Infortunio sul lavoro

Infortunio sul lavoro: la sanzione amministrativa può sommarsi alla condanna penale

Secondo il D.L. 81/08 in caso di infortunio sul lavoro le contravvenzioni previste costituiscono reati di condotta, l’art.451 del Codice penale comprende anche l’evento.

Su tale principio si fonda la sentenza 21522/2021 della Corte di cassazione, che ha respinto il ricorso avverso le sentenze di condanna in primo e secondo grado, a seguito di un grave infortunio sul lavoro, a carico dei componenti del consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata.

Quali sono i motivi del ricorso?

Uno dei motivi di ricorso ha invocato la sussistenza del concorso tra reato previsto dall’articolo 451 del Codice penale e le contravvenzioni previste dagli articoli 290 e 46, comma 2 del Dlgs 81/2008, già definite in via amministrativa, con conseguente contrasto con il divieto di bis in idem, essendo il disvalore dei fatti omogeneo.

La Corte non è dello stesso avviso e, enunciando il principio riportato in premessa e rifacendosi anche alle varie sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte costituzionale, ha ritenuto che la mera sottoposizione di un imputato a un processo penale per il medesimo fatto, riguardante un infortunio sul lavoro, per il quale egli sia già stato definitivamente sanzionato in via amministrativa non integra sempre e necessariamente una violazione del ne bis in idem.

Secondo la Corte: “principio di effettività” non condivisibile

Nel respingere l’altro motivo di ricorso, formulato da un consigliere con esclusivo incarico amministrativo e contabile, la Corte non ha condiviso i motivi di difesa del ricorrente, fondato sul “principio di effettività” secondo la definizione di datore di lavoro data dall’articolo 2, comma 1, lettera b) del testo unico, ritenendo, invece, che l’individuazione della figura su cui gravano gli obblighi del datore di lavoro di una società di capitali deve tenere in considerazione la complessità dell’organizzazione della stessa.

In pratica, nelle realtà più articolate e in aziende di rilevanti dimensioni, l’individuazione della figura del datore di lavoro può non coincidere con la mera formale carica di consigliere, laddove all’interno dell’organo deliberativo siano individuati soggetti cui vengano specificamente assegnati gli obblighi prevenzionistici. Negli altri casi, come quello in esame, tali obblighi gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo regolare delega.


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Smart working

Smart working: il contributo per le spese sostenute dal lavoratore è su base volontaria

Riconoscere ai dipendenti in smart working un ristoro per le maggiori spese sostenute per internet, utenze casalinghe, apposite dotazioni e complementi d’arredo? Non è obbligatorio.

Il grande ricorso al lavoro agile durante la pandemia ha sollecitato lavoratori e sindacato a sollevare il tema del riconoscimento ai dipendenti in smart working di un ristoro adeguato alle spese sostenute. La legge attualmente non prevede, in via generale, alcuna forma di rimborso a favore del lavoratore agile per gli eventuali maggiori costi personali connessi alla prestazione da remoto o per la predisposizione di una postazione di lavoro.

Il motivo? È presto spiegato: l’adesione alla modalità agile di lavoro è volontaria e soprattutto che la scelta del luogo da cui svolgere la prestazione è, salva diversa disposizione contrattuale, rimessa alla libera scelta del lavoratore, il quale, a differenza che nel caso del telelavoro, esegue la prestazione lavorativa senza una postazione fissa.

Accordi collettivi: il rimborso che non ti aspetti

Tuttavia, anche per venire incontro alle esigenze di chi, nel periodo pandemico, è stato “forzatamente” collocato in smart working, alcuni accordi collettivi aziendali hanno previsto forme di contributi economici finalizzati a coprire i costi derivanti dalle utenze e dalla connettività ovvero dalla necessità di acquisto di particolare strumentazione (monitor, sedie ergonomiche, ecc.).

Ferma l’inesistenza di un obbligo giuridico, si tratta di previsioni rimesse alla libera contrattazione delle parti, nell’ambito della quale – soprattutto nell’ottica di un superamento della fase emergenziale che stiamo vivendo e della conseguente implementazione, a livello aziendale, di politiche “stabili” di smart working che ne valorizzino la vera natura e le peculiari caratteristiche – potrebbe essere ragionevole tenere in considerazione anche gli indubbi vantaggi di cui i dipendenti in smart working possono beneficiare, come, ad esempio, i possibili risparmi, oltre che in termini monetari, considerando l’eventuale riduzione dei costi di trasporto per il tragitto casa-lavoro, anche in termini di tempo e di una miglior conciliazione vita-lavoro.

