Coordinatori della sicurezza: ruolo, compiti e responsabilità operative

Coordinatori della sicurezza: ruolo, compiti e responsabilità operative

Il DLgs  81/2008, agli articoli  91 e 92, istituisce le figure del Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione (CSP) e del Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE). Queste figure sono obbligatorie nei cantieri con presenza di più imprese, anche non contemporaneamente, e servono a garantire un livello efficace di tutela della salute dei lavoratori, in conformità al Titolo IV.

Il CSP è nominato dal committente o responsabile dei lavori prima dell’affidamento dell’incarico di progettazione. Deve redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) e il Fascicolo dell’opera, collaborando con i progettisti per integrare le scelte costruttive con le misure di prevenzione. La sua attività comprende l’analisi delle interferenze lavorative, la stima dei costi della sicurezza, la pianificazione temporale e la predisposizione di procedure operative dettagliate (Art. 91 DLgs 81/2008). È richiesto un titolo tecnico, esperienza comprovata, corso di formazione di almeno 120 ore e aggiornamento quinquennale obbligatorio.

Il CSE entra in funzione all’inizio dei lavori quando operano più imprese, anche in fasi diverse. Vigila sull’effettiva applicazione del PSC, verifica la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS), coordina tra i datori di lavoro e garantisce l’efficacia delle misure previste. In caso di pericolo grave e imminente o violazioni macroscopiche, ha il potere di sospendere le attività e segnalare formalmente al committente o alle autorità competenti (Art. 92 D.Lgs. 81/2008). Anche per lui è previsto un corso abilitante di 120 ore e aggiornamenti periodici.

Per il CSE la giurisprudenza chiarisce che il compito è limitato ai rischi interferenziali: non assume il controllo del rischio specifico di ciascuna impresa, che rimane di competenza del datore di lavoro dell’impresa esecutrice. Interviene direttamente solo se rileva criticità evidenti e imminenti che ledono la sicurezza generale del cantiere.

Le responsabilità civili e penali possono gravare su entrambe le figure in caso di omissioni. La scelta di un coordinatore ineleggibile per esperienza o formazione (culpa in eligendo) è causa di responsabilità del committente. L’omissione della vigilanza da parte del CSE, soprattutto se accompagnata da documentazione incompleta o assente, può concorrere nella causazione dell’infortunio sul lavoro.

Sicurezza antincendio negli alberghi: linee guida INAIL e applicazione del Codice

Sicurezza antincendio negli alberghi: linee guida INAIL e applicazione del Codice

Il volume INAIL del 2023 approfondisce la prevenzione incendi nelle attività ricettive turistico‑alberghiere, integrando la Regola Tecnica Verticale V.5 del Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 9 agosto 2016, con aggiornamenti 2020) e la normativa tradizionale del D.M. 9 aprile 1994. La pubblicazione, realizzata in collaborazione con Vigili del Fuoco e Consiglio Nazionale degli Ingegneri, applica un caso studio pratico per un albergo da circa 240 posti letto, mettendo a confronto approccio prescrittivo e prestazionale.

Principali contenuti e innovazioni operative

La pubblicazione evidenzia come il progetto antincendio possa seguire due percorsi: la regola tradizionale del 1994 o la metodologia prestazionale del Codice 2015 integrata dalla RTV V.5.

La RTV V.5 riguarda attività ricettive con oltre 25 posti letto e prescrive la valutazione del rischio secondo i capitoli G.2 e G.3, con strategie operative personalizzate sulla base delle caratteristiche strutturali e gestionali dell’edificio. Il confronto tra gli esiti progettuali dei due approcci costituisce il fulcro dello studio.

Implicazioni pratiche per imprese e professionisti

L’adozione del modello V.5 consente soluzioni più flessibili e adattabili alle specificità della struttura ricettiva senza rinunciare alla sicurezza. Le imprese devono predisporre progetti conformi, incluse reti idranti, sprinkler, piani di evacuazione e gestione dell’emergenza, corredati da documentazione dettagliata. Nei casi previsti dal D.P.R. 151/2011 le attività sono soggette a certificato di prevenzione incendi rilasciato dai Vigili del Fuoco, con validità quinquennale .

Norme di prevenzione al rischio esposizione DEE

Norme di prevenzione al rischio esposizione DEE

Il DLgs 81/2008 è stato aggiornato dal D.I. 11 febbraio 2021, recependo la Direttiva (UE) 2019/130: le emissioni dei gas di scarico dei motori diesel (DEE) sono ufficialmente riconosciute come cancerogeni di gruppo 1 dall’IARC. Gli Allegati XLII e XLIII introducono così nuove indicazioni e valori limite, estendendo le misure di tutela del Titolo IX del Testo Unico. Le aziende sono ora impegnate non solo nella valutazione del rischio, ma anche nell’attuazione di procedure analitiche, sorveglianza e prevenzione dell’esposizione DEE.

