I modelli organizzativi per la gestione della salute e sicurezza sul lavoro si trovano di fronte a una sfida imposta dalla rapida e pervasiva trasformazione digitale. L’introduzione nei processi produttivi di intelligenza artificiale, robotica collaborativa, internet delle cose (IoT) e sistemi di realtà aumentata o virtuale non si limita a modificare le mansioni, ma ridefinisce l’interazione tra uomo, macchina e ambiente.
Questo scenario genera nuove tipologie di rischio che si affiancano a quelli tradizionali: dai rischi cyber-fisici, legati alla sicurezza dei sistemi interconnessi, a quelli ergonomici e psicosociali derivanti da nuove forme di controllo a distanza o dall’interazione con algoritmi. Il quadro normativo, definito primariamente dal Dlgs 81/2008, richiede una valutazione dei rischi (Dvr) completa, ma l’impatto della digitalizzazione impone un salto di qualità: non è sufficiente aggiornare un singolo documento, ma è necessario rivedere l’intero sistema di gestione della sicurezza (Sgsl) per assicurare che sia dinamico e in grado di governare la complessità tecnologica.
L’integrazione dei modelli organizzativi con i nuovi rischi
L’efficacia di un sistema di prevenzione risiede nella sua capacità di integrarsi con l’assetto aziendale. L’articolo 30 del Dlgs 81/2008 individua nel modello di organizzazione e gestione (Mog), conforme anche al Dlgs 231/2001, lo strumento principale per attuare una politica di sicurezza efficace, dotata tra l’altro di efficacia esimente per la responsabilità amministrativa dell’ente. L’avvento delle nuove tecnologie obbliga le imprese a un’analisi critica dei propri modelli.
È necessario mappare come l’intelligenza artificiale utilizzata per la pianificazione, o i cobot che condividono spazi con gli operatori, modifichino le procedure operative e, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione. L’integrazione di questi nuovi fattori nel Mog significa definire nuove responsabilità, stabilire flussi informativi adeguati, aggiornare i protocolli di emergenza e, soprattutto, garantire che la sorveglianza e la vigilanza interna siano tarate su questi nuovi scenari.
Il modello non può rimanere un documento statico, ma deve diventare lo strumento strategico attraverso cui l’azienda analizza, gestisce e controlla proattivamente i rischi derivanti dall’innovazione tecnologica, assicurando la conformità legale e la tutela reale dei lavoratori.
Il ruolo delle buone pratiche e l’impatto aziendale
Di fronte alla velocità del cambiamento tecnologico, che spesso supera i tempi di adeguamento normativo, le buone pratiche assumono un ruolo fondamentale. Definite dall’articolo 2 del Dlgs 81/2008 come soluzioni organizzative o procedurali validate dall’esperienza e ritenute idonee a garantire un elevato livello di tutela, esse diventano un riferimento essenziale.
Per le imprese, l’adozione di buone pratiche, specialmente se validate a livello istituzionale, rappresenta un modo per gestire i rischi emergenti in attesa di standard consolidati. Sul piano pratico, l’impatto sulle aziende è significativo: la direzione deve farsi promotrice di una cultura della sicurezza che veda nella tecnologia un’opportunità da governare e non un rischio da subire passivamente.
Questo richiede investimenti specifici nella formazione, non solo quella obbligatoria, ma una formazione avanzata che spieghi ai lavoratori e ai preposti il funzionamento delle nuove macchine e i rischi connessi al loro utilizzo. La sfida per le imprese è quindi duplice: da un lato, aggiornare il proprio modello organizzativo per includere formalmente i rischi digitali; dall’altro, ricercare e implementare attivamente le migliori soluzioni pratiche disponibili per garantire che l’innovazione sia sinonimo di progresso e, al contempo, di sicurezza.


