La nuova monografia INAIL dedicata ai tumori naso-sinusali (TuNS) e ai tumori del rinofaringe associati all’esposizione professionale a polveri di legno rappresenta uno dei contributi più completi e aggiornati sul tema. Il documento, pubblicato all’interno della Collana Salute e Sicurezza 2025, offre una lettura approfondita del comparto produttivo del legno, dei dati epidemiologici disponibili, dei riferimenti normativi e degli adempimenti previsti dal Dlgs 81/2008 a tutela dei lavoratori.
L’esposizione a polveri di legno è riconosciuta da decenni come fattore cancerogeno certo per l’uomo. La monografia IARC n. 62 del 1995, richiamata più volte nel documento INAIL, ha collocato infatti la polvere di legno nel Gruppo 1, sulla base di prove epidemiologiche solide che collegano l’inalazione cronica alle neoplasie delle cavità nasali, dei seni paranasali e del rinofaringe. Tali conclusioni sono state confermate anche dalla più recente monografia IARC 100C (2012).
Micro e piccole imprese le più coinvolte
La filiera del legno in Italia è estremamente articolata: comprende la gestione forestale, la prima trasformazione (segherie, pannelli, carta), le seconde lavorazioni e la produzione di mobili. Secondo Istat, nel 2023 il settore Ateco 16 (industria del legno) conta oltre 20.400 imprese e circa 91.000 addetti, mentre il settore Ateco 31 (fabbricazione di mobili) comprende più di 15.000 aziende con oltre 128.000 lavoratori. La struttura produttiva è caratterizzata da una forte vocazione artigianale e da una prevalenza netta di microimprese.
Il documento sottolinea come proprio le micro e piccole aziende incontrino maggiori difficoltà nell’adempimento degli obblighi di salute e sicurezza, pur essendo tra le più esposte al rischio cancerogeno derivante dalla polvere di legno.
La natura della polvere di legno e i meccanismi di rischio
Il testo dedica ampio spazio alla composizione delle polveri generate dalle lavorazioni: cellulosa, lignina, emicellulosa ed estratti organici che variano a seconda della specie. La granulometria dipende sia dal tipo di legno che dal tipo di lavorazione. Una tabella presente nel documento elenca le principali specie di legni duri e teneri, ricordando che la classificazione IARC non riguarda la “durezza” fisica del materiale, ma la specie botanica (latifoglie vs conifere).
L’inalazione delle polveri può causare riniti, irritazioni e asma, ma soprattutto è correlata in modo certo allo sviluppo di adenocarcinomi intestinali nelle cavità nasali e nei seni paranasali, oltre che ai tumori del rinofaringe. Gli studi indicano un aumento significativo dell’incidenza tra i lavoratori del legno, in particolare falegnami, operatori delle segherie, addetti alla produzione di mobili e serramenti.
Normativa e valori limite di esposizione
Il quadro normativo europeo e nazionale è fortemente evoluto negli ultimi anni. La direttiva 2004/37/CE e il successivo aggiornamento con la Direttiva UE 2017/2398 hanno inserito le polveri di legno duro tra gli agenti cancerogeni professionali, fissando progressivamente un valore limite di esposizione professionale sempre più restrittivo.
Attualmente, il Dlgs 81/08 prevede un VLEP pari a 2 mg/m³ per la frazione inalabile, misurato come media ponderata sulle 8 ore. Il limite si applica non solo quando sono presenti legni duri puri, ma anche quando essi sono miscelati con altre essenze: in questo caso il valore limite si estende all’intera miscela di polveri.
Il documento INAIL sottolinea inoltre che gli obblighi di misurazione, previsti dall’art. 237 del Dlgs 81/08, sono tassativi e non possono essere sostituiti da valutazioni meramente estimative. La UNI EN 689 guida tecnicamente la strategia di campionamento, che deve essere affidata a professionisti esperti.
I dati epidemiologici e il contributo del Registro ReNaTuNS
Una parte centrale della pubblicazione è dedicata al Registro Nazionale dei Tumori Naso-Sinusali (ReNaTuNS), istituito dall’art. 244 del Dlgs 81/08. Il Registro raccoglie casi di TuNS individuati tramite una rete di Centri Operativi Regionali e rappresenta la fonte epidemiologica più affidabile sul fenomeno.
Alla chiusura del 2012 erano registrati 1.352 casi documentati: età media 66 anni, prevalenza maschile del 73%, sedi più frequenti cavità nasali, seno etmoidale e seno mascellare. Le esposizioni professionali accertate riguardano soprattutto lavorazioni del legno e del cuoio.
Gli studi più recenti, come quelli condotti dal COR Lombardia, confermano una elevata letalità con il 50% dei casi con esito infausto entro 5 anni dalla diagnosi. Gli adenocarcinomi di tipo intestinale sono le forme più tipiche dell’esposizione professionale al legno.
Stime degli esposti e settori più a rischio
Secondo la banca dati SIREP, che raccoglie le notifiche delle esposizioni agli agenti cancerogeni, si stimano oltre 132.000 lavoratori potenzialmente esposti alla polvere di legno duro nei settori Ateco 16 e 31. Tuttavia, il documento segnala come i numeri siano verosimilmente sottostimati, a causa del numero ancora ridotto di aziende che alimentano il registro.
Prevenzione, misure tecniche e sorveglianza sanitaria
L’esposizione a polveri di legno impone una serie di misure obbligatorie:
- valutazione dettagliata del ciclo produttivo e delle essenze utilizzate;
- misurazioni periodiche dell’aerodispersione;
- sistemi di aspirazione localizzata e organizzazione dei posti di lavoro;
- registrazione degli esposti;
- sorveglianza sanitaria mirata, come previsto nell’appendice dedicata al ruolo del medico competente.
Il documento ribadisce come la prevenzione non sia soltanto un obbligo di legge, ma anche un fattore competitivo per un settore che rappresenta un’eccellenza del Made in Italy.


