Nuove evidenze INAIL sulle fibre sostitutive dell’amianto

Nuove evidenze INAIL sulle fibre sostitutive dell’amianto

Il divieto di utilizzo dell’amianto in Italia, sancito dalla legge 257 del 1992, ha portato alla progressiva introduzione di materiali alternativi nelle lavorazioni industriali e nei prodotti isolanti.

Tuttavia, la sostituzione dell’amianto con fibre di nuova generazione richiede un’analisi approfondita dei potenziali effetti sulla salute dei lavoratori esposti. A tal fine, INAIL ha pubblicato nel maggio 2025 un nuovo fact sheet a cura del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, con l’obiettivo di fornire un quadro aggiornato sulle fibre sostitutive dell’amianto, sulle loro caratteristiche fisico-chimiche e sui risultati di recenti studi sperimentali. Il documento fa riferimento, oltre alla legge 257/1992, anche al Regolamento (CE) n. 1272/2008 sulla classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze pericolose (CLP), con particolare attenzione alle Note Q e R dell’Allegato VI.

Fibre artificiali e policristalline sotto la lente: classificazione e rischi

Il documento INAIL analizza due principali famiglie di materiali sostitutivi: le fibre artificiali vetrose (FAV) e le fibre policristalline (PCW). Le FAV includono diverse sotto-categorie tra cui le fibre AES (Alkaline Earth Silicate) e le HT (High Temperature), largamente utilizzate in edilizia, industria manifatturiera, impianti industriali e produzione di materiali compositi. Queste fibre presentano una elevata biosolubilità, ovvero la capacità di dissolversi più rapidamente nei fluidi biologici, il che ne riduce la biopersistenza nei tessuti polmonari. La normativa europea prevede che le fibre con contenuto di ossidi alcalino-terrosi superiore al 18% possano beneficiare dell’esonero dalla classificazione come cancerogeni, secondo quanto stabilito dalla Nota Q del Regolamento CLP.

Le fibre PCW, impiegate prevalentemente per isolamento termico in condizioni estreme (oltre 1300 °C), presentano invece una maggiore biopersistenza e sono classificate come “possibilmente cancerogene per l’uomo” (Gruppo 2B IARC).

Il fact sheet riporta anche l’impiego di metodologie in vitro per valutare la tossicità di tali materiali su cellule polmonari umane, evidenziando effetti infiammatori, ossidativi e, in alcuni casi, genotossici, seppur in misura inferiore rispetto alle fibre ceramiche refrattarie.

Impatti concreti per imprese e lavoratori: obblighi e misure di prevenzione

Sebbene molte delle fibre sostitutive dell’amianto siano considerate meno pericolose, il documento sottolinea la necessità di adottare un approccio prudenziale nella loro gestione. Le imprese che utilizzano o trattano materiali contenenti FAV o PCW devono garantire un’efficace sorveglianza dell’esposizione, predisporre adeguati sistemi di ventilazione, adottare dispositivi di protezione individuale e formare adeguatamente i lavoratori sui rischi connessi. I comparti produttivi più coinvolti comprendono il settore edile, la manutenzione di impianti termici e industriali, la produzione di isolanti e l’industria chimica.

Il documento INAIL propone inoltre di integrare le pratiche di prevenzione con l’uso di biomarcatori sensibili di esposizione ed effetto, in grado di rilevare precocemente eventuali alterazioni biologiche nei soggetti esposti. Rilevante anche l’invito a rafforzare gli studi epidemiologici su popolazioni lavorative a rischio, per colmare le attuali lacune conoscitive sugli effetti a lungo termine.

Per le aziende, ciò implica la necessità di aggiornare le valutazioni del rischio, includendo analisi specifiche per le fibre sostitutive e una più attenta selezione dei materiali da impiegare nei processi produttivi. La classificazione di queste sostanze ai sensi del Regolamento CLP e la presenza di eventuali etichettature obbligatorie devono essere verificate con attenzione, soprattutto in relazione all’obbligo di informare i lavoratori e i rappresentanti per la sicurezza.

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