In caso di caduta mortale in cantiere, la responsabilità civile può coinvolgere diverse figure professionali, tra cui il datore di lavoro e il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE). La sentenza n. 20947/2025 della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su questi ruoli, in un caso che ha coinvolto la morte di un lavoratore precipitato dall’alto durante le operazioni di cantiere.
La sentenza e la responsabilità del datore di lavoro e del CSE
Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva ribaltato la sentenza assolutoria di primo grado, riconoscendo responsabilità sia al datore di lavoro che al CSE per la caduta mortale. La Corte d’Appello aveva ritenuto che il datore di lavoro fosse responsabile per non aver predisposto adeguate misure preventive, in particolare in relazione alla sicurezza sul lavoro in quota.
D’altra parte, il CSE era stato ritenuto responsabile per non aver verificato che le misure previste nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) fossero effettivamente attuate, nonostante avesse fatto un sopralluogo in cantiere pochi mesi prima dell’incidente, durante il quale erano state date delle prescrizioni che non erano state verificate.
La difesa del datore di lavoro e del CSE
Entrambi gli imputati hanno contestato la condanna, sostenendo che la responsabilità dell’incidente con la caduta mortale non fosse imputabile a loro. Il datore di lavoro ha affermato che il lavoratore fosse intervenuto autonomamente in un’area non prevista per i lavori e senza l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Il CSE, d’altra parte, ha argomentato che il suo ruolo fosse limitato alla vigilanza generale e che non fosse sua responsabilità controllare le lavorazioni quotidiane, che erano di competenza di altre figure operative. Inoltre, ha negato un nesso causale tra il sopralluogo effettuato mesi prima e l’incidente che aveva portato alla morte del lavoratore.
La decisione della Cassazione sulla caduta mortale
La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente i ricorsi, rimettendo in discussione la sentenza della Corte d’Appello per gravi carenze sia nella motivazione che nelle garanzie processuali. Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello avrebbe dovuto rinnovare l’esame delle testimonianze decisive, poiché la sua condanna per la caduta mortale si basava su una diversa valutazione delle prove rispetto al primo grado. Inoltre, è stata criticata l’assenza di una motivazione adeguata che giustificasse una condanna dopo un’assoluzione in primo grado.
Il ruolo del CSE e la sua responsabilità
La Corte di Cassazione ha sottolineato l’illogicità nell’attribuire la responsabilità al CSE, chiarendo che il suo ruolo non prevede un controllo diretto e costante sulle lavorazioni in cantiere. La vigilanza sul cantiere e l’attuazione concreta delle misure di sicurezza spettano ad altre figure, come il datore di lavoro e le figure operative specifiche. Il CSE ha il compito di coordinare la sicurezza durante l’esecuzione dei lavori, ma non di monitorare le singole attività quotidiane, soprattutto in relazione alla verifica dell’effettiva implementazione delle misure di sicurezza.
Inoltre, la Corte ha escluso che vi fosse un nesso causale tra il sopralluogo effettuato dal CSE mesi prima dell’incidente e la morte del lavoratore, ribadendo che non era stato dimostrato che l’azione del CSE avesse avuto un impatto diretto sull’incidente mortale.
Responsabilità del datore di lavoro
La Cassazione, pur annullando la responsabilità del CSE sulla caduta mortale, ha disposto il rinvio del caso riguardante il datore di lavoro, ordinando che un nuovo giudice civile esamini se vi sia responsabilità civile per la morte del lavoratore. La decisione evidenzia l’importanza di un’adeguata gestione della sicurezza sul lavoro da parte del datore di lavoro, in particolare in relazione alla predisposizione delle misure preventive e alla corretta attuazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC).