Fatica mentale nei luoghi di lavoro: inquadramento normativo e responsabilità del datore di lavoro, stress lavoro-correlato

Fatica mentale nei luoghi di lavoro: inquadramento normativo e responsabilità del datore di lavoro

La fatica mentale, intesa come affaticamento cognitivo derivante da carichi di lavoro eccessivi o da organizzazioni lavorative inadeguate, è un rischio psicosociale che rientra nel più ampio ambito dello stress lavoro-correlato. L’articolo 28 del Decreto Legislativo 81/08 affronta tali rischi attraverso l’articolo 28, che impone al datore di lavoro l’obbligo di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi quelli legati allo stress lavoro-correlato.

Inoltre, l’articolo 2087 del Codice Civile stabilisce che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, in base alla particolarità del lavoro, all’esperienza e alla tecnica. Questo implica un obbligo generale di protezione che si estende anche ai rischi psicosociali come la fatica mentale.

Evoluzione del contesto lavorativo e nuove sfide

L’evoluzione tecnologica e l’introduzione di nuove forme di organizzazione del lavoro hanno modificato significativamente il contesto lavorativo, aumentando l’esposizione dei lavoratori ai rischi psicosociali tipici dello stress lavoro-correlato. L’iperconnessione, la flessibilità oraria e l’aumento delle richieste cognitive sono fattori che contribuiscono all’insorgenza della fatica mentale.

Durante il XXXVII Convegno Nazionale dell’Associazione Nazionale Medici d’Azienda (ANMA), tenutosi a Bologna dal 23 al 25 maggio 2024, l’avvocato Giovanni Scudier ha evidenziato la necessità di un inquadramento normativo più preciso della fatica mentale, sottolineando come le attuali disposizioni legislative, sebbene generali, impongano comunque al datore di lavoro l’obbligo di valutare e gestire tali rischi.

Giurisprudenza e responsabilità del datore di lavoro

La giurisprudenza ha progressivamente riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro in caso di mancata valutazione e gestione dei rischi psicosociali. In diverse sentenze, i giudici hanno affermato che l’omissione nella valutazione dello stress lavoro-correlato e della fatica mentale può configurare una violazione degli obblighi previsti dall’articolo 2087 del Codice Civile e dall’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008.

Pertanto, il datore di lavoro è tenuto a:

  • Effettuare una valutazione specifica dei rischi psicosociali, inclusa la fatica mentale;
  • Implementare misure preventive e correttive adeguate;
  • Monitorare continuamente l’efficacia delle misure adottate;
  • Coinvolgere i lavoratori e i rappresentanti per la sicurezza nel processo di valutazione e gestione dei rischi.

Stress lavoro-correlato, le implicazioni pratiche

Per le aziende, la gestione della fatica mentale richiede l’adozione di un approccio integrato che consideri:

  • La progettazione ergonomica dei compiti e delle postazioni di lavoro;
  • La definizione chiara dei ruoli e delle responsabilità;
  • La promozione di un ambiente di lavoro positivo e supportivo;
  • La formazione dei lavoratori e dei dirigenti sui rischi psicosociali.

Per i lavoratori, è fondamentale:

  • Essere consapevoli dei segnali di fatica mentale;
  • Partecipare attivamente alle iniziative di prevenzione e gestione dei rischi;
  • Comunicare tempestivamente eventuali difficoltà o disagi.

Just culture, unasf conflavoro, sicurezza sul lavoro

Sicurezza sul lavoro: come applicare il modello della Just Culture nelle imprese

La Just Culture è una declinazione concreta, soprattutto in ambito organizzativo, del concetto di “cultura della sicurezza” che si inserisce all’interno dell’impianto normativo stabilito dal Testo Unico sulla Sicurezza. In particolare, l’art. 15 del DLgs 81/2008 elenca le misure generali di tutela, tra cui l’eliminazione dei rischi alla fonte, la valutazione dei rischi residui e l’informazione e formazione adeguata dei lavoratori.

Definizione e caratteristiche di Just Culture

Il concetto di Just Culture, ovvero “cultura della giustizia”, nasce dalla consapevolezza che per migliorare realmente la sicurezza nelle organizzazioni sia necessario abbandonare un approccio esclusivamente colpevolista e punitivo in caso di errore.

Tradizionalmente, gli errori sul lavoro venivano trattati come fallimenti individuali da punire, alimentando un clima di silenzio e sfiducia. La Just Culture propone un cambio di prospettiva: l’errore umano, se non intenzionale, deve diventare occasione di apprendimento, non di punizione.

Tre sono i pilastri di questa cultura:

  • Distinzione tra errore e colpa: gli errori commessi senza dolo o colpa grave non vanno puniti, ma analizzati;
  • Analisi sistemica: si valutano i fattori organizzativi, procedurali o ambientali che possono aver contribuito all’errore;
  • Ambiente di fiducia: si incoraggia la segnalazione degli errori e dei quasi-incidenti per evitare che si ripetano.

Una Just Culture efficace non elimina la responsabilità individuale, ma la contestualizza, creando un equilibrio tra giustizia, apprendimento e prevenzione.

I vantaggi pratici della Just Culture per aziende e lavoratori

L’adozione del modello Just Culture offre vantaggi concreti sia per le imprese che per i lavoratori. Anzitutto, favorisce un miglioramento continuo dei processi aziendali, poiché gli errori diventano occasioni per correggere criticità operative o organizzative.

Le imprese che adottano questo approccio beneficiano di:

  • Maggiore prevenzione degli infortuni, grazie alla tempestiva segnalazione dei rischi;
  • Crescita della fiducia interna, perché i lavoratori si sentono tutelati e ascoltati;
  • Riduzione dello stress da paura di ritorsioni, con impatti positivi sul benessere e sulla motivazione;
  • Reputazione aziendale rafforzata, soprattutto in contesti in cui la cultura della sicurezza è un fattore distintivo.

Per i lavoratori, il valore aggiunto si manifesta nella possibilità di contribuire attivamente al miglioramento della sicurezza, in un contesto di collaborazione e responsabilizzazione.

Attenzione, però: è indispensabile che l’organizzazione definisca in modo chiaro quali comportamenti rientrano nella sfera accettabile e quali rappresentano invece violazioni intenzionali, che devono comunque essere sanzionate. Solo in questo modo è possibile evitare che la Just Culture venga fraintesa come una “cultura del perdono totale”.

Normativa italiana: obblighi e misure di protezione nei lavori in quota

Obblighi e misure di protezione nei lavori in quota

In Italia, la sicurezza nei lavori in quota è regolamentata dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, noto come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Secondo l’articolo 107, i lavori in quota riguardano qualsiasi attività che espone il lavoratore al rischio di caduta da un’altezza superiore a 2 metri rispetto a un piano stabile. L’articolo 115 stabilisce l’obbligo di adottare sistemi di protezione contro le cadute dall’alto, come parapetti, reti di sicurezza o dispositivi di protezione individuale (DPI) anticaduta.

Inoltre, la norma UNI EN 795:2012 specifica i requisiti per i dispositivi di ancoraggio utilizzati nei sistemi di protezione contro le cadute. È fondamentale che i datori di lavoro garantiscano la formazione adeguata dei lavoratori, come previsto dall’articolo 77 del DLgs 81/08, per l’uso corretto dei DPI.

Pianificazione dei lavori in quota su tetti con impianti solari

La crescente diffusione degli impianti solari fotovoltaici ha aumentato il numero di interventi sui tetti, esponendo i lavoratori a rischi significativi, in particolare alle cadute dall’alto. Una pianificazione accurata è essenziale per garantire la sicurezza durante l’installazione e la manutenzione di questi impianti.

È importante considerare tutte le zone accessibili del tetto e identificare i punti critici dove esiste un rischio di caduta. I progettisti possono contribuire significativamente alla sicurezza, integrando soluzioni che facilitino l’installazione di dispositivi di protezione collettiva e individuale. La pianificazione delle misure di protezione deve avvenire prima dell’inizio dei lavori, inclusa la fase di rilievo delle misure.

