gli operatori devono essere in grado di interpretare i dati degli strumenti, riconoscere i sintomi di intossicazione acuta e attuare le procedure di emergenza. Infine, la sorveglianza sanitaria deve essere mirata, con protocolli definiti dal medico competente che tengano conto della specificità degli agenti neurotossici o irritanti potenzialmente presenti.

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