Il quadro normativo italiano ruota intorno al DLgs 81/2008 e al DLgs 151/2001 (Tutela della maternità/paternità), recependo anche la direttiva comunitaria 92/85/CEE. Queste norme impongono al datore di lavoro l’obbligo di valutare tutti i rischi per la lavoratrice in stato di gravidanza o in allattamento, adattando mansioni, orari e procedure in caso di pericoli.
Congedo di maternità e divieto di lavoro notturno
Secondo il DLgs 151/2001:
- È vietato impiegare la lavoratrice nei due mesi prima e nei tre mesi dopo il parto. In alternativa, se certificato dal medico, è possibile estendere il congedo da un mese prima fino a quattro mesi dopo il parto.
- Se l’attività è gravosa, l’astensione può anticiparsi di tre mesi prima della nascita.
- È vietato al lavoro notturno (dalle 24 alle 6) dalla gravidanza fino al compimento del primo anno di vita del figlio. Il divieto si estende fino a tre anni se solo uno dei genitori è affidatario e convivente.
Divieto di mansioni rischiose: pesi, agenti, radiazioni
Nei confronti della lavoratrice in gravidanza il datore deve:
- Rimuovere la lavoratrice da lavori faticosi, insalubri o pericolosi, tra cui trasporto e sollevamento pesi (art. 7 DLgs 151/2001).
- Allontanarla da mansioni con esposizione a agenti fisici, chimici o biologici nocivi (art. 11).
- Escluderla da attività con radiazioni ionizzanti, onde elettromagnetiche, rumore (≥ 80 dBA in gravidanza, ≥ 85 dBA nel post-partum).
In assenza di mansioni sicure, l’ispettorato territoriale può disporre l’interdizione anticipata fino al compimento dei sette mesi del figlio.
Valutazione specifica del rischio e adeguamenti
Il DLgs 81/2008 all’art. 28 e 183 obbliga il datore a includere nello specifico Documento di Valutazione dei Rischi:
- Rischi per gruppi sensibili, tra cui le lavoratrici in gravidanza e madri.
- Misure di prevenzione e protezione personalizzate.
- Coinvolgimento di RSPP, medico competente e RLS nel processo.
Il datore deve comunicare alle lavoratrici e ai rappresentanti i risultati della valutazione e le azioni conseguenti, modificare orari o mansioni e, in caso di mancata compatibilità, applicare l’interdizione.
Permessi e visite: diritti e modalità
La normativa garantisce permessi retribuiti senza aggravi contrattuali per visite prenatali od ostetriche necessarie. È sufficiente una richiesta scritta e la successiva certificazione con data e orario per usufruire del beneficio.
Estensione fino al nono mese: riflessi operativi
La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto la possibilità di lavorare fino al nono mese di gravidanza, previa certificazione combinata del medico SSN e del medico competente che attesti l’assenza di rischi. Tuttavia, l’applicazione pratica resta limitata a mansioni leggere e senza alcun rischio.
Il datore deve aggiornare il DVR in funzione dello stato avanzato della gravidanza, considerando fattori come postura, movimentazione e stress, e predisporre un piano d’emergenza adeguato alla distanza tra abitazione e luogo di lavoro.
Obblighi informativi e ruolo della lavoratrice
La tutela scatta in seguito alla comunicazione tempestiva dello stato di gravidanza da parte della lavoratrice, che deve consegnare il certificato medico con la data presunta del parto entro due mesi dall’inizio della gravidanza, e successivamente il certificato di nascita entro 30 giorni dal parto.
Il datore, ricevuta la comunicazione, attiva tutte le misure previste, coinvolgendo RSPP, medico competente, RLS e, se necessario, l’ispettorato del lavoro per lo spostamento o l’interdizione.
Impatti operativi per aziende e lavoratrici
Per le imprese è cruciale:
- Integrare nel DVR una valutazione specifica per la gravidanza e il puerperio.
- Predisporre mansioni alternative sicure e compatibili con lo stato di salute.
- Garantire permessi, astensione obbligatoria e divieto di lavoro notturno.
- Prevedere attività leggere fino al nono mese solo su certificazione medica congiunta e aggiornamento DVR.
- Assicurare formazione, informazione e sensibilizzazione sul tema, coinvolgendo tutti gli attori coinvolti.
Per le lavoratrici: far valere il diritto alla protezione, richiedere le certificazioni, comunicare lo stato e usufruire di spostamenti, permessi o interdizioni previsti, senza penalizzazioni economiche o professionali.
L’inosservanza delle norme può comportare violazioni amministrative o penali, con possibile risarcimento danni e contestuale invalidità delle azioni manageriali intraprese in assenza di adeguate procedure.