Reati contravvenzionali nei cantieri edili: niente estinzione del reato con pagamento fuori termine

Reati contravvenzionali nei cantieri edili: niente estinzione del reato con pagamento fuori termine

Con la sentenza n. 15796 del 2025, la Corte di Cassazione è intervenuta sui reati contravvenzionali nei cantieri edili, in particolarmente sull’estinzione del reato in materia di sicurezza sul lavoro ai sensi del DLgs 758/1994. In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che il pagamento tardivo della sanzione amministrativa non consente l’estinzione della contravvenzione prevista dalla normativa antinfortunistica, neppure in presenza di adempimenti successivi.

Omessa vigilanza PSC nei cantieri edili: reati contravvenzionali e responsabilità committente

La vicenda giudiziaria riguardava il legale rappresentante di una società incaricata dell’esecuzione di lavori su cantieri edili. L’imputazione si riferiva all’omessa vigilanza sull’elaborazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e del fascicolo dell’opera, obblighi attribuiti al committente o al responsabile dei lavori ai sensi dell’articolo 91, comma 1, del Decreto Legislativo 81/2008.

In base a tale disposizione, durante la fase esecutiva nei cantieri edili, il committente deve verificare che i soggetti incaricati predispongano e aggiornino correttamente i documenti di sicurezza, garantendo la coerenza tra i piani e la gestione operativa del cantiere.

La particolare tenuità del fatto e la prima decisione del Tribunale

Il Tribunale di Messina, nel valutare il caso, ha ritenuto che la condotta dell’imputato – pur formalmente rilevante sotto il profilo penale – potesse considerarsi di lieve entità. Ha pertanto applicato l’articolo 131-bis del Codice Penale, dichiarando l’imputato non punibile per la particolare tenuità del fatto.

Tale istituto consente l’archiviazione o il proscioglimento nei casi in cui il reato, pur integrato, risulti marginale per offensività e modalità di realizzazione, purché non ricorrano comportamenti abituali o aggravanti specifiche.

Tentativo di ottenere l’assoluzione per estinzione del reato

L’imputato ha impugnato la sentenza di proscioglimento, sostenendo che avrebbe dovuto essere disposta l’assoluzione piena in virtù dell’estinzione del reato, ai sensi degli articoli 21 e 24 del DLgs 758/1994. Tali norme prevedono infatti che, in caso di violazioni prevenzionistiche, il reato possa estinguersi se il trasgressore:

  • adempie alle prescrizioni tecniche impartite dagli organi di vigilanza entro il termine stabilito;
  • versa la somma prevista a titolo di sanzione amministrativa entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’adempimento.

L’imputato aveva sì adempiuto alle prescrizioni, ma aveva effettuato il pagamento della sanzione in ritardo rispetto al termine perentorio.

La posizione della Cassazione: il termine di pagamento è inderogabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando l’impostazione delle precedenti pronunce. In particolare, ha ribadito che il pagamento tardivo della sanzione amministrativa, anche se motivato da ragioni personali o gestionali, non consente di ottenere l’estinzione del reato.

La Corte ha sottolineato che l’effetto estintivo si produce solo se entrambi i requisiti – adempimento tecnico e pagamento tempestivo – vengono soddisfatti. La discrezionalità del giudice può intervenire sulla valutazione dell’adempimento tecnico, ma non sul rispetto dei termini perentori previsti per il pagamento dei reati contravvenzionali riscontrati su cantieri edili, che rimangono inderogabili.

Implicazioni per i datori di lavoro e le imprese esecutrici

Questa sentenza rappresenta un monito importante per le aziende che operano nei cantieri edili temporanei o mobili e per i legali rappresentanti delle stesse. I principali aspetti operativi da considerare sono:

  • necessità di rispettare i termini: anche in caso di ottemperanza alle prescrizioni, il rispetto dei 30 giorni per il pagamento della sanzione è condizione imprescindibile per evitare conseguenze penali;
  • ruolo attivo del datore di lavoro: la vigilanza sull’elaborazione del PSC e del fascicolo tecnico non può essere considerata una mera formalità, ma un obbligo con rilievo giuridico concreto;
  • non automaticità della tenuità: la particolare tenuità del fatto non equivale all’assoluzione piena e non è sinonimo di irrilevanza giuridica.
Esposizione a fattori di rischio cancerogeno nel settore sanitario: nuovi dati dall'indagine EU-OSHA

Esposizione a fattori di rischio cancerogeno nel settore sanitario: nuovi dati dall’indagine EU-OSHA

La protezione dei lavoratori dall’esposizione a sostanze a rischio cancerogeno è regolamentata a livello europeo dalla Direttiva 2004/37/CE, nota come Direttiva Cancerogeni e Mutageni (CMD). Questa direttiva impone ai datori di lavoro l’obbligo di valutare e gestire i rischi derivanti dall’esposizione a sostanze cancerogene e mutagene, adottando misure preventive adeguate. Inoltre, il Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP) stabilisce criteri per la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze chimiche, contribuendo a identificare e comunicare i pericoli associati.

Principali risultati dell’indagine EU-OSHA sul rischio cancerogeno nel settore sanitario

In occasione della Settimana Europea contro il Cancro (25-31 maggio 2025), l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) ha pubblicato una relazione dettagliata sull’esposizione degli operatori sanitari a fattori di rischio cancerogeno

L’indagine, condotta nel 2023, ha coinvolto 24.402 lavoratori in sei Stati membri dell’UE: Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Ungheria e Finlandia. Di questi, 3.041 erano impiegati nel settore dell’assistenza sanitaria e sociale (HeSCare).

I dati raccolti evidenziano che:

  • Il 29,5% dei lavoratori nel settore HeSCare è stato esposto ad almeno uno dei 24 fattori di rischio cancerogeno nella settimana precedente l’intervista;
  • Il 7,8% ha riferito un’esposizione a due o più fattori di rischio nello stesso periodo.

Le esposizioni più comuni tra gli operatori sanitari riguardano:

  • Radiazioni ionizzanti (7,4%);
  • Emissioni di gas di scarico dei motori diesel (6,2%);
  • Radiazioni ultraviolette (UV) solari (6,1%);
  • Formaldeide (5,2%);
  • Benzene (4,8%).

Particolarmente preoccupanti sono le esposizioni ad alti livelli di:

  • Ossido di etilene (55,2% dei lavoratori esposti a un livello elevato);
  • Formaldeide (43,7% dei lavoratori esposti a un livello elevato).

Implicazioni per aziende e lavoratori del settore saniario

I risultati dell’indagine sottolineano l’urgenza di rafforzare le misure di prevenzione e protezione nel settore sanitario. Le aziende devono:

  • Aggiornare le valutazioni dei rischi, tenendo conto delle esposizioni multiple e delle sostanze ad alto rischio identificate;
  • Implementare misure tecniche e organizzative per ridurre l’esposizione, come l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) adeguati e la rotazione del personale in aree ad alto rischio;
  • Promuovere la formazione continua del personale sui rischi specifici e sulle corrette procedure di sicurezza.

Per i lavoratori, è fondamentale:

  • Essere consapevoli dei rischi associati alle proprie mansioni e delle misure preventive disponibili;
  • Segnalare tempestivamente eventuali situazioni di rischio o esposizioni accidentali;
  • Partecipare attivamente ai programmi di formazione e aggiornamento sulla sicurezza.

Quando il ruolo conta meno dell’azione: la Cassazione e il principio di effettività nella sicurezza sul lavoro

La Cassazione e il principio di effettività nella sicurezza sul lavoro

Nel sistema normativo italiano, il principio di effettività in materia di sicurezza sul lavoro è sancito in modo chiaro dall’articolo 299 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Il principio di effettività stabilisce che le responsabilità di datore di lavoro, dirigente o preposto non sono attribuite esclusivamente in base a investiture formali, ma anche a chi, di fatto, esercita i poteri decisionali, gestionali o di vigilanza tipici di queste figure.

L’articolo 299 dispone che le posizioni di garanzia gravano “su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”. In altre parole, non è la nomina a determinare le responsabilità in caso di incidente o violazione, ma l’effettivo esercizio di poteri organizzativi o decisionali.

