norma  ISO 45002:2023

Il preposto per la Sicurezza

Il preposto è colui che sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone le corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa, con o senza investitura formale del datore di lavoro.

Come sottolinea l’articolo 19 del Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro, il preposto è una delle figure operative più importanti per la realizzazione della sicurezza in azienda.

Il ruolo del Preposto per la Sicurezza è variato moltissimo, a partire dalla formazione. L’obbligo di aggiornamento della formazione specifica è stato portato da una periodicità quinquiennale ad una biennale.

La nomina non ha una durata prestabilita, perché dipende dalle mansioni svolte dal alvoratore stesso nell’organigramma aziendale.

La figura del Preposto della Sicurezza

Il Preposto della Sicurezza si occupa principalmente di sorvegliare le attività lavorative degi altri dipendenti garantendo l’atttuazione e l’esecuzione delle direttive del datore di lavoro.

Fra gli obblighi principali:
  1. verificare chi accede alle zone esposte al rischio;
  2. richiedere l’osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
  3. informare i lavoratori esposti al rischio di un pericolo circa il rischio stesso;
  4. astenersi dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
  5. segnalare al datore di lavoro o al dirigente sia le inefficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo;
  6. frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37 del Testo Unico.

Quando il lavoratore non segue le indicazioni in materia di salute e sicurezza così come individuate dal datore di lavoro e dai dirigenti può interrompere le attività;

Se viene a conoscenza di carenze non conformità tali da creare situazioni di pericolo è obbligato a interrompere qualsiasi attività.

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Cassa integrazione, ok dall’INPS se si superano i 35 gradi

Cassa integrazione se si superano i 35 gradi. Come funziona? Quali sono i mestieri più a rischio?

Effettivi o percepiti, se il termometro supera i 35 gradi si può andare in cassa integrazione. La decisione arriva dopo la morte di Luca Cappelli, operaio deceduto a causa del caldo.

Quali sono i mestieri a rischio?

I lavori di stesura del manto stradale, quelli di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all’aperto con indumenti di protezione.

Nel computo rientrano anche tutte le fasi lavorative “che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore”.

Come richiedere la cassa integrazione?

Nella richiesta per abilitare la cassa integrazione ‘speciale’ va indicata la causale eventi meteo.

Nella domanda e nella relazione tecnica vanno poi indicate le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

Non è invece necessario produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura in quanto l’Inps riconosce la cassa integrazione ordinaria in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda disponga la sospensione delle lavorazioni accertata la sussistenza di rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive.

Il videcum di Inail

Nel frattempo Inail ha pubblicato un videcum pronto all’uso, realizzato nell’ambito delle attività del progetto Workclimate per la prevenzione delle patologie da calore sui luoghi di lavoro.


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Protocollo Covid-19 aggiornato. Le misure sui luoghi di lavoro

È stato aggornato il protocollo Covid-19. Sui luoghi di lavoro sono state aggiornate le misure da tenere per contenere il contagio da Covid-19.

Il protocollo Covid-19

Il datore di lavoro, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori e chiunque entri nel luogo di lavoro del rischio di contagio da Covid-19 e delle misure precauzionali da adottare.

Le misure precauzionali indicate dal protocollo Covid-19
  • Non poter permanere in azienda in caso di sintomi e doverli dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano;
  • rispettare le disposizioni delle Autorità sanitarie e del datore di lavoro;
  • rispettare un’adeguata distanza sui luoghi di lavoro.

Inoltre il datore di lavoro deve fornire un’informazione adeguata sulla base delle mansioni e dei contesti lavorativi cui il personale deve attenersi in particolare sul corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI).

L’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato.

Inoltre:

  • occorre sanificare gli spogliatoi;
  • occorre garantire la sanificazione periodica e la pulizia giornaliera;

Orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare assembramenti.

donne

Inail, Dossier Donne 2022: “Sicurezza lavoro, serve formazione”

Per l’Inail l’Italia è ancora lontana dai Paesi più avanzati a livello di sicurezza, nel focus su donne e lavoro

Sul sito dell’Inail è stato pubblicato il Dossier donne 2022, che analizza l’andamento al femminile di infortuni sul lavoro e malattie professionali attraverso il confronto tra i dati mensili provvisori del 2020 e 2021, rilevati al 31 dicembre di ciascun anno, e quelli consolidati del quinquennio 2016-2020, rilevati alla data dello scorso 31 ottobre.

Denunce per contagi Covid, 7 su 10 sono di donne

Dal documento, elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, emerge che l’incidenza degli infortuni al femminile rispetto al totale tra il 2016 e il 2019 è rimasta pressoché costante e pari mediamente al 36%, mentre nel 2020 è salita di ben sette punti percentuali fino al 43%, complice anche il maggior numero di contagi sul lavoro da Covid-19 delle donne rispetto agli uomini. Su 211.390 infezioni di origine professionale denunciate dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 31 gennaio, infatti, ben 144.353, pari a poco meno di sette contagi su 10, riguardano le lavoratrici.

L’effetto Covid sui decessi in itinere

L’impatto delle restrizioni per il contenimento dell’emergenza sanitaria è particolarmente evidente se si concentra l’attenzione sulle denunce di infortuni mortali avvenuti in itinere, cioè nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Nel 2020, infatti, l’incidenza di questo tipo di incidenti tra le lavoratrici è stata pari a un decesso su cinque (38 su 188), rapporto che per gli uomini scende a uno su otto (190 su 1.452). Negli anni pre-pandemia, prima del massiccio ricorso allo smart working in chiave anti contagio, la quota di itinere sul totale era invece molto più elevata per entrambi i sessi (il 50% per le donne e il 25% per gli uomini).

I primi dati del 2021

Il nuovo Dossier donne dell’Inail si sofferma anche sui primi dati, ancora provvisori, del 2021, da cui emerge un decremento del 14,2% (da 233.731 a 200.557) rispetto all’anno precedente degli infortuni delle lavoratrici denunciati all’Istituto, a fronte di un aumento del 10,6% (da 320.609 a 354.679) di quelli maschili. I casi mortali sono stati nel complesso 1.221, 49 in meno rispetto ai 1.270 denunciati nel 2020 (-3,9%). Questo calo riguarda sia la componente maschile, i cui decessi denunciati sono stati 37 in meno, da 1.132 a 1.095, sia quella femminile, che ha fatto registrare 12 casi mortali in meno, da 138 a 126.

“Passi avanti, ma ancora molto lavoro da fare”

Teresa Amato e Francesca Maione, membri del Cda di Inail, in prefazione al Dossier Donne lanciano infatti l’allarme. “Un approccio consapevole al tema della sicurezza sul lavoro non può prescindere dal riconoscimento delle specifiche caratteristiche legate alle differenze di genere”, scrivono le due.

Sebbene l’attenzione del Paese a riguardo sia cresciuta, risulta avere tuttora carattere parziale e disomogeneo. Negli ultimi decenni le donne hanno raggiunto notevoli traguardi nella società, ma siamo ancora lontani dagli standard dei Paesi occidentali più avanzati. La partecipazione al mondo del lavoro delle donne – evidenziano Amato e Maione – è fortemente condizionata dal triplice ruolo di moglie-madre-lavoratrice. La difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e lavoro rappresenta un ostacolo alle pari opportunità”.

Formare sulla prevenzione

Secondo Amato e Maione è necessario “formare adeguatamente gli attori della prevenzione per sensibilizzarli a prevedere tutele differenziate, considerando che i rischi provocano ripercussioni diversificate su lavoratori e lavoratrici”. La prevenzione al femminile, in particolare, “è innanzitutto il sostegno nei confronti di una cultura della sicurezza in un’ottica di genere che sia capace di contrastare ogni forma di discriminazione sul lavoro, promuovendo, come fa l’Inail, ambienti attenti alla persona, inclusivi delle differenze e, anzi, proiettati alla loro valorizzazione”.

👉 Scarica il Dossier Donne 2022


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Formazione in aula, per i lavoratori over 50 obbligo super green pass

Cosa cambia con l’obbligo vaccinale per gli over 50 in materia di corsi di formazione in presenza?

Il DL 1/2022 del 7 gennaio ha introdotto l’obbligo di vaccinazione per i lavoratori con più di 50 anni. Di conseguenza, ha esteso l’obbligo di super green pass (ottenibile con guarigione o, appunto, vaccinazione) per recarsi in fabbrica, in ufficio e in tutti gli altri luoghi di lavoro. Si è così creato un contesto differente anche per quanto riguarda i corsi di formazione in aula.

Difatti, come previsto dal DL 127/2021 convertito nella legge 165/2021, l’obbligo di possedere e presentare il green pass su richiesta si applica “a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi  titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discenti, o di volontariato […] anche sulla base di contratti esterni”

Integrando fra loro i due provvedimenti, ne consegue che i soggetti con più di 50 anni che devono svolgere corsi di formazione in aula possano farlo solo con il super green pass, a prescindere dal colore della zona (vedi tabella).

I lavoratori con meno di 50 anni, invece, possono continuare a frequentare i corsi in aula con il green pass base (ottenibile anche con tampone negativo) in zona bianca e gialla, mentre in zona arancione, a prescindere dunque dall’età, è necessario il possesso del super green pass.


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