Preposto di fatto: la vigilanza non è un'opzione facoltativa

Preposto di fatto: la vigilanza non è un’opzione facoltativa

Il preposto di fatto rappresenta una figura cardine nell’architettura delle responsabilità delineata dal Testo Unico sulla Sicurezza, il cui ruolo trascende la mera formalizzazione contrattuale per ancorarsi alla concretezza delle mansioni svolte. Il Dlgs 81/2008, attraverso l’articolo 299, codifica il cosiddetto “principio di effettività”, stabilendo che le posizioni di garanzia relative al datore di lavoro, al dirigente e al preposto gravano altresì su colui che, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.

Questa impostazione normativa mira a evitare che eventuali carenze nell’organigramma formale o la mancata attribuzione di deleghe scritte possano tradursi in zone franche di impunità, garantendo che la tutela del lavoratore sia assicurata da chi ha l’effettivo potere di controllo e direzione sulle attività lavorative, indipendentemente dalla qualifica posseduta o dal riconoscimento economico.

Analisi del preposto di fatto e principio di effettività

La giurisprudenza di legittimità è tornata a ribadire con forza che la figura del preposto di fatto non può essere considerata una variabile dipendente dalle scelte organizzative discrezionali dell’azienda. Non è ammissibile, in sede giudiziaria, sostenere che la mancata nomina formale o l’assenza di un’indennità specifica esonerino il soggetto dalle responsabilità penali connesse all’omessa vigilanza. I giudici della suprema corte hanno chiarito che, qualora un lavoratore assuma spontaneamente o per prassi consolidata il coordinamento di un gruppo di colleghi, impartendo ordini e direttive, egli acquisisce automaticamente la posizione di garanzia propria del preposto. Ne consegue che l’obbligo di sovrintendere alla sicurezza e di intervenire per correggere comportamenti pericolosi non è un’opzione attivabile a discrezione, ma un dovere giuridico che scatta nel momento stesso in cui si esercita il potere direttivo. La vigilanza, dunque, è intrinseca al ruolo gerarchico fattuale e non può essere esclusa da accordi interni o dalla mancata formalizzazione dell’incarico.

Responsabilità operative e obblighi di formazione

Le implicazioni di tale orientamento giurisprudenziale impongono una revisione critica dei processi gestionali all’interno delle organizzazioni produttive. Per i datori di lavoro, emerge l’assoluta necessità di identificare e censire tutti i soggetti che, nella quotidianità operativa, svolgono funzioni di coordinamento, al fine di regolarizzare la loro posizione e, soprattutto, di erogare la formazione specifica prevista dall’articolo 37 del Dlgs 81/2008.

Lasciare un preposto di fatto privo degli strumenti cognitivi necessari per adempiere al proprio ruolo espone l’azienda a una responsabilità colposa aggravata in caso di infortunio. Parallelamente, i lavoratori che esercitano funzioni di comando devono acquisire piena consapevolezza del carico di responsabilità penale che grava sulle loro spalle. Non potendo invocare l’assenza di investitura formale come scriminante, è fondamentale che essi esigano l’adeguata formazione e il riconoscimento del ruolo, poiché l’inerzia di fronte a prassi lavorative scorrette li rende penalmente perseguibili al pari di un preposto formalmente nominato.

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