La recente ordinanza n. 10231 della Corte di Cassazione, depositata il 18 aprile 2025, affronta un tema cruciale per il settore degli appalti: la responsabilità dell’appaltatore nei casi in cui l’esecuzione dell’opera avvenga esclusivamente secondo istruzioni vincolanti del committente. In particolare, la sentenza si concentra sulla figura dell’appaltatore “nudus minister”, ovvero privo di autonomia tecnica ed esecutiva, sollevando interrogativi sulla possibilità di esonerarlo da responsabilità in caso di vizi dell’opera.
Gli appalti nel Codice Civile: autonomia e rischio a carico dell’impresa
Ai sensi dell’art. 1655 del Codice Civile, gli appalto sono contratti con cui una parte (appaltatore) si obbliga a compiere un’opera o un servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e a proprio rischio, in favore di un’altra (committente), dietro corrispettivo in denaro. Dunque, negli appalti il principio cardine è quello dell’autonomia organizzativa e tecnica dell’appaltatore, il quale assume su di sé anche il rischio dell’esecuzione.
Tuttavia, nella prassi, questa autonomia può essere ridimensionata dall’interferenza sostanziale del committente, che impartisce direttive rigide in seno agli appalti, limitando la libertà operativa dell’appaltatore e configