Sicurezza nei cantieri: differenze operative tra POS e PSC

Sicurezza nei cantieri: differenze operative tra POS e PSC

Nel contesto dei cantieri temporanei o mobili, il Piano Operativo di Sicurezza (POS) e il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) rappresentano due strumenti essenziali per la gestione della sicurezza, disciplinati dal DLgs 81/2008, Titolo IV.

Il POS è sempre obbligatorio ed è redatto dal datore di lavoro di ogni impresa esecutrice, anche in subappalto, indipendentemente dalla dimensione del cantiere. Deve contenere l’anagrafica aziendale, l’elenco delle lavorazioni previste, l’analisi dei rischi specifici, le misure di prevenzione adottate, i dispositivi di protezione individuale utilizzati, l’organizzazione del primo soccorso e dell’antincendio, nonché i nominativi delle figure aziendali coinvolte nella sicurezza.

Il PSC, invece, è redatto dal Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) ed è obbligatorio solo in presenza di più imprese, anche non contemporaneamente, o quando i lavori superano i 200 uomini-giorno. Il suo scopo è garantire il coordinamento tra le diverse imprese per evitare interferenze pericolose, definendo una visione d’insieme delle lavorazioni e delle misure collettive da attuare in cantiere.

Contenuti minimi, responsabilità e obblighi di aggiornamento

Il PSC deve includere una dettagliata valutazione delle fasi critiche, dei rischi interferenti e delle misure di coordinamento, comprensive di planimetrie, layout di cantiere, viabilità interna, accessi, punti di stoccaggio e aree di emergenza. A completamento, individua le modalità di comunicazione tra imprese, i dispositivi di protezione collettiva e i criteri per l’aggiornamento del piano.

I POS, redatti singolarmente da ciascuna impresa, devono essere coerenti con quanto previsto nel PSC e vanno trasmessi al Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE) prima dell’ingresso in cantiere.

Il CSE ha il compito di verificare la compatibilità dei POS con il PSC, aggiornare quest’ultimo in caso di varianti, nuove imprese o mutamenti nelle condizioni operative. Entrambi i documenti devono essere aggiornati ogniqualvolta intervengano modifiche sostanziali alle lavorazioni, all’organizzazione del cantiere o ai soggetti coinvolti.

L’omissione degli aggiornamenti o la redazione incompleta dei documenti comporta gravi responsabilità giuridiche e può determinare sanzioni amministrative o penali per il committente, il coordinatore o l’impresa esecutrice.

CLP: nuove classificazioni armonizzate per sostanze pericolose dal 2027

CLP: nuove classificazioni armonizzate per sostanze pericolose dal 2027

Con l’adozione del Regolamento delegato (UE) 2025/1222 del 2 aprile 2025, la Commissione europea ha aggiornato l’Allegato VI del Regolamento CLP (Regolamento CE n. 1272/2008), introducendo nuove classificazioni ed etichettature armonizzate per diverse sostanze chimiche. Le modifiche recepiscono le più recenti valutazioni del Comitato per la valutazione del rischio (RAC) dell’ECHA e riguardano proprietà tossicologiche ed ecotossicologiche significative.

Le categorie interessate comprendono la tossicità acuta, la cancerogenicità, la tossicità per la riproduzione, la sensibilizzazione cutanea, la mutagenicità e la tossicità specifica per organi bersaglio.

Tra le sostanze oggetto di nuova classificazione figurano l’ozono, l’ossido di diazoto, il 1,1-dicloroetilene, la petoxamide, il clopyralid e numerosi altri composti utilizzati in ambito industriale, agricolo e ambientale. Si tratta di un aggiornamento normativo che avrà un impatto diretto su etichettatura, schede di sicurezza, gestione dei prodotti e formazione del personale.

