Motori diesel: focus INAIL sui gas di scarico

Motori diesel: focus INAIL sui gas di scarico

La gestione del rischio derivante dai gas di scarico dei motori diesel rappresenta oggi una delle sfide più complesse nel campo della salute e sicurezza sul lavoro. Le emissioni dei motori diesel, infatti, sono state ufficialmente riconosciute come cancerogene dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che già nel 2012 le ha classificate nel gruppo 1, cioè tra gli agenti per i quali esistono prove sufficienti di cancerogenicità per l’uomo.

A distanza di anni, la normativa europea e nazionale ha introdotto strumenti più rigorosi per valutare e limitare l’esposizione dei lavoratori, in particolare attraverso il valore limite professionale in carbonio elementare.

Il documento INAIL dedicato al tema approfondisce tutti i passaggi necessari per una corretta valutazione del rischio, mettendo in evidenza gli aspetti tecnici, metodologici e interpretativi che devono essere considerati dai datori di lavoro, dai consulenti e dai professionisti della prevenzione.

Un rischio diffuso in molti settori

La presenza dei motori diesel riguarda un’ampia gamma di comparti: trasporti, edilizia, agricoltura, industria manifatturiera, settore marittimo e minerario. In Europa si stima che oltre 3,6 milioni di lavoratori siano potenzialmente esposti ai gas di scarico diesel, con un aumento del rischio di tumore ai polmoni pari al 40% rispetto alla popolazione generale.

Il Decreto Interministeriale dell’11 febbraio 2021, recependo la Direttiva UE 2019/130, ha rappresentato un passaggio decisivo poiché ha inserito le emissioni dei motori diesel tra i “processi che comportano esposizione a cancerogeni”, modificando così l’Allegato XIII del Dlgs 81/2008. Contestualmente è stato introdotto un valore limite di esposizione professionale (VLEP) riferito al carbonio elementare, fissato a 0,05 mg/m³ come media ponderata sulle 8 ore di lavoro. Tale valore è operativo dal febbraio 2023, mentre per le attività in sotterraneo lo sarà dal 2026.

Perché si misura il carbonio elementare

Le emissioni dei motori diesel sono composte da una miscela complessa di centinaia di sostanze, tra cui compaiono idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti organici e il particolato ultrafine. Il carbonio elementare è stato scelto come tracciante della miscela poiché rappresenta la componente solida del particolato diesel ed è fortemente correlato alla presenza di sostanze cancerogene, come il benzo(a)pirene. Secondo IARC e SCOEL non è possibile individuare una soglia sanitaria sicura, e per questo il valore limite introdotto dalla normativa ha carattere operativo, non sanitario.

Uno studio citato nel documento evidenzia come la riduzione del limite espositivo comporterebbe un significativo calo del numero di lavoratori potenzialmente ammalati: passando dall’attuale limite di 0,05 mg/m³ a 0,01 mg/m³ il rischio si ridurrebbe da 268 casi a 166 casi ogni 10.000 lavoratori. Per questo è possibile che nei prossimi anni anche in Italia si possa discutere di una diminuzione ulteriore del VLEP, come già avvenuto nei Paesi Bassi (0,001 mg/m³).

Come avviene il campionamento e l’analisi

La misurazione del carbonio elementare richiede un campionamento mediante filtri dedicati e un’analisi termo-ottica secondo protocolli riconosciuti (NIOSH 5040, NIOSH-like, EUSAAR2 o IMPROVE). Ogni protocollo lavora a temperature differenti, con conseguenze sulla sensibilità del metodo e sulla quota di carbonio organico che deve essere separata da quella elementare. Le nuove tecnologie dei motori diesel riducono progressivamente il carbonio elementare emesso, aumentando invece la frazione organica: per questo i metodi più sensibili diventano sempre più rilevanti.

Il documento sottolinea inoltre che, per ottenere limiti di quantificazione adeguati, spesso è necessario campionare volumi d’aria superiori a 1 m³, con tempi di campionamento più lunghi. Questo può rendere complessa la valutazione dell’esposizione nelle situazioni in cui l’attività lavorativa sia molto variabile o frammentata.

Identificare i lavoratori esposti ai gas dei motori diesel

Poiché il carbonio elementare è un contaminante ubiquitario, cioè presente anche nell’atmosfera urbana, per determinare l’esposizione professionale è necessario confrontare i valori misurati in ambiente di lavoro con quelli rilevati all’esterno nello stesso intervallo temporale. Questo consente di distinguere la quota di esposizione attribuibile alla sorgente lavorativa da quella ambientale.

Quando l’esposizione professionale è confermata, diventano obbligatorie tutte le misure previste per il rischio cancerogeno: misurazioni periodiche, sorveglianza sanitaria, registrazione degli esposti e adozione di misure tecniche e organizzative per ridurre l’esposizione al livello più basso tecnicamente possibile.

Il documento presenta anche un grafico (pagina 3) che confronta diversi profili professionali. Si osserva, ad esempio, che meccanici, casellanti autostradali e operatori aeroportuali mostrano concentrazioni simili alla popolazione generale, mentre autisti, operai edili e manutentori di tunnel possono essere esposti ma rimanere sotto il VLEP. I minatori sotterranei, invece, superano spesso il limite, rendendo necessari interventi correttivi immediati.

Il ruolo del black carbon

Il documento INAIL chiarisce anche la differenza tra carbonio elementare e black carbon, spesso confusi tra loro. Sebbene chimicamente siano la stessa sostanza, cambiano le tecniche di analisi e le proprietà fisiche misurate. Il black carbon, oltre a essere un marcatore dei motori diesel, è anche un inquinante responsabile di effetti negativi sul clima e correlato a eventi cardiovascolari e mortalità prematura. Per questi motivi le linee guida OMS 2021 raccomandano di monitorarlo parallelamente al carbonio elementare.

L’introduzione del VLEP per il carbonio elementare rappresenta un passaggio fondamentale nella tutela dei lavoratori esposti ai gas di scarico dei motori diesel. Tuttavia, la valutazione dell’esposizione richiede un approccio metodico, l’uso di tecniche analitiche sofisticate e la capacità di distinguere la quota ambientale da quella occupazionale. Le future evoluzioni normative europee, che includono il monitoraggio di black carbon e carbonio organico, contribuiranno a fornire un quadro ancora più preciso e utile alla prevenzione.

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