Misure di protezione contro le cadute: dispositivi e strategie

Per prevenire le cadute durante i lavori su tetti con impianti solari, è fondamentale adottare misure di protezione adeguate. Le soluzioni possono includere:

  • Sistemi di protezione collettiva: parapetti permanenti o temporanei, reti di sicurezza e piattaforme di lavoro;
  • Dispositivi di protezione individuale (DPI): imbracature anticaduta, cordini con assorbitori di energia e dispositivi retrattili;
  • Linee vita: sistemi di ancoraggio permanenti o temporanei che consentono ai lavoratori di muoversi in sicurezza lungo la copertura.

La scelta delle misure di protezione per i lavori in quota deve basarsi su una valutazione dei rischi specifici del sito e delle attività da svolgere. È essenziale che i lavoratori siano adeguatamente formati sull’uso corretto dei dispositivi e che le attrezzature siano regolarmente ispezionate e mantenute in buone condizioni.

Implicazioni pratiche per aziende e lavoratori

L’adozione di misure di sicurezza efficaci per i lavori in quota durante l’installazione e la manutenzione di impianti solari comporta diversi vantaggi:

  • Riduzione degli infortuni: l’implementazione di sistemi di protezione adeguati diminuisce significativamente il rischio di cadute e lesioni gravi;
  • Conformità normativa: rispettare le disposizioni del DLgs 81/08 evita sanzioni e responsabilità legali per l’azienda;
  • Miglioramento della produttività: un ambiente di lavoro sicuro aumenta la fiducia dei lavoratori e può migliorare l’efficienza operativa;
  • Reputazione aziendale: dimostrare un impegno concreto per la sicurezza può rafforzare l’immagine dell’azienda presso clienti e partner.

È fondamentale che le aziende investano nella formazione continua del personale e nell’adozione di tecnologie e dispositivi aggiornati per garantire un ambiente di lavoro sicuro e conforme alle normative vigenti.

clean industrial deal, unasf conflavoro

Clean Industrial Deal, le strategie UE per l’industria pulita

Il “Patto per l’Industria Pulita” (Clean Industrial Deal) è un’iniziativa strategica della Commissione Europea, presentata nel febbraio 2025, che si inserisce nel più ampio contesto del Green Deal Europeo.

Questo patto mira a sostenere la competitività e la resilienza dell’industria europea, accelerando al contempo il processo di decarbonizzazione. L’obiettivo è trasformare la decarbonizzazione in un motore di crescita per le industrie europee, garantendo al contempo il futuro della produzione nel continente.

Gli obiettivi strategici del Clean Industrial Deal

Il patto si concentra su due settori principali: le industrie ad alta intensità energetica e le tecnologie pulite. Le prime necessitano di un sostegno urgente per decarbonizzarsi ed elettrificarsi, affrontando sfide come alti costi energetici e concorrenza globale sleale. Le seconde sono considerate il fulcro della futura competitività e crescita, essenziali per la trasformazione industriale.

Tra le principali iniziative del patto vi sono:

  • Riduzione dei costi energetici: adozione di un Piano d’Azione per l’Energia Accessibile, volto a ridurre le bollette energetiche per industrie, imprese e famiglie, accelerando l’adozione di energie pulite e l’elettrificazione;
  • Aumento della domanda di prodotti puliti: l’Atto legislativo sull’accelerazione della decarbonizzazione industriale introdurrà criteri di sostenibilità, resilienza e preferenza europea negli appalti pubblici e privati, promuovendo l’adozione di prodotti puliti;
  • Mobilitazione di finanziamenti: oltre 100 miliardi di euro saranno mobilitati per sostenere i processi manifatturieri puliti nell’UE, con l’obiettivo di rilanciare la competitività dell’industria europea e supportarne la decarbonizzazione.

I vantaggi e le sfide per le imprese

L’adozione del Patto per l’Industria Pulita comporta diversi vantaggi per le imprese europee:

  • Accesso a finanziamenti: le imprese potranno beneficiare di nuovi strumenti finanziari per sostenere la transizione verso processi produttivi più sostenibili;
  • Riduzione dei costi energetici: le misure previste contribuiranno a diminuire le spese energetiche, migliorando la competitività delle aziende;
  • Incentivi per l’innovazione: il patto promuove l’adozione di tecnologie pulite, favorendo l’innovazione e la crescita sostenibile.

Tuttavia, le imprese dovranno affrontare alcune sfide:

  • Adeguamento normativo: sarà necessario conformarsi a nuovi standard e regolamenti in materia di sostenibilità e decarbonizzazione;
  • Investimenti iniziali: la transizione verso processi produttivi più sostenibili richiederà investimenti significativi, che potrebbero rappresentare un ostacolo per alcune aziende;
  • Formazione del personale: sarà fondamentale investire nella formazione dei dipendenti per garantire una corretta implementazione delle nuove tecnologie e processi.
Smart DPI: l'innovazione tecnologica al servizio della sicurezza sul lavoro

Smart DPI, l’innovazione tecnologica al servizio della sicurezza sul lavoro

I DPI stanno evolvendo in “smart DPI”. Ma facciamo un passo indietro. I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) sono regolamentati dal Regolamento (UE) 2016/425, che stabilisce i requisiti essenziali di salute e sicurezza per la progettazione e la fabbricazione dei DPI.

In Italia, il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro) disciplina l’uso dei DPI, definendoli come “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro” (art. 74, comma 1).

Il D.Lgs. 81/2008 prevede che i DPI siano utilizzati solo quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, protezione collettiva o da procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

Con l’avvento delle nuove tecnologie, in particolare dell’Internet of Things (IoT), ecco, come dicevamo, che i DPI stanno evolvendo in “smart DPI”, integrando sensori e sistemi di comunicazione per monitorare in tempo reale le condizioni ambientali e lo stato del lavoratore, contribuendo così non solo alla protezione, ma anche alla prevenzione degli infortuni. 

Le principali novità introdotte dagli smart DPI

Il documento “SMART DPI. Prospettive, applicazione, gestione”, redatto dalla Consulenza Tecnica per la Salute e la Sicurezza (CTSS)” dell’INAIL, esplora le potenzialità e le prospettive dell’applicazione delle tecnologie IoT ai DPI. Secondo il rapporto tecnico CEN/TR 17512:2020, i DPI intelligenti consistono nella combinazione di DPI tradizionali con materiali o parti intelligenti che rispondono in modo voluto e sfruttabile a segnali esterni o a modifiche dell’ambiente circostante. Una definizione analoga è specificata anche nella norma ISO 11610:2023.

La pubblicazione affronta diversi temi: dalle definizioni e obblighi legislativi per fabbricanti e utilizzatori di DPI, alle potenzialità dei sistemi innovativi di protezione; dalla certificazione dei dispositivi smart, alla gestione del cambiamento organizzativo necessario per l’implementazione di tali sistemi; fino alla valutazione del rischio in presenza di portatori di dispositivi medici impiantabili e indossabili.

Un capitolo è dedicato ai DPI per la protezione da rischio elettrico, evidenziando come l’IoT possa migliorare la gestione della data di scadenza, la durata di utilizzo, l’assegnazione ai portatori, la pianificazione e registrazione delle attività di manutenzione e dei controlli periodici, la verifica dell’effettivo corretto utilizzo, la gestione delle aree ad accesso controllato e la segnalazione di pericoli imminenti. 

Come sta cambiando il lavoro in azienda

L’adozione degli smart DPI comporta significative implicazioni pratiche. Per le aziende, significa integrare nuovi strumenti tecnologici nei processi di gestione della sicurezza, richiedendo investimenti in formazione e aggiornamento delle competenze del personale. La possibilità di monitorare in tempo reale le condizioni ambientali e lo stato di salute dei lavoratori permette una risposta più rapida ed efficace in caso di emergenze, riducendo il rischio di infortuni gravi.

Per i lavoratori, l’utilizzo di DPI intelligenti può tradursi in una maggiore consapevolezza dei rischi e in una maggiore protezione, grazie alla capacità di questi dispositivi di fornire feedback immediati e di adattarsi alle condizioni operative. Tuttavia, è fondamentale garantire che l’introduzione di tali tecnologie non comporti un aumento dello stress o una percezione di controllo eccessivo, preservando il benessere psicofisico dei lavoratori.

Inoltre, l’implementazione degli smart DPI deve essere accompagnata da una revisione delle politiche aziendali in materia di privacy e protezione dei dati, assicurando che le informazioni raccolte siano gestite in conformità con la normativa vigente e utilizzate esclusivamente per migliorare la sicurezza sul lavoro.

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