Questa norma è pensata per contrastare prassi elusive in ambito aziendale, dove si cerca talvolta di frammentare o spostare formalmente le responsabilità, pur mantenendone il controllo operativo nella realtà dei fatti.

Principio di effettività: come la Cassazione interpreta l’“investitura dal basso”

Nella sentenza recentemente commentata dalla Cassazione, viene riaffermato con forza il concetto di “investitura dal basso”, ovvero la responsabilità assunta da chi agisce con autonomia decisionale anche in assenza di una delega formale. Secondo la Suprema Corte, l’esistenza di una posizione di garanzia può derivare non solo da atti ufficiali, ma dalla concreta gestione dell’attività lavorativa e dalla presenza di poteri effettivi in capo al soggetto.

Nel caso specifico analizzato dalla Corte, il soggetto imputato svolgeva compiti gestionali e organizzativi, pur non essendo formalmente riconosciuto come dirigente. Tuttavia, la sua partecipazione attiva al controllo operativo delle attività lavorative e la sua capacità di impartire ordini e vigilare sui lavoratori lo rendevano di fatto responsabile per la sicurezza.

La Cassazione ha quindi confermato la sua condanna, ribadendo che la sostanza prevale sulla forma: chi esercita poteri direttivi ha una posizione di garanzia e risponde degli obblighi di sicurezza, anche senza un atto formale di nomina.

Aziende sotto esame: perché non basta una delega scritta

Questa interpretazione del principio di effettività ha impatti significativi per tutte le realtà imprenditoriali. Le aziende devono essere consapevoli che le responsabilità non possono essere attribuite o spostate solo su carta: l’organizzazione effettiva del lavoro è determinante.

Per evitare contenziosi e responsabilità penali:

  • È necessario verificare che le deleghe attribuite siano reali, operative e supportate da formazione adeguata;
  • Occorre riconoscere e formare anche i soggetti che, pur non formalmente nominati, gestiscono persone o attività operative;
  • Devono essere attuati sistemi di controllo in grado di monitorare l’effettiva applicazione delle procedure di sicurezza, anche nelle filiere gerarchiche meno evidenti.

Ignorare questi aspetti significa esporsi a contestazioni gravi in sede giudiziaria, soprattutto in caso di infortuni o violazioni.

Il lavoratore che diventa garante: consapevolezza e formazione

Per i lavoratori con ruoli di coordinamento o responsabilità “di fatto”, questa sentenza è un chiaro segnale: esercitare un potere, anche informale, per il principio di effettività comporta obblighi legali precisi. Chi organizza, dirige, controlla o coordina colleghi o reparti deve:

  • Conoscere gli obblighi derivanti dal Testo Unico sulla Sicurezza;
  • Partecipare attivamente ai corsi di formazione e aggiornamento previsti;
  • Adottare comportamenti conformi alle normative e segnalare eventuali criticità.

Il principio di effettività, in questo senso, è anche un invito alla responsabilizzazione diffusa, affinché la sicurezza non resti un tema burocratico ma si traduca in prassi condivisa.

La mindfulness come strumento di prevenzione: consapevolezza e sicurezza nei luoghi di lavoro

La mindfulness come strumento di prevenzione: consapevolezza e sicurezza nei luoghi di lavoro

Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, stabilisce l’obbligo per i datori di lavoro di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori attraverso misure tecniche, organizzative e procedurali.

Tuttavia, la normativa non si limita agli aspetti tecnici; è fondamentale considerare anche i fattori umani e organizzativi che influenzano il comportamento dei lavoratori.

In questo contesto, l’integrazione di approcci psicologici, come la mindfulness, può contribuire a una gestione più efficace della sicurezza.

Mindfulness e consapevolezza: un nuovo paradigma per la sicurezza

La mindfulness, intesa come consapevolezza non giudicante del momento presente, si propone come uno strumento efficace per migliorare la sicurezza sul lavoro. Attraverso questa pratica, i lavoratori possono sviluppare una maggiore attenzione alle proprie azioni e all’ambiente circostante, riducendo il rischio di incidenti causati da distrazioni o automatismi. Questo approccio promuove una cultura della sicurezza più partecipativa e consapevole.

