Il certificato prevenzione incendi, comunemente noto con l’acronimo CPI, rappresenta l’attestazione formale che certifica la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio all’interno di un’attività lavorativa o di un edificio civile.
La normativa di riferimento che disciplina la materia è il Dpr 151/2011, il quale ha semplificato le procedure amministrative trasferendo gran parte della responsabilità sui professionisti tecnici e sui titolari delle attività. Questo regolamento individua un elenco di 80 attività considerate a maggior rischio d’incendio, assoggettandole ai controlli del corpo nazionale dei vigili del fuoco. L’ottenimento del titolo autorizzativo non è un mero adempimento burocratico, ma costituisce un elemento essenziale per l’agibilità dei locali e la tutela dell’incolumità delle persone presenti. La mancanza di tale certificazione, laddove obbligatoria, espone il responsabile dell’attività a conseguenze legali significative, oltre a compromettere la copertura assicurativa in caso di sinistro.
Procedure per il certificato prevenzione incendi
Il regolamento classifica le attività soggette ai controlli in tre categorie distinte (A, B e C) in base al livello di rischio, alla complessità e alla dimensione, determinando così l’iter procedurale per ottenere il certificato prevenzione incendi o la conformità antincendio. Le attività di categoria A sono quelle a basso rischio e con regole tecniche standardizzate; per queste, non è richiesto il parere preventivo dei vigili del fuoco e l’attività può iniziare previa presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (scia) antincendio. Le attività di categoria B presentano un rischio medio e richiedono la valutazione preventiva del progetto da parte del comando dei vigili del fuoco; anche in questo caso, l’attività può avviarsi con la presentazione della scia, e i controlli vengono effettuati a campione. Infine, le attività di categoria C, caratterizzate da un elevato livello di complessità o rischio, necessitano obbligatoriamente della valutazione del progetto e, a seguito della scia, di un sopralluogo tecnico sistematico da parte dei vigili del fuoco, al termine del quale viene rilasciato formalmente il CPI.
Validità temporale e gestione delle responsabilità
Il mantenimento della conformità antincendio richiede una gestione continuativa nel tempo, poiché il titolo abilitativo ha una durata limitata. Generalmente, la validità del certificato o dell’attestazione di rinnovo periodico è di cinque anni, sebbene per alcune specifiche attività a rischio ridotto tale periodo possa estendersi fino a dieci anni. Alla scadenza, il titolare dell’attività è tenuto a presentare un’attestazione di rinnovo periodico, dichiarando l’assenza di variazioni sostanziali alle condizioni di sicurezza e il corretto adempimento degli obblighi di manutenzione dei presidi antincendio (estintori, idranti, porte tagliafuoco, impianti di rilevazione). È fondamentale sottolineare che qualsiasi modifica strutturale, impiantistica o nel ciclo lavorativo che alteri le condizioni di rischio preesistenti comporta la decadenza del titolo e la necessità di avviare una nuova pratica autorizzativa. L’inadempienza agli obblighi di prevenzione incendi comporta sanzioni penali (arresto o ammenda) e amministrative, oltre alla possibile sospensione dell’attività lavorativa fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.


