Alcol e lavoro: cosa prevede la normativa per le attività a rischio

Alcol e lavoro: cosa prevede la normativa per le attività a rischio

Il divieto di assumere e somministrare bevande alcoliche nei luoghi di lavoro è stabilito dalla legge n. 125 del 30 marzo 2001, articolo 15, che impone l’adozione di misure preventive nelle attività professionali con elevato rischio infortunistico. Il Decreto Legislativo 81/2008, all’articolo 41, comma 4, integra tale divieto nell’ambito della sorveglianza sanitaria, specificando l’obbligo di accertare l’assenza di condizioni di dipendenza o di alterazione psico-fisica dovute all’uso di alcol, soprattutto per le mansioni che espongono a rischi per sé e per gli altri. Ulteriori precisazioni sono contenute nell’Intesa Stato-Regioni del 16 marzo 2006, che individua le categorie di lavoratori per cui vige il divieto assoluto di consumo di alcol durante l’attività lavorativa.

Mansioni soggette al divieto e ambiti operativi

L’allegato 1 all’Intesa del 2006 elenca con chiarezza le mansioni lavorative che comportano divieto assoluto di assunzione di alcolici. Tra queste figurano i conducenti di veicoli per il trasporto di persone o merci, gli addetti alla guida di macchine operatrici, chi esegue lavori in quota superiori ai due metri, gli operatori del settore edile, chi lavora in ambienti confinati e chi è esposto a rischio esplosione. Per queste figure professionali, l’alcolemia deve essere pari a zero durante tutto il turno di lavoro e, se previsto, anche durante il periodo di reperibilità. In tutti gli altri casi non specificati nell’allegato, il divieto è più flessibile: resta comunque proibita l’assunzione di bevande alcoliche durante l’orario lavorativo, ma può essere ammessa, con moderazione, nel momento del pasto, a condizione che non comprometta la capacità lavorativa.

Come gestire il rischio: procedure, controlli e ruoli aziendali

Per le mansioni soggette a divieto assoluto, le aziende devono predisporre apposite procedure operative da inserire nel DVR. Queste procedure devono prevedere misure chiare: divieto di introduzione e consumo di alcol nei locali aziendali, informazione al personale, accordi con mense per escludere la somministrazione di alcolici, e attivazione di controlli tramite alcoltest.

I controlli possono essere eseguiti dal medico competente o dai servizi di prevenzione delle ASL, in modo mirato oppure a campione. Se un lavoratore si rifiuta di sottoporsi al test, può essere allontanato temporaneamente dalla mansione a rischio e assegnato ad altra attività compatibile, fino alla verifica dell’idoneità. In caso di accertata alterazione da alcol, è prevista la sospensione dell’idoneità e, se necessario, il coinvolgimento di strutture sanitarie per l’avvio di percorsi di riabilitazione. Il reinserimento nella mansione originaria può avvenire solo dopo valutazione positiva del medico competente e, in caso di patologie alcol-correlate, solo dopo almeno dodici mesi di astinenza verificata.

Implicazioni per la sicurezza, la salute e l’organizzazione del lavoro

Il consumo di alcol sul lavoro è un fattore di rischio significativo, tanto che alcune stime attribuiscono al suo uso improprio una percentuale compresa tra il 4 e il 20 per cento degli infortuni lavorativi. In termini numerici, si stima che ogni anno in Italia possano verificarsi decine di migliaia di incidenti sul lavoro riconducibili a condizioni di alterazione alcolica. Il controllo del rischio deve quindi essere parte integrante della gestione aziendale della sicurezza. Oltre agli accertamenti del medico competente, le aziende devono organizzare attività formative e informative sui rischi legati all’alcol, promuovendo stili di vita sani. Il datore di lavoro, di concerto con RSPP e RLS, è chiamato a monitorare le condizioni operative, valutare i casi sospetti, attivare eventuali misure correttive o percorsi terapeutici. È possibile prevedere campagne aziendali di sensibilizzazione, che contribuiscono a creare un clima culturale di attenzione al benessere, alla sicurezza e alla responsabilità individuale. I controlli devono essere organizzati in modo rispettoso, proporzionato e non discriminatorio, ma anche efficaci e costanti nel tempo.

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