La regola vale anche per il buono pasto?

Per quel che riguarda invece la controversa questione del buono pasto, sinora l’unica sentenza che se ne è occupata ha negato il diritto del lavoratore ad ottenerlo nelle giornate di lavoro da remoto (Tribunale di Venezia, decreto 8 luglio 2020 numero 3463). La questione era stata sollevata (anche) con riferimento al principio, affermato dalla Legge 81/2017, istitutiva dello smart working, secondo cui il lavoratore che opera in modalità agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello del lavoratore che svolge la medesima mansione esclusivamente in azienda (articolo 20, primo comma). 

Il Tribunale di Venezia, richiamando una pronuncia della Cassazione che ha escluso la natura di elemento della retribuzione del buono pasto, definito una «agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale» (Cassazione 29 novembre 2019 numero 31137), ha escluso che il buono pasto potesse rientrare nella nozione di trattamento economico e normativo.


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Car Sharing

Car sharing: come risolvere il problema dell’infortunio in itinere?

Piano degli spostamenti casa-lavoro: c’è l’articolo 51 del Sostegni bis per il car sharing, ma non basta: urgono chiarimenti.

L’articolo 51 del Sostegni bis ha stanziato 50 milioni in favore delle imprese, delle Pa (e delle scuole) che ai sensi dell’articolo 229 del Dl n. 34/2020, entro il 31 agosto 2021, predispongano un piano degli spostamenti casa-lavoro del personale. I contributi sono destinati a finanziare misure di mobilità sostenibile quali, ad esempio, car pooling, car sharing, bike pooling e bike sharing.

Per il car pooling, quale forma di trasporto condiviso e gratuito organizzato attraverso l’uso di un’apposita piattaforma informatica, nel 2018 furono presentate due proposte di legge Queste misure presentano profili di forte impatto sulla gestione del rapporto di lavoro, che vanno risolti per poter concretamente applicare i piani “sociali” di spostamento.

Il precedente del 2017 che fa ben sperare

L’uso condiviso di un veicolo privato (car sharing), che coinvolge altri lavoratori oltre al conducente impone di affrontare la questione della configurabilità o meno dell’infortunio in itinere con la relativa tutela Inail, per la quale nel 2017 era stata presentata una proposta di legge. Come nel 2016 attraverso una modifica del Testo unico Inail fu inserito il velocipede tra i cosiddetti mezzi di trasporto necessitato, anche per la tutela del car sharing sarà necessario un intervento normativo e/o un conseguente chiarimento dell’Istituto.


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Lavoro Agile

Lavoro agile: la legge 81/2017 esclude in modo assoluto vincoli di orario e luogo

C’è una normativa ben precisa che disciplina le modalità di esecuzione del lavoro agile: è la legge 81/2017 secondo la quale l’assenza di questi vincoli fa parte della natura di questa forma di lavoro.

Secondo la normativa, in caso di lavoro agile il datore del tutto legittimamente può ignorare quale sia l’ambiente in cui il lavoratore sceglie di svolgere la prestazione, e quindi non gli è possibile né consentito alcun controllo sull’ambiente stesso. Discorso completamente diverso, quindi, dal telelavoro per il quale è prevista per il datore, le rappresentanze sindacali e le autorità competenti la possibilità di accesso al luogo di lavoro per verificare l’attuazione delle misure di sicurezza. Il luogo di lavoro deve essere fissato e che il datore deve assumersi la responsabilità della sua messa in sicurezza.

Cosa comporta la normativa?

In primo luogo, il datore è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti assegnati al lavoratore per svolgere la sua attività (articolo 18, comma 3, legge 81/2017).

Per questa modalità di lavoro, la tutela della salute e sicurezza è garantita soprattutto dalla consegna al lavoratore e al Rls (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), con cadenza almeno annuale, di un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi connessi al lavoro fuori dai locali aziendali. Il lavoratore deve essere reso edotto di tutti i possibili rischi ai quali può andare incontro lavorando al di fuori dei locali aziendali, in ambienti indoor e outdoor, e delle precauzioni da adottare per eliminarli o ridurli.

Solo a fronte di una completa informativa e di una adeguata formazione, scatta l’obbligo del lavoratore di cooperare nell’attuazione delle misure di prevenzione per fronteggiare i rischi della prestazione all’esterno dei locali aziendali (articolo 22, legge 81/2017). Come sottolinea l’Inail (nota sul lavoro agile 2020), il lavoratore – adeguatamente informato e formato – è coinvolto sempre di più in una sorta di auto-responsabilità comportamentale.

Come si definisce il profilo assicurativo dei lavoratori secondo la legge 81/2017?

La legge 81/2017 ha esteso ai lavoratori agili l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, secondo i criteri generali validi per tutti gli altri lavoratori, con il solo limite del rischio elettivo. Ovviamente l’infortunio sarà indennizzabile dall’Inail se si è verificato in connessione con la prestazione lavorativa, che comprende anche le attività prodromiche e/o accessorie (purché strumentali) allo svolgimento delle mansioni.

Nel lavoro agile solo per l’infortunio in itinere si richiede, per l’indennizzabilità, che la scelta del luogo dove recarsi per svolgere l’attività risponda a esigenze connesse alla prestazione, a necessità di conciliazione vita-lavoro e a criteri di ragionevolezza. L’Inail dovrà verificare se l’attività svolta dal lavoratore al momento dell’infortunio fosse o meno in stretto collegamento con quella lavorativa.


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Infortunio sul lavoro

Infortunio sul lavoro e malattia professionale: dall’INAIL i dati dei primi quattro mesi del 2021

Tra gennaio e aprile del corrente anno l’INAIL ha ricevuto 171.870 denunce di infortunio sul lavoro (306 con esito mortale). Crescono le patologie professionali.

Sono disponibili sul sito dell’INAIL i dati relativi alle denunce di infortunio sul lavoro e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di aprile. Si tratta, comunque, di dati provvisori che occorre confrontare con cautela a quelli relativi allo stesso periodo del 2020. I numeri degli infortuni comprendono anche le comunicazioni obbligatorie, ossia quelle considerate per i soli fini statistici o informativi (lavoratori assicurati con polizze private, infortuni che comportano almeno un giorno di assenza, ecc.). Anche il “fenomeno Coronavirus” rende molto frequente una denuncia dell’infortunio tardiva ma, comunque, rilevante soprattutto se si tiene in considerazione il lasso temporale prima citato. Provando a scindere in tre parti separate i numeri analizzati dall’INAIL si ottengono i seguenti risultati.

Numeri relativi alle denunce di infortunio sul lavoro presentate

Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro lo scorso mese di aprile sono state 171.870, in diminuzione di 449 casi (-0,3%) rispetto alle 172.319 del primo quadrimestre del 2020. La diminuzione dello 0,3% dell’intero periodo è la sintesi di un calo delle denunce osservato nel primo bimestre gennaio-febbraio (-12%) e di un aumento nel secondo bimestre marzo-aprile (+17%), nel confronto tra i due anni. Dall’analisi territoriale emerge una diminuzione delle denunce soltanto nel Nord-Ovest (-13,5%), al contrario delle Isole (+8,4%), del Sud (+7,1%), del Centro (+6,5%) e del Nord-Est (+6,3%). Tra le regioni, i maggiori decrementi percentuali sono quelli di Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Piemonte e Lombardia, mentre gli incrementi percentuali più consistenti sono stati rilevati in Molise, Basilicata e Campania.

Denunce sul lavoro con esito mortale

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di aprile sono state 306, 26 in più rispetto alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020 (+9,3%) e in linea con quelle del primo quadrimestre 2019 (303 eventi mortali). L’incremento rilevato nel confronto tra i primi quadrimestri del 2020 e del 2021 è legato sia alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 256 a 277, sia a quella femminile, passata da 24 a 29 casi.

Denunce di malattia professionale protocollate dall’INAIL

Infine,  le denunce di malattie professionali protocollate dall’Inail nel primo quadrimestre del 2021 sono state 18.629, 3.861 in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+26,1%), sintesi di un calo del 26% nel periodo gennaio-febbraio e di un aumento del 154% in quello di marzo-aprile, nel confronto tra i due anni. Le patologie denunciate tornano quindi ad aumentare, dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia, con denunce in costante decremento nel confronto con l’anno precedente.


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