Cosa dice la circolare INAIL sullo scarico dei DEE

La circolare operativa INAIL 2025 (Dimeila) fornisce una scheda tecnica aggiornata con strategie per rilevazione e controllo dell’esposizione ai gas di scarico diesel. La misurazione del carbonio elementare, tracciato aerodisperso, è utilizzata come indicatore principale del rischio occupazionale. Il valore limite di esposizione professionale (VLEP) è stato fissato a 0,05 mg/m³ su un turno lavorativo di 8 ore; il valore di fondo per la popolazione generale, stimato a 0,005 mg/m³, serve come riferimento non operativo per delineare l’esposizione specifica.

Il documento INAIL indica le categorie lavorative maggiormente a rischio: officine meccaniche, esercizi di revisione auto, strutture con carrelli elevatori diesel, ditte di trasporto, casellanti e personale aeroportuale. Viene inoltre suggerita una strategia di confronto tra valori misurati in ambiente di lavoro e quelli esterni al sito produttivo per distinguere l’esposizione professionale da quella ambientale.

I datori di lavoro devono aggiornare il DVR includendo il rischio DEE, predisporre una sorveglianza sanitaria specifica per i lavoratori esposti, avviare registrazione obbligatoria degli esposti e pianificare misure preventive efficaci. Tra queste: sistemi di ventilazione meccanica, uso di tecnologie per la riduzione delle emissioni, dispositivi di aspirazione localizzata e, ove necessario, l’utilizzo di DPI respiratori idonei.

Chi paga davvero? Il caso Napoli e i reati sul lavoro. Analisi sull’incidente del 25 luglio 2025

Il caso di Napoli e i reati sul lavoro. Analisi sull’incidente del 25 luglio 2025

Il 25 luglio 2025, Napoli è stata teatro di una tragedia sul lavoro nel quartiere Vomero. Tre operai, impegnati nella manutenzione di un tetto, sono precipitati da un’altezza di circa 25 metri da un cestello elevatore a seguito di un cedimento strutturale, perdendo la vita. Le prime ricostruzioni parlano di un ribaltamento del cestello, la rottura di un perno o un guasto al meccanismo di fine corsa.

Le indagini preliminari sulla tragedia di Napoli hanno evidenziato circostanze gravissime: due delle tre vittime lavoravano “in nero” e nessuno indossava i dispositivi di protezione individuale (DPI) obbligatori, come caschi e imbracature. Al momento, quattro persone risultano indagate, tra cui il titolare dell’impresa esecutrice, il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) e l’amministratore del condominio. Un atto dovuto per avviare gli accertamenti medico-legali e tecnici.

Posizioni di garanzia e responsabilità penale nel caso di Napoli

Il DLgs 81/08 costituisce il pilastro della sicurezza sul lavoro in Italia. Alla base, il principio della “posizione di garanzia”, che attribuisce responsabilità penale a chi, pur tenuto giuridicamente a impedire un evento lesivo, omette di farlo (art. 40, co. 2, c.p.).

L’incidente di Napoli mostra come più soggetti – committente, coordinatore, impresa esecutrice e proprietario dell’attrezzatura – possano condividere la responsabilità. La giurisprudenza chiarisce che le posizioni di garanzia si sommano e non si escludono, moltiplicando le possibili imputazioni.

Le norme principali applicabili:

  • Art. 589 c.p. – Omicidio colposo: aggravato se avvenuto in violazione di norme antinfortunistiche. La pena passa da 2 a 7 anni, elevabile fino a 15 anni in caso di più morti;
  • Art. 590 c.p. – Lesioni colpose: aggravate se legate alla violazione delle norme di prevenzione.

Nel caso di Napoli, con tre decessi e gravi inadempienze (lavoratori irregolari, DPI assenti, attrezzatura sospetta), l’aggravante dell’art. 589 è quasi certa, con importanti conseguenze in termini di responsabilità e pene.

Chi rischia e per cosa: l’analisi dei ruoli coinvolti

1. Il committente / amministratore di condominio

Il committente è responsabile della verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’impresa affidataria. La “culpa in eligendo” non si esaurisce in una verifica documentale formale: deve essere sostanziale. Se l’impresa scelta era inadeguata, l’amministratore può essere ritenuto corresponsabile dell’incidente.

2. Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE)

Il CSE è garante dell’alta vigilanza sui rischi interferenziali. Deve verificare l’attuazione del PSC, la congruità dei POS e intervenire se emergono pericoli gravi o macroscopiche violazioni, come l’assenza di DPI.

3. Il concedente in uso dell’attrezzatura

Il soggetto che noleggia attrezzature da lavoro deve garantirne la conformità, la manutenzione e il corretto stato d’uso (art. 72 DLgs 81/08), oltre a raccogliere attestazioni sulla formazione degli utilizzatori. La responsabilità è in genere amministrativa, ma può diventare penale se il difetto era noto, prevedibile e legato al cedimento.

