Lavoro da qualsiasi luogo: gestire i nuovi rischi

Lavoro da qualsiasi luogo: gestire i nuovi rischi

L’evoluzione verso il lavoro da qualsiasi luogo, noto internazionalmente come “Work from Anywhere”, rappresenta una trasformazione radicale che supera il concetto tradizionale di smart working, ponendo sfide inedite per l’applicazione del Dlgs 81/2008.

Se la normativa vigente sulla salute e sicurezza è stata concepita attorno alla centralità del luogo di lavoro fisico sotto il controllo giuridico del datore di lavoro, la fluidità attuale impone un cambio di paradigma interpretativo e operativo. L’obbligo di tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore, sancito dall’articolo 2087 del Codice Civile, rimane inalterato, ma le modalità di adempimento devono necessariamente adattarsi a contesti in cui il perimetro aziendale si dissolve. Non si tratta più di verificare la conformità di un ufficio stabile o di una postazione domestica fissa, ma di garantire la sicurezza in ambienti dinamici ed eterogenei, come spazi di coworking, luoghi pubblici o abitazioni temporanee.

In questo scenario, l’informativa e la formazione, previste dagli articoli 36 e 37 del Testo Unico, assumono un ruolo preponderante rispetto alle misure tecniche strutturali, trasferendo parte della responsabilità della gestione del rischio sulla consapevolezza e sulla cultura della prevenzione del singolo lavoratore.

I rischi specifici nel lavoro da qualsiasi luogo

L’implementazione di politiche di lavoro da qualsiasi luogo richiede un’analisi approfondita dei rischi emergenti, che devono essere accuratamente mappati nel documento di valutazione dei rischi (DVR). A differenza del telelavoro o del lavoro agile “standard”, dove le postazioni possono essere verificate o autocertificate una tantum, la mobilità continua espone il dipendente a condizioni ergonomiche e ambientali imprevedibili e mutevoli.

L’utilizzo prolungato di dispositivi portatili (laptop, tablet) in postazioni di fortuna, prive di sedute ergonomiche o piani di appoggio adeguati, incrementa esponenzialmente il rischio di disturbi muscolo-scheletrici (DMS). A ciò si aggiungono i fattori ambientali non controllabili, come l’illuminazione scarsa o eccessiva, il microclima inadeguato e l’inquinamento acustico, che possono impattare sulla capacità di concentrazione e sul benessere visivo. Inoltre, la digitalizzazione spinta comporta rischi legati alla sicurezza dei dati e alla vulnerabilità delle connessioni, creando un’intersezione sempre più stretta tra la sicurezza fisica (safety) e la sicurezza informatica (security), dove un comportamento imprudente può compromettere sia l’asset aziendale che la serenità lavorativa.

Prevenzione dei rischi psicosociali e tecnostress

Le implicazioni più insidiose di questa modalità lavorativa riguardano la sfera dei rischi psicosociali, un ambito che il datore di lavoro è tenuto a valutare e gestire con estrema attenzione. La dissoluzione dei confini spaziali e temporali tra vita privata e attività professionale può generare fenomeni di iperconnessione, portando al cosiddetto tecnostress e al burnout. L’assenza di un luogo fisico condiviso rischia inoltre di causare isolamento professionale, allentando il legame fiduciario con l’azienda e riducendo il supporto sociale tra colleghi.

Per mitigare questi rischi, è indispensabile che le organizzazioni definiscano policy chiare che garantiscano il diritto alla disconnessione, stabilendo fasce orarie di reperibilità e momenti di riposo inviolabili. Dal punto di vista operativo, l’azienda deve fornire dotazioni strumentali adeguate (come supporti per laptop, tastiere e mouse esterni) per rendere ergonomiche le postazioni mobili e investire in una formazione specifica che educhi il lavoratore all’autovalutazione del rischio ambientale. Promuovere una leadership gentile e basata sugli obiettivi, piuttosto che sul controllo orario, diventa la strategia vincente per trasformare la flessibilità in un reale vantaggio competitivo, tutelando la salute mentale e fisica delle risorse umane.

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