Dal 23 agosto per accedere alla mensa aziendale sarà necessario il green pass. È un tema divisione affrontato dalle aziende in modo diverso e molto spesso… creativo.
Tra aziende alle prese con il tema del green pass in mensa aziendale, alcune si sono già attivate con alternative per gli sprovvisti del certificato vaccinale, con lunch box o delivery da consumare all’esterno o in appositi spazi. Altre, invece, soprattutto le più piccole, continueranno temporaneamente a seguire le regole del Protocollo di sicurezza: turni, plexiglass, tavoli sanificati e distanziati. Le soluzioni via via trovate sono state divisive anche all’interno delle associazioni datoriali.
Cosa dicono di preciso le Faq?
Come risulta dalle Faq i refettori o la mensa aziendale dovrebbero essere bandite a chi è sprovvisto di green pass perché il Protocollo “impone regole rigide sulla compresenza in spazi comuni, imponendo comunque sempre la mascherina”. Tra le aziende ad aver adottato alternative per i lavoratori senza certificazione, la Hanon Systems di Campiglione Fenile (Torino) è stata la prima a montare la tenda esterna destinata a chi non ha il pass.
Mediaset, Leonardo, Enel, Rai, Barilla stanno invece cercando soluzioni condivise con i sindacati per chi non può accedere alla mensa. Ci sono, inoltre, aziende che si oppongono fermamente all’obbligo del green pass in mensa e altre che sono andate oltre le Faq del Governo e che impongono la certificazione a tutti i dipendenti per entrare in azienda (o in alternativa un tampone rapido ogni 72 ore).
Tra le prime rientra il gruppo Coesia di Bologna, una multinazionale del packaging, che in mensa accetta tutti i dipendenti, senza distinguere tra chi ha o non ha il green pass, perché ritiene la “coesione” dei lavoratori un valore da “tutelare” tanto quanto la loro salute e contro ogni “discriminazione”.