4. Il datore di lavoro dell’impresa esecutrice

Il datore di lavoro è il principale garante della sicurezza. L’impiego di lavoratori “in nero” e la mancata fornitura di DPI e formazione costituiscono gravi violazioni. Le omissioni lo espongono all’accusa di omicidio colposo aggravato e a numerose contravvenzioni del Testo Unico.

Formazione e DPI: obblighi e reati

I lavoratori deceduti non erano formati né dotati di DPI. Il datore di lavoro ha precisi obblighi di:

La condotta del lavoratore non esonera il datore

Secondo la Cassazione, la condotta imprudente del lavoratore non interrompe il nesso di causalità se l’ambiente di lavoro è insicuro per carenze strutturali o organizzative. Solo condotte del tutto imprevedibili (“abnormi”) possono escludere la responsabilità datoriale.

Raccomandazioni operative per le imprese

  • Verifica sostanziale dei fornitori: controllo approfondito dell’idoneità tecnica, documentazione sulla sicurezza, DVR, POS, certificazioni;
  • Controllo dei lavoratori: assunzione regolare, formazione documentata, DURC;
  • Formazione continua: anche per contratti atipici o brevi. Documentare tutto;
  • Vigilanza sui DPI: non basta fornirli; bisogna verificarne l’uso effettivo;
  • Zero tolleranza per il lavoro nero: amplifica le responsabilità penali;
  • Documentazione e segnalazioni: obbligo di tracciare ogni anomalia rilevata;
  • Manutenzione delle attrezzature: verifiche e registrazioni costanti.

Conclusioni

L’incidente di Napoli mostra con drammatica evidenza quanto le omissioni in materia di sicurezza possano diventare reati gravi, con conseguenze personali e aziendali devastanti. Ogni soggetto coinvolto in un cantiere ha una precisa posizione di garanzia. Ignorarla espone a responsabilità penali rilevanti, aggravate in presenza di vittime. La sicurezza non è un adempimento, ma un presidio di legalità e tutela umana.

Valutazione dell’infortunio da sostanze chimiche: quadro generale

La valutazione dell’infortunio da sostanze chimiche

Un saggio medico-legale affronta il tema complesso della valutazione dell’infortunio professionale derivante da esposizioni a sostanze chimiche. Il contributo, pubblicato su Diritto della sicurezza sul lavoro e sviluppato dall’Osservatorio Olympus, pone l’accento sulla necessità di un approccio multidisciplinare che integri il diritto, la medicina del lavoro e la medicina forense.

Definire l’infortunio: aspetti medico-legali

La definizione di “infortunio lavorativo” richiede precisione nel contesto delle esposizioni chimiche. Il medico legale valuta non solo l’evento, ma le modalità di contatto, la dose ricevuta, le condizioni operative e il tempo di latenza degli effetti. Questa complessità rende ogni caso unico e difficilmente standardizzabile.

Criticità nella valutazione: esposizione, dosi e effetti

Valutare un infortunio da sostanze chimiche significa affrontare diverse criticità: misurazione ambientale, istanza biologica dosimetrica, correlazione tra dose ed effetto, tempo di esposizione e varietà dei meccanismi d’azione tossica. Tali elementi richiedono la collaborazione tra igienisti industriali, tossicologi e medici legali per una corretta caratterizzazione del rischio.

Limiti normativi e metodologici nella valutazione

La normativa vigente prevede la valutazione dei rischi chimici nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) secondo il DLgs 81/2008, ma i criteri quantitativi non sono sempre sufficientemente espliciti. Questo implica che molte analisi, soprattutto nelle PMI, si basino su modelli semiquantitativi, algoritmi operativi o checklist, anziché su misurazioni puntuali.

Esempi giudiziari: importanza delle procedure adeguate

Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 7415/2024) ha evidenziato l’infortunio in un lavoratore esposto a sostanze chimiche durante operazioni di travaso. La Corte ha escluso l’efficacia protettiva in presenza di una procedura operativa inidonea e di omissioni nella valutazione del rischio, confermando la responsabilità legale del datore di lavoro.

Ruolo della tossicologia industriale: dal TLV alla dose risposta

La tossicologia industriale svolge un ruolo chiave nella definizione dei limiti occupazionali (TLV), nella comprensione delle relazioni dose‑effetto e nella caratterizzazione delle esposizioni. Solo attraverso tale expertise è possibile integrare informazione scientifica e valutazione preventiva con la medicina legale del risarcimento.

Importanza della valutazione multidisciplinare

Il saggio evidenzia come la valutazione efficace richieda l’integrazione di più discipline: igiene industriale per le misure ambientali, tossicologia clinica per gli effetti, medicina legale per la responsabilità e qualifica giuridica dell’infortunio. Solo così è possibile garantire chiarezza, coerenza e tracciabilità nella gestione del caso.

Aggiornamenti e revisione del DVR

Il DVR deve essere aggiornato ogni qualvolta emergano nuove informazioni tossicologiche, cambiamenti nelle sostanze impiegate o casi reali di esposizione sanitaria. La normativa stabilisce che tale valutazione non sia statica, ma iterativamente affinata con dati aziendali e clinici.

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