Entrata in vigore e possibilità di adozione anticipata

Il regolamento entrerà in vigore ufficialmente venti giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ma le nuove classificazioni diventeranno obbligatorie a partire dal 1° febbraio 2027. Questo significa che, fino a quella data, le imprese potranno scegliere se applicare subito le modifiche oppure attendere la scadenza.

L’adozione anticipata delle nuove classificazioni e dei relativi pittogrammi, avvertenze e consigli di prudenza può rappresentare un vantaggio competitivo per le aziende che operano in mercati regolamentati o che desiderano anticipare l’adeguamento per motivi di sicurezza interna e trasparenza lungo la catena di fornitura.

Obblighi per produttori, importatori e distributori

Le aziende interessate dal cambiamento – produttori, importatori, utilizzatori a valle e distributori – dovranno intraprendere una serie di azioni per garantire la conformità:

  • Identificare tutte le sostanze e le miscele che rientrano nelle nuove classificazioni armonizzate.
  • Aggiornare le schede di dati di sicurezza (SDS) e le etichette dei prodotti in linea con le nuove indicazioni.
  • Informare clienti e partner commerciali dei cambiamenti attraverso documentazione tecnica aggiornata.
  • Pianificare lo smaltimento o la gestione degli stock ancora etichettati secondo le vecchie classificazioni.
  • Erogare una formazione mirata ai lavoratori sulla nuova simbologia di pericolo, sulle avvertenze e sulle misure di prevenzione aggiornate.

Inoltre, i sistemi informatici aziendali dovranno essere adeguati per riflettere correttamente le nuove codifiche, in modo da evitare errori nei database interni, nei software gestionali o nelle piattaforme di etichettatura.

Implicazioni strategiche e opportunità di miglioramento

Al di là degli obblighi formali, l’aggiornamento rappresenta un’occasione per le imprese di consolidare il proprio sistema di gestione delle sostanze pericolose. In particolare:

  • Migliora l’accuratezza e la trasparenza nella comunicazione dei rischi lungo tutta la catena di approvvigionamento.
  • Consente di rafforzare le procedure interne di controllo e aggiornamento dei documenti di sicurezza.
  • Favorisce una cultura aziendale più consapevole in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori.
  • Riduce il rischio di sanzioni, contestazioni e non conformità nei confronti degli organi di vigilanza e dei clienti.

L’adeguamento anticipato, se ben pianificato, può ridurre i costi operativi a lungo termine, semplificare la gestione dei prodotti e migliorare la reputazione dell’impresa sul mercato nazionale ed europeo.

Sicurezza nei siti Seveso: l’analisi Inail sugli infortuni per migliorare la prevenzione

Sicurezza nei siti Seveso: l’analisi Inail sugli infortuni per migliorare la prevenzione

La normativa di riferimento per la gestione del rischio negli stabilimenti a rischio di incidente rilevante è il decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, che recepisce la direttiva Seveso III (2012/18/UE). In questo contesto si inserisce l’attività dell’Inail, che partecipa a commissioni di controllo, svolge attività di supporto tecnico e contribuisce allo sviluppo di strategie di prevenzione. Per rafforzare il quadro conoscitivo e fornire strumenti utili alla riduzione del rischio, il Dipartimento Innovazioni Tecnologiche dell’Istituto ha condotto un’indagine approfondita sugli infortuni registrati negli stabilimenti Seveso nel periodo 2017–2020.

L’obiettivo dello studio è quello di identificare le dinamiche infortunistiche ricorrenti, analizzare i fattori di rischio più critici e proporre soluzioni operative a beneficio dei gestori e dei lavoratori, con un’attenzione specifica all’interazione tra rischio industriale e sicurezza del lavoro.

Un approccio integrato per analizzare gli incidenti: metodi e dati a confronto

Lo studio è stato condotto integrando dati provenienti da banche dati istituzionali con l’Inventario nazionale degli stabilimenti Seveso. Questo approccio ha permesso di ricostruire un quadro dettagliato degli infortuni, classificandoli in base a numerosi parametri: tipologia dell’impianto, fase lavorativa in cui si è verificato l’evento, caratteristiche dell’infortunato, tipo di lesione, fattori organizzativi e tecnici coinvolti.

I dati analizzati evidenziano alcune tendenze significative: molti degli infortuni si verificano durante attività di manutenzione, operazioni di carico e scarico, oppure in fasi non ordinarie del ciclo produttivo. Le tipologie di lesione più frequenti includono contusioni, fratture, ustioni e traumi da schiacciamento. L’analisi ha inoltre permesso di confrontare l’andamento degli eventi con quello di periodi precedenti, offrendo spunti per valutare l’efficacia delle misure già adottate.

Obblighi normativi e prevenzione: come rafforzare la sicurezza nei siti Seveso

Gli stabilimenti Seveso sono tenuti ad attuare obblighi specifici di prevenzione, tra cui la redazione del Rapporto di Sicurezza, la predisposizione del Piano di Prevenzione degli Incidenti Rilevanti (PPIR), l’attivazione di un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS-PIR) e la formazione continua del personale. L’analisi Inail fornisce elementi concreti per migliorare l’efficacia di queste misure, suggerendo un rafforzamento dell’attenzione nei confronti delle attività lavorative ordinarie e straordinarie che possono generare infortuni anche in assenza di incidente rilevante.

La manutenzione, ad esempio, rappresenta una fase particolarmente delicata: le interferenze tra lavoratori interni ed esterni, la presenza di impianti complessi e la gestione delle emergenze richiedono una pianificazione precisa e protocolli condivisi. Anche la formazione deve essere mirata e basata sull’analisi di eventi reali, in modo da favorire una cultura della prevenzione più aderente alle condizioni operative.

Strumenti per la gestione operativa e benefici per imprese e lavoratori

La metodologia sperimentata da Inail offre un modello replicabile per la valutazione del rischio e la pianificazione della prevenzione. I risultati dello studio consentono di:

  • Identificare le attività più a rischio e programmare interventi specifici;
  • Migliorare l’organizzazione della sicurezza nei siti Seveso attraverso l’analisi dei dati reali;
  • Adeguare i percorsi formativi alle esigenze operative degli impianti complessi;
  • Rafforzare la sorveglianza sanitaria e i controlli tecnici sulle attrezzature;
  • Integrare le politiche di prevenzione con le misure di gestione del rischio industriale.

L’adozione di questi strumenti può ridurre il numero di infortuni, aumentare la consapevolezza dei lavoratori e consolidare la reputazione aziendale sul piano della sicurezza, con effetti positivi anche dal punto di vista economico e gestionale.

Catering e sicurezza: una gestione consapevole per attività temporanee

Dietro le quinte del catering: le azioni per un servizio sicuro e professionale

L’attività di catering, sempre più diffusa in eventi pubblici e privati, comporta numerosi rischi legati alla temporaneità e alla variabilità dei luoghi di lavoro. A differenza della ristorazione tradizionale, il catering si svolge spesso in contesti non strutturati, con tempi ristretti e personale eterogeneo. Nonostante ciò, resta pienamente soggetto agli obblighi del DLgs 81/2008, che impone al datore di lavoro la valutazione dei rischi e l’attuazione di tutte le misure preventive necessarie. L’Operatore del Settore Alimentare (OSA) ha inoltre il dovere di evitare l’organizzazione dell’attività in luoghi non idonei. Tuttavia, in molti casi, questi obblighi risultano disattesi o affrontati in modo approssimativo, generando criticità significative sotto il profilo della sicurezza.

La peculiarità del settore risiede nell’organizzazione rapida di spazi di lavoro mobili, che spesso comportano l’allestimento, in poche ore, di cucine temporanee, aree di servizio, impianti elettrici e idrici. Questo rende il catering assimilabile a un vero e proprio cantiere temporaneo, nel quale improvvisazione, urgenza e carenza di risorse possono determinare condizioni di rischio rilevante.

Rischi operativi e criticità frequenti nell’organizzazione del servizio

Nel catering convivono attività ad alto impatto fisico, logistica articolata e utilizzo di attrezzature potenzialmente pericolose. Tra i rischi principali si segnalano: movimentazione manuale di carichi, allestimento e smontaggio di strutture, impiego di bombole GPL, allacci elettrici provvisori, trasporti su veicoli spesso sovraccarichi, lavoro in condizioni meteo sfavorevoli, utilizzo di utensili da cucina professionali in ambienti non attrezzati. A questi si aggiungono problematiche legate alla turnazione non programmata, al mancato riposo, alla carenza di DPI e alla formazione insufficiente del personale.

Il personale impiegato in questi contesti, spesso giovane e con contratti brevi, può non avere esperienza adeguata o non ricevere una formazione completa. La mancanza di addestramento specifico sull’uso delle attrezzature e sulle procedure di emergenza costituisce una delle principali lacune. L’organizzazione in tempi ristretti e la pressione a garantire un servizio impeccabile rischiano di mettere in secondo piano la sicurezza.

Le 34 misure fondamentali per una gestione efficace e sicura del catering

Per garantire la tutela della salute e dell’integrità dei lavoratori è necessario adottare un approccio sistemico. Tra le misure prioritarie si segnalano:

  • Redazione e aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) comprensivo di tutte le fasi operative;
  • Formazione obbligatoria su sicurezza generale, HACCP, antincendio, primo soccorso;
  • Addestramento specifico per l’utilizzo di attrezzature come bombole a gas, impianti elettrici, carrelli e utensili da cucina;
  • Sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti a sforzi fisici e condizioni ambientali sfavorevoli;
  • Fornitura e utilizzo obbligatorio di DPI conformi alla mansione;
  • Pianificazione logistica dettagliata, comprensiva di trasporti, orari, turnazioni e carichi di lavoro;
  • Individuazione di referenti aziendali per la sicurezza e la gestione delle emergenze;
  • Predisposizione di aree di sosta, idratazione e primo soccorso;
  • Verifica preventiva della sicurezza del luogo di svolgimento dell’evento;
  • Coinvolgimento del committente nella valutazione dei rischi specifici;
  • Iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali per lo smaltimento rifiuti, ove previsto;
  • Controllo e manutenzione regolare delle attrezzature e degli impianti elettrici;
  • Definizione di procedure scritte per l’allestimento, lo svolgimento e la chiusura dell’attività.

Queste e altre azioni, in tutto 34, rappresentano un quadro di riferimento operativo che consente all’impresa di agire con consapevolezza, minimizzando l’esposizione a incidenti, infortuni e responsabilità civili o penali.

Impatti positivi per imprese, lavoratori e clienti

L’adozione di un sistema di prevenzione efficace nel settore del catering comporta vantaggi tangibili. Per le imprese, significa riduzione dei rischi legali, continuità operativa, maggiore efficienza e valorizzazione della reputazione aziendale. Per i lavoratori, comporta ambienti più sicuri, maggiore motivazione e consapevolezza professionale. Per i clienti, è garanzia di affidabilità, serietà e conformità alle normative vigenti.

L’approccio integrato alla sicurezza, quando ben strutturato, consente di trasformare un obbligo normativo in un fattore competitivo, anche nei confronti di appalti pubblici e gare, dove la gestione documentata della sicurezza è spesso elemento premiante.

Sicurezza elettrica: come effettuare una valutazione efficace del rischio

Pericoli elettrici: come effettuare una valutazione efficace del rischio

La presenza di impianti elettrici negli ambienti di lavoro richiede una valutazione del rischio mirata, obbligatoria ai sensi del DLgs 81/2008. In particolare, l’articolo 80 stabilisce che il datore di lavoro debba adottare misure tecniche e organizzative per eliminare o ridurre al minimo i rischi derivanti dall’uso dell’elettricità. Tali rischi comprendono shock elettrici, elettrocuzione, incendi e esplosioni. Il processo valutativo deve coinvolgere tutte le fasi operative: dalla progettazione all’installazione, fino all’uso quotidiano e alla manutenzione delle apparecchiature elettriche, tenendo conto anche delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro.

Identificazione dei pericoli elettrici e fattori ambientali aggravanti

I principali rischi elettrici derivano da contatti diretti o indiretti con parti attive in tensione, cortocircuiti, sovraccarichi, dispersioni e scariche atmosferiche. Questi eventi possono provocare infortuni anche letali, come l’elettrocuzione, ma anche ustioni, cadute accidentali dovute a scosse, incendi ed esplosioni. Le condizioni ambientali possono amplificare il rischio: pavimenti bagnati, ambienti ristretti o angusti, presenza di polveri infiammabili, umidità elevata, atmosfere potenzialmente esplosive, sono tutti elementi che richiedono una valutazione più approfondita e l’adozione di misure di protezione specifiche.

Misure tecniche, organizzative e dispositivi per la prevenzione

Per contenere il rischio elettrico è necessario predisporre una combinazione di interventi tecnici e organizzativi. Le misure comprendono:

  • Impianti elettrici conformi alle norme vigenti, dotati di messa a terra, interruttori differenziali, protezioni contro i sovraccarichi e le sovratensioni.
  • Procedure operative che limitino l’accesso alle aree a rischio solo a personale autorizzato e formato.
  • Piani di emergenza con istruzioni precise per la gestione di incidenti elettrici.
  • Formazione specifica per i lavoratori che operano sugli impianti o in prossimità di essi, inclusa la capacità di riconoscere i segnali di pericolo e di intervenire in modo appropriato.
  • Utilizzo di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) adeguati: guanti isolanti, calzature con suola dielettrica, indumenti resistenti agli archi elettrici, visiere e caschi protettivi.
  • Ispezioni periodiche e manutenzione programmata di impianti, cavi, prese e quadri elettrici, per verificare l’integrità e l’efficienza dei sistemi di protezione.

Fasi operative per la valutazione del rischio elettrico

Il processo di valutazione del rischio elettrico si articola in diverse fasi:

  1. Analisi del contesto operativo, con la mappatura delle attività elettriche, delle attrezzature e degli impianti presenti.
  2. Identificazione dei pericoli, valutando la tensione, la corrente, le condizioni d’uso e i potenziali guasti o anomalie.
  3. Stima del rischio, considerando probabilità ed entità del danno, tenendo conto anche dell’esposizione dei lavoratori.
  4. Individuazione delle misure di controllo, da attuare secondo una gerarchia di priorità: eliminazione del pericolo, sostituzione delle apparecchiature, protezioni tecniche, misure organizzative e uso dei DPI.
  5. Verifica dell’efficacia delle misure adottate e aggiornamento continuo della valutazione, soprattutto in caso di modifiche impiantistiche, nuove attività o incidenti registrati.

Obblighi documentali e responsabilità del datore di lavoro

Il datore di lavoro è responsabile dell’intero processo valutativo e deve assicurarsi che tutte le misure siano correttamente implementate e documentate. In particolare, deve:

  • Redigere e aggiornare il DVR includendo il rischio elettrico tra quelli specifici.
  • Garantire la formazione e l’addestramento del personale esposto.
  • Predisporre istruzioni operative e procedure di emergenza.
  • Effettuare verifiche e manutenzioni secondo un piano strutturato e tracciabile.
  • Designare figure competenti per la gestione della sicurezza elettrica, come il responsabile degli impianti o l’elettricista qualificato.

Il rispetto di questi obblighi consente non solo di tutelare la salute dei lavoratori, ma anche di ridurre i rischi legali e organizzativi per l’azienda, promuovendo una cultura della sicurezza elettrica efficace e duratura.

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