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Alternanza scuola-lavoro, a chi spetta la formazione sulla sicurezza?

Testo Unico, Miur e Inail: ecco le leggi e le linee guida da rispettare

La legge 107/2015, ossia la riforma del sistema nazionale dell’istruzione (cosiddetta ‘Buona scuola’), ha introdotto la pratica obbligatoria dell’alternanza scuola-lavoro per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori, licei compresi.


Lo studente, secondo quando stabilito dall’art. 2 Dlgs 81/2008, Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, è equiparato al lavoratore. Ovvero è considerato una “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione”.


Con la riforma scolastica del 2015 assume un valore di rilievo la ‘Guida operativa per la scuola per le attività di alternanza scuola-lavoro’. La guida, nella fattispecie e in sostanza, ribadisce le linee già contenute nel manuale Inail-Miur ‘Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola’. E’ prevista, inoltre, una convenzione tra scuola e azienda ospitante lo studente: nel documento sono specificati gli oneri della formazione a carico di entrambi i soggetti.


Obblighi del datore di lavoro – Essendo uno studente lavoratore considerato alla stregua di un lavoratore, la sua formazione specifica sulla sicurezza, visto l’art. 37, comma 1 del Dlgs. 81/2008, spetta al datore di lavoro. Quest’ultimo deve assicurargli una formazione sufficiente e adeguata, di durata variabile e in funzione del settore di attività svolta dall’azienda ospitante e del relativo profilo di rischio. Significa, in sostanza, che il datore deve formare lo studente sui rischi riferiti alle mansioni che andrà a svolgere e ai possibili danni relativi. Parimenti, lo studente deve essere istruito sulle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.


Obblighi dell’istituzione scolastica – La formazione generale dello studente, invece, spetta all’istituto scolastico cui è iscritto. L’apprendimento viene certificato da un attestato di frequenza e dal superamento di una prova di verifica. Quest’ultima garantisce un credito formativo permanente. L’obbligo della scuola, comunque, potrebbe non esaurirsi qua. Infatti, nel momento in cui l’azienda ospitante lo studente del progetto di alternanza non fosse in grado di assicurare la formazione specifica, il datore di lavoro può delegare l’istituto a impartirla. In tal caso, dunque, spetterebbe alla scuola formare lo studente sulla valutazione dei rischi cui è sottoposto rispetto ai compiti assegnatigli, alle macchine e alle attrezzature che deve utilizzare, ai tempi di esposizione previsti e ai dispositivi di protezione individuale fornitigli.

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Infortuni sul lavoro, diminuiscono le sanzioni per l’omessa denuncia all’Inail

Cambia la normativa, da adesso vanno comunicati anche gli infortuni fino a tre giorni



Scatta oggi, 12 ottobre 2017, l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare all’Inail anche gli infortuni sotto la soglia di risarcibilità, dunque con prognosi superiore a un giorno oltre a quello dell’infortunio. Non si tratta di una comunicazione a fini assicurativi, bensì di una trasmissione di dati a fini statistici e informativi.


Prevista una sanzione amministrativa pecuniaria per i datori di lavoro che non ottemperano alla nuova normativa relativa al Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), a regime oggi a circa un anno di distanza dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Si tratta, come sottolinea la piattaforma online dei Consulenti del lavoro, di una cifra compresa tra 548 euro e 1.972 euro.


Non si tratta, però, delle uniche novità in ambito di incidenti sul lavoro. Sempre i Consulenti, infatti, ricordano che dal 12 ottobre 2017 la mancata comunicazione all’Inail degli infortuni superiori a tre giorni comporterà sì una sanzione per il datore del lavoro, ma inferiore rispetto a quanto previsto dal passato schema sanzionatorio.

Una comunicazione a fini assicurativi mancante, tardiva, inesatta o incompleta potrà essere sanzionata con una cifra compresa tra 1.096 euro e 4.932 euro. In precedenza, invece, le multe comminabili al datore di lavoro per l’inottemperanza dell’obbligo di comunicazione all’Inail si attestavano da un minimo di 1.290 euro fino a un massimo di 7.745 euro.

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Gravidanza e maternità: rischi e prevenzione sui luoghi di lavoro

Un vademecum sulla tutela legale della donna in stato interessante

Le donne, durante la gravidanza e la maternità, vivono periodi particolarmente importanti della vita. Specie in ambito lavorativo, poi, attraversano mesi dove la salute, loro e del bambino, è soggetta a condizioni di rischio più elevate del solito.


La normativa – In Italia le lavoratrici in stato interessante e le neomamme sono principalmente tutelate dal Dlgs 151/2001, Testo unico a tutela della maternità e paternità e dal Dlgs 81/2001, Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, con successive modifiche e integrazioni. La normativa del 2001, in particolare, disciplina i congedi, i riposi, i permessi e, per l’appunto, determina anche misure preventive e protettive per la loro salute e sicurezza in qualità di soggetti particolarmente sensibili al rischio. Il TU del 2008 ribadisce, evidenzia e aggiorna la normativa del Dlgs 151/2001.


Congedo di maternità – Il Dlgs 151/2001 prevede il congedo obbligatorio di maternità nei due mesi precedenti alla data presunta del parto e nei tre mesi mesi successivi al parto stesso. In alternativa e previa attestazione del medico, però, le lavoratrici hanno facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto stesso. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all’avanzato stato di gravidanza, sono ritenuti gravosi o pregiudizievoli. Il Dlgs 151/2001, inoltre e fra le altre condizioni, contiene la proibizione di adibire la lavoratrice a lavori ‘vietati’ e il divieto di lavoro notturno.


Valutazione dei rischi – Si tratta di un altro aspetto importante previsto dal Dlgs 151/2001, il quale pone l’accento, in particolare, sui rischi legati all’esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici della lavoratrice in gravidanza. La valutazione spetta al datore di lavoro, tenuto a comunicare alle lavoratrici e agli RLS i risultati della valutazione stessa, con annesse le misure di prevenzione e protezione adottate. Uno dei rischi principali è lo stress e, a tal proposito, i primi mesi di gravidanza sono i più sensibili, sono cioè quelli dove i potenziali danni al nascituro sono maggiori. In caso di rischio, il datore di lavoro deve modificare per il tempo necessario le condizioni e l’orario di lavoro. O, in alternativa, spostare la lavoratrice ad altra mansione informando contestualmente la Direzione Provinciale del Lavoro (DPL). Se la mansione nuova è inferiore, la retribuzione e la qualifica devono restare quelle originarie. Se lo spostamento non è possibile, il datore di lavoro avverte la DPL la quale dispone l’anticipazione o il prolungamento dell’interdizione dal lavoro per il periodo di tutela previsto.


Lavori vietati in gravidanza – Fino a sette mesi dopo il parto, il datore di lavoro non può far svolgere alla neomamma lavori pericolosi, faticosi e insalubri. In particolare, la lavoratrice non può passare più di metà giornata lavorativa in piedi o in posizione scomoda (con riferimento, ad esempio, a commesse e cameriere), non può essere impiegata in mansioni a rischio cadute né trasportare o sollevare pesi. Non può, parimenti, utilizzare macchinari che trasmettano vibrazioni intense né salire a bordo di qualsiasi mezzo di comunicazione in moto, come aerei, navi, pullman. Non può, poi, effettuare lavori in ambienti a temperature troppo basse o troppo alte (ad esempio in celle frigorifere o in presenza di forni) e, come detto, non può avere a che fare con agenti chimici e affini, né lavorare di notte.

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La cultura della sicurezza sul lavoro approda tra i banchi di scuola

Previsti incontri sulla prevenzione con testimonianze dirette in materia di infortuni

Importante sinergia tra MIUR e ANMIL in ambito di prevenzione dei rischi sui luoghi di lavoro. Martedì 10 ottobre 2017, a Roma, è stato infatti siglato un protocollo d’intesa tra le due parti. L’obiettivo è quello di divulgare tra i giovani studenti la cultura della sicurezza e il valore della prevenzione nella sfera lavorativa.


L’iniziativa dell’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL) e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) segue, nelle intenzioni, un analogo percorso già intrapreso nel mondo della scuola con un accordo similare siglato nel 2009.


I firmatari del protocollo 2017 sono stati Valeria Fedeli, titolare del dicastero e Franco Bettoni, presidente nazionale ANMIL. Il tema della cultura della sicurezza arricchirà i percorsi curriculari degli studenti, di ogni ordine e grado, sia sotto l’aspetto teorico-normativo sia prevedendo incontri mirati con gli addetti ai vari settori lavorativi. La testimonianza diretta di infortuni, nella fattispecie, sarà uno degli strumenti principali dei percorsi sulla prevenzione.

In tale ottica, per agire in maniera più pregnante sull’attenzione degli studenti, sarà determinante l’esperienza ultraventennale che ANMIL ha nelle scuole, sviluppata con un approccio pedagogico innovativo in relazione alla trattazione della delicata tematica. Il protocollo d’intesa, peraltro, è stato ufficializzato a ridosso della 67esima Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, celebrata domenica 8 ottobre e promossa proprio da ANMIL.

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Come redigere il Piano Operativo di Sicurezza – L’esperto risponde

Questa settimana parliamo del Piano Operativo di Sicurezza insieme al nostro esperto Matteo Taddeucci, Dottore in Tecniche della Prevenzione negli ambienti e luoghi di lavoro.

Cos’è il Piano Operativo di Sicurezza?

ll Piano Operativo di Sicurezza (POS) è il documento che un datore di lavoro deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere esterno. Il POS rappresenta il dettaglio della valutazione dei rischi già prevista dall’art. 4 del D.Lgs. 626/94, ora abrogato e sostituito dal Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro approvato con decreto legislativo 9 aprile 2008 , n. 81 e successive modifiche, articoli 17 e 28, per le attività che si prevede di eseguire in un cantiere edile. Lo stesso deve essere sviluppato secondo i contenuti previsti nel Titolo IV – allegato XV

Come si  redige un Piano Operativo di Sicurezza?

Il documento deve riportare necessariamente una serie di informazioni e contenuti minimi, relative al cantiere nel quale opera l’impresa e valutazioni precise dei rischi ai quali sono sottoposti i lavoratori.

E’ necessario inserire nella redazione del Piano gli allegati:

  • attestati di formazione dei lavoratori;
  • attestati dell’RSPP;
  • verbale di nomina, accettazione e attestati dell’RLS;
  • attestati addetti di pronto soccorso e antincendio ed evacuazione;
  • verbale di consegna dei DPI;
  • verbale di nomina e accettazione dell’incarico del medico competente.

Il Piano Operativo di Sicurezza non è, tuttavia, un semplice adempimento amministrativo o un inutile prassi burocratica. Il documento deve essere considerato dagli addetti dell’impresa come un prezioso vademecum contenente utili indicazioni per prevenire, o limitare al massimo, i rischi per la salute dei lavoratori. Il POS, inoltre, deve fornire, in maniera dettagliata, tutte le prassi che gli addetti dell’impresa devono seguire per mantenere alti i livelli di sicurezza in cantiere.

Cos’è il modello semplificato?

Il Piano Operativo di Sicurezza con modello semplificato è stato introdotto dal Decreto Interministeriale 9 settembre 2014; si tratta di un modello standardizzato nato con lo scopo di semplificare gli adempimenti formali senza ridurre la tutela del lavoro.

La scelta di redigere il Piano Operativo di Sicurezza con modello semplificato o con metodologia classica è una facoltà del datore di lavoro dell’impresa esecutrice non condizionata né dal tipo di attività svolta dall’impresa né dalla tipologia di cantiere in cui è chiamata ad operare.

Infine aggiunge il Dott.Taddeucci- Il Modello semplificato nasce con la finalità di essere il più possibile chiaro, facile da seguire e di aiuto nella corretta interpretazione di quanto previsto dal Dlgs n. 81/2008 senza ridurre in nessun modo i contenuti sostanziali previsti in materia di valutazione del rischio e di misure preventive e protettive da adottare.

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