Implicazioni pratiche per aziende e lavoratori

Per le aziende, l’adozione della mindfulness comporta:

  • L’integrazione di programmi di formazione sulla consapevolezza e la gestione dello stress;
  • La promozione di ambienti di lavoro che favoriscano la concentrazione e la presenza mentale;
  • La valutazione dell’efficacia di tali programmi attraverso indicatori di performance e benessere.

Per i lavoratori significa:

  • Sviluppare la capacità di riconoscere segnali di stress o distrazione;
  • Migliorare la comunicazione e la collaborazione con i colleghi;
  • Contribuire attivamente alla creazione di un ambiente di lavoro sicuro e salutare.
Banda ultralarga e PMI: ostacoli e opportunità verso la Gigabit Society

Banda ultralarga e PMI: ostacoli e opportunità verso la Gigabit Society

L’Unione Europea ha fissato l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini una connettività di almeno 1 Gbps entro il 2030, nell’ambito della strategia per la Gigabit Society. L’Italia ha anticipato questo traguardo al 2026 attraverso la Strategia Italiana per la Banda Ultralarga, sostenuta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che destina 6,7 miliardi di euro a progetti di infrastrutture digitali.

La strategia si articola in diversi piani, tra cui:

  • Piano Aree Bianche: destinato alle zone prive di infrastrutture a banda larga, con interventi pubblici per garantire la copertura;
  • Piano Italia a 1 Giga: mirato a fornire velocità di scaricamento di 1 Gbps e di caricamento di 200 Mbps nelle aree grigie e nere, coinvolgendo circa 8,5 milioni di unità immobiliari;
  • Piano Italia 5G: finalizzato all’espansione della copertura 5G su tutto il territorio nazionale;
  • Piano Scuole Connesse: per garantire connessioni ad alta velocità a tutte le istituzioni scolastiche;
  • Piano Sanità Connessa: per migliorare l’infrastruttura digitale delle strutture sanitarie;
  • Piano Isole Minori: per estendere la connettività alle isole minori italiane.

Questi piani sono attuati da Infratel Italia, società in-house del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che coordina gli interventi infrastrutturali su tutto il territorio nazionale.

Ritardi e sfide nell’implementazione della Banda ultralarga nelle PMI

Nonostante gli sforzi, l’implementazione della banda ultralarga in Italia sta affrontando diverse sfide:

  • Ritardi nei lavori: Open Fiber, incaricata di realizzare le infrastrutture nelle aree bianche, ha accumulato ritardi significativi, portando Infratel a considerare sanzioni per inadempienze contrattuali;
  • Carenza di manodopera specializzata: la mancanza di tecnici qualificati per la posa della fibra ottica sta rallentando i lavori;
  • Problemi burocratici: ritardi nel rilascio dei permessi di scavo e nella mappatura delle infrastrutture esistenti complicano ulteriormente l’avanzamento dei progetti;
  • Scarsa adesione ai voucher: nonostante la disponibilità di incentivi economici per le PMI, l’adesione ai voucher per la connettività è stata inferiore alle aspettative, con oltre 190 milioni di euro rimasti inutilizzati .

Opportunità e rischi per aziende e lavoratori

Per le PMI italiane, la disponibilità di una connessione a banda ultralarga è fondamentale per:

  • Competere nel mercato digitale: una connessione veloce è essenziale per l’e-commerce, il cloud computing e l’adozione di tecnologie avanzate;
  • Migliorare l’efficienza operativa: la digitalizzazione dei processi aziendali richiede una connettività affidabile e veloce;
  • Accedere a nuovi mercati: la presenza online e la capacità di interagire con clienti e fornitori in tempo reale sono facilitati da una buona infrastruttura digitale.

Tuttavia, i ritardi nell’implementazione della banda ultralarga possono comportare:

  • Perdita di competitività: le aziende in aree non coperte rischiano di rimanere indietro rispetto ai concorrenti;
  • Limitazioni nell’adozione di tecnologie innovative: senza una connessione adeguata, l’implementazione di soluzioni come l’Industria 4.0 diventa difficile;
  • Difficoltà nel lavoro da remoto: la pandemia ha evidenziato l’importanza di una connessione stabile per il telelavoro, che rimane una necessità anche nel post-pandemia.
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