Le lavoratrici risultano significativamente più esposte ai disturbi muscolo-scheletrici rispetto ai colleghi uomini, ma questo dato epidemiologico non è ancora pienamente riconosciuto e affrontato nei processi di valutazione dei rischi. Secondo quanto emerso dall’approfondimento “Le donne e le patologie muscoloscheletriche: criticità e diseguaglianze”, pubblicato nell’eBook “Alleggeriamo il carico…” promosso da CIIP e INAIL, persistono squilibri legati all’organizzazione del lavoro e al mancato riconoscimento delle specificità di genere.
La normativa italiana, come anche gran parte della letteratura tecnica, si è sviluppata in un’ottica neutra, che tende a ignorare le differenze fisiche e biomeccaniche tra uomini e donne. Ne consegue che i rischi presenti nei settori a prevalente occupazione femminile – come sanità, assistenza, commercio e servizi alla persona – sono spesso sottovalutati o inquadrati erroneamente.
Inoltre, la sovrapposizione tra lavoro retribuito e lavoro domestico non retribuito, che grava soprattutto sulle donne (2,5 ore al giorno in media), contribuisce ad aumentare il carico biomeccanico complessivo, con ricadute sulla salute.
Le patologie più frequenti nelle donne lavoratrici e le evidenze INAIL
I disturbi muscolo-scheletrici più diffusi tra le lavoratrici includono la sindrome del tunnel carpale, l’epicondilite, le tendiniti della spalla e le patologie della cuffia dei rotatori. Le cause più comuni sono movimenti ripetitivi, posture fisse o incongrue, sollevamento di carichi anche modesti ma frequenti, attività in ambienti ristretti o su superfici non ergonomiche.
Secondo i dati INAIL raccolti tra il 2014 e il 2018, le donne risultano più colpite rispetto agli uomini per tutte le principali patologie muscoloscheletriche da sovraccarico biomeccanico. In particolare, le rendite per malattia professionale correlate a tali patologie rappresentano il 58% del totale delle rendite assegnate alle lavoratrici, contro il 49,8% rilevato tra gli uomini. Questi dati confermano una maggiore vulnerabilità, probabilmente legata non solo a fattori biologici e antropometrici, ma anche alla scarsa attenzione dedicata a una corretta progettazione ergonomica delle postazioni nei settori ad alta incidenza femminile.
Diseguaglianze nel riconoscimento e mancanza di prevenzione mirata
Nonostante l’evidenza epidemiologica, il tasso di riconoscimento delle malattie professionali nelle donne è ancora inferiore rispetto a quello degli uomini: solo il 36,9% delle denunce viene accolto, contro il 43,9% del genere maschile. Questa disuguaglianza riflette una carenza sia nella fase di valutazione che nei modelli di prevenzione.
In molti contesti, il lavoro femminile continua a essere percepito come “leggero”, e ciò ostacola l’applicazione di strumenti valutativi adeguati, come l’analisi quantitativa dei carichi e l’impiego di check-list ergonomiche differenziate.
Le autrici dell’eBook richiamano l’attenzione sulla necessità di sviluppare strumenti di valutazione più sensibili al genere, formare i professionisti della sicurezza sul tema delle disuguaglianze e potenziare la ricerca scientifica su specificità fisiologiche e biomeccaniche femminili. Serve infine una strategia integrata nazionale e regionale, capace di indirizzare risorse, formazione e cultura della prevenzione verso una maggiore tutela della salute delle donne nei luoghi di lavoro.