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Coronavirus per i lavoratori: dallo smart working, alle conferenze in video, alle ferie

Le regole per contrastare la diffusione del nuovo coronavirus. Scarica la locandina coi comportamenti e il modulo di autocertificazione


Come noto, tutta Italia è zona protetta a seguito del DPCM 9 marzo 2020 (clicca qui per il testo) e, almeno fino al 3 aprile prossimo, i motori del Paese gireranno al minimo, con tutte le conseguenze economiche che ne deriveranno. Ma, del resto, la decisione è stata presa dal governo proprio per evitare conseguenze sanitarie ancora più terribili: i numeri dei contagiati era diventato ed è tuttora ingestibile e ad oggi hanno superato i 10 mila casi.


In riferimento alla salute dei lavoratori, a oggi però non esistono direttive ministeriali precise. Dunque, fatto salvo quanto si evince dal Dlgs 81/08 ovverosia che il datore di lavoro ha la responsabilità e sicurezza dei dipendenti, esistono solo le regole che fin dal primo decreto governativo siamo tutti tenuti a rispettare, ivi compresi i lavoratori.


In questo senso, è ormai ‘celebre’ la necessità di mantenere la distanza di un metro tra una persona e l’altra, che è poi il comportamento che crea più confusione e problematiche lavorative. Ma è una regola valida a prescindere dalle relazioni interpersonali: vale, in sostanza, al bar (che peraltro chiudono alle 18 così come i ristoranti) come sugli autobus. E’ proprio per questo motivo, per la difficoltà e spesso purtroppo il disinteresse di rispettare una regola straordinaria del genere, che si è arrivata al blocco totale di situazioni ingestibili come possono essere gli assembramenti dentro e fuori da un pub o da una discoteca.


E, sempre per questo motivo, le persone possono spostarsi solo per comprovati motivi di lavoro, salute o situazioni di necessità (ad esempio accudire i genitori disabili) e, se fermati dalle forze dell’ordine, dovranno autocertificare la loro presenza in strada. Con moduli che forniranno direttamente gli operatori in divisa, ma che forniamo per ogni esigenza anche noi in fondo all’articolo.


Privacy e smart working


Sotto il profilo delle polemiche non è stata da meno – e lo sarà ancora di più ora che tutta Italia è sotto tutela straordinaria – la questione privacy, in particolare per quelle aziende che misurano la temperatura ai lavoratori senza un apposito accordo tra le parti.


Ma la situazione, come noto, è talmente tesa che il blocco del Paese a causa del Covid-19 ha portato il governo a chiedere ai datori di lavoro di tutto il territorio nazionale di promuovere, ove possibile, la fruizione periodi di ferie o congedo ordinario ai loro lavoratori. Il decreto prevede di svolgere qualsiasi riunione possibile in videoconferenza e di applicare lo smart working anche in assenza degli accordi individuali previsti. Lo smart working, o lavoro agile, prevede l’utilizzo l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa da remoto, quali computer portatili, tablet e smartphone di ultima generazione.



La collaborazione di tutti


Adesso è fondamentale la collaborazione di tutti, soprattutto di chi in questo momento non è nella vera e propria trincea degli ospedali come invece ci sono infermieri e medici per i quali ogni regola ordinaria è saltata. Ecco perché è necessario seguire i comportamenti che trovate nella locandina qua sotto, da condividere e stampare. 


Unasf ricorda vivamente a tutte le persone, di qualsiasi età, che presentano sintomi da infezione respiratoria e febbre superiore ai
37,5° C, di non muoversi di casa e contattare immediatamente il proprio medico curante.


Chi non segue le indicazioni riportate nel DPCM 9 marzo 2020 (che riprende praticamente in toto il decreto precedente, che è possibile visionare cliccando qui), non solo non vuole bene a sé stesso e alla propria famiglia. Ma va anche incontro al reato previsto dall’articolo 650 del codice penale, punibile – ove non si riscontrino reati peggiori – con l’arresto fino a tre mesi o una multa di 206 euro.


Scarica i documenti necessari


DPCM 9 marzo 2020 >>> clicca qui

Locandina con le regole da seguire >>> clicca qui

Modulo di autocertificazione per spostarsi >>> clicca qui

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Le morti dimenticate: a gennaio decedute sul lavoro 52 persone, +18,2%

In aumento anche gli infortuni dei lavoratori Under 20


Tutta l’attenzione pubblica è rivolta in queste settimane alla diffusione del nuovo Coronavirus in Italia, che a oggi, contagiando anche persone già debilitate e afflitte da altri gravi problemi, ha contribuito al decesso di 79 persone in poco più di un mese. Rischia così di passare in secondo piano un problema mortale altrettanto grave e di certo con numeri ormai consolidati in Italia: quello delle morti bianche.


Gli ultimi dati Inail riferiti al mese di gennaio 2020, infatti, registrano denunce per 52 decessi sul lavoro, ovvero 8 in più rispetto alle 44 del primo mese del 2019. La percentuale di aumento è del 18,2%. Altro dato su cui riflettere in via prioritaria è quello dell’aumento degli infortuni occorsi ai lavoratori Under 20, che registrano a gennaio un incremento del 4,2%.


Gli infortuni da Nord a Sud


Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail nel mese di gennaio sono state 46.483, in diminuzione di oltre 1.400 casi (-3,0%) rispetto alle 47.908 del primo mese del 2019. L’analisi territoriale evidenzia un calo delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese e genere. Il calo è del 2,4% nel Nord-Ovest, 3,8% nel Nord-Est, 4% nel Centro, 0,3% al Sud e 4,2% nelle Isole. Tra le regioni con i maggiori decrementi percentuali si segnalano il Molise, la Sardegna e la Valle d’Aosta, mentre gli incrementi sono circoscritti a poche regioni, prime fra tutte Puglia, Campania e Friuli Venezia Giulia.


Denunce di malattia professionale
 
Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel primo mese del 2020 sono state 4.634, quasi 300 in meno rispetto allo stesso mese del 2019 (-5,6%).
 
Decrementi si sono registrati nell’Industria e servizi (in calo del 4,3%, da 3.995 a 3.823 casi) e in Agricoltura (-12,7%, da 856 a 747), mentre nel Conto Stato il numero delle patologie denunciate è aumentato del 14,3% (da 56 a 64).
 
L’analisi territoriale evidenzia decrementi delle denunce nel Nord-Ovest (-13,0%), nel Nord-Est (-13,9%) e al Sud (-18,2%). In controtendenza invece il Centro, con un aumento del 9,8%, e le Isole, con un +2,3%.
 
In ottica di genere si rilevano 208 denunce di malattia professionale in meno per i lavoratori, da 3.609 a 3.401 (-5,8%), e 65 casi in meno per le lavoratrici, da 1.298 a 1.233 (-5,0%).
 
Il decremento ha interessato sia le denunce dei lavoratori italiani (passate da 4.554 a 4.296, pari a una diminuzione del 5,7%), sia quelle dei lavoratori extracomunitari, da 245 a 224 (-8,6%). Quelle dei lavoratori comunitari, invece, sono state sette in più, da 107 a 114 (+6,5%).
 
Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dalle malattie del sistema respiratorio e dai tumori.

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Coronavirus, come comportarsi in azienda? Scarica il manuale con i consigli di Unasf

Unasf e Conflavoro Pmi ha implementato e adattato al mondo aziendale alcune semplice regole per una convivenza di spazi lavorativi il più igienica possibile
Diversi grandi gruppi imprenditoriali del Nord Italia invocano o già applicano lo smart working per prevenire la potenziale diffusione del nuovo coronavirus in azienda. Ma va da sé che non tutti i tipi di attività possono basarsi sul lavoro a distanza, è logico. Come fare, allora, per continuare la propria vita personale e lavorativa senza cadere nel panico, prendendo però le giuste precauzioni del caso?
Lo spiegano in breve e con parole semplici Unasf e Conflavoro Pmi. I nostri tecnici della prevenzione hanno infatti redatto, in un apposito vademecum comportamentale per le aziende che rendiamo qui disponibile a tutti, le azioni necessarie e basilari per mantenere pulita la propria persona e il proprio luogo di lavoro.
Confidando sia presto individuata una soluzione al Covid-19, il consiglio è seguire queste poche regole predisposte in particolare per la vita in azienda, ma in realtà valide e applicabili ogni giorno e prima di recarsi in qualsiasi luogo dove siano presenti altre persone.
 

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Sicurezza, obbligo di formazione per il datore di lavoro ma senza sanzioni

Il ministero del Lavoro ha risposto a un quesito importante su prevenzione e attrezzature di lavoro


A seguito delle modifiche introdotte dal Dlgs 151/2015, adesso è considerato operatore anche il datore di lavoro. Ma attenzione perché, a differenza dell’operatore, per il datore di lavoro non sono previste sanzioni qualora utilizzi determinate attrezzature senza le specifiche abilitazioni previste. In ogni caso anche il datore di lavoro, proprio perché accomunato all’operatore, è obbligato a ricevere la formazione, l’informazione e l’addestramento adeguati alle mansioni da svolgere.


Il chiarimento è arrivato con l’interpello protocollato nr. 1/2020 della regione Friuli Venezia Giulia, posto alla Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L’organismo, riepilogando la normativa vigente, ha inoltre colto l’occasione per ribadire come il datore di lavoro sia sempre obbligato – in caso di lavoratori subordinati in un impiego che preveda conoscenze o responsabilità particolari – a fornire per l’appunto tutta la formazione, l’informazione e l’addestramento loro necessari.


+++ Scarica il testo integrale con il parere della Commissione cliccando qui.

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“Patente a punti in azienda? Servono incentivi, non punizioni”

Unasf, con il presidente Enzo Capobianco, interviene in merito alla patente a punti per la sicurezza nelle imprese

“La patente a punti per la sicurezza sul lavoro? Attenzione a non ammassare soltanto nuove difficoltà burocratiche sulla schiena delle piccole aziende, senza dare loro in cambio il sostegno necessario a cambiare rotta. La cultura della prevenzione va promossa coi fatti e con gli incentivi, non con le sanzioni”. Unasf, l’Unione nazionale sicurezza e formazione aderente a Conflavoro Pmi, è critica sull’apertura del ministro Nunzia Catalfo alla patente a punti per le imprese.

“Sembra un sistema di punizioni più che di incentivi. E difatti – commenta il presidente Unasf, Enzo Capobianco – invece di lavorare a un miglioramento generale della prevenzione, si finisce sempre per penalizzare le realtà imprenditoriali di dimensioni più ridotte con aggravi di costi e burocrazia. Perché, di certo, la mannaia delle sanzioni di questa patente a punti, se mai si farà, cadrà sui soliti noti”.

“Ma la sicurezza sul lavoro è un’altra cosa, serve aver dato il massimo da parte delle istituzioni prima di una norma del genere in un settore così delicato come quello dell’HSE. Servono più sgravi fiscali alle aziende, maggiore informazione, meno costi burocratici. Quello che serve è una patente di incentivi, se di patente vogliamo parlare. Più formazione fai in azienda, più promuovi un sistema interno di qualità HSE, più punti guadagni. Punti da tradurre poi in credito d’imposta, ad esempio. E invece, istituendo dal niente una patente punitiva, il risultato sarà solo una forbice sempre più ampia tra grandi gruppi e piccole aziende”.

“Arrivare oggi a ventilare la chiusura di un’attività, quando prima non si è fatto di tutto per sostenerla, è assurdo. Occorre valutare i singoli casi – conclude Enzo Capobianco – partire da una politica e una situazione comune. Un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi è già previsto dal Dlgs 81/08, all’articolo 27. Prendiamolo come base di partenza e facciamolo subito, perché i morti sul lavoro sono costanti e non diminuiscono. In Italia serve una strategia concreta per la prevenzione e possiamo attuarla soltanto attraverso un dialogo tra istituzioni e associazioni che si occupano di sicurezza nelle aziende. Un dialogo che oggi assolutamente non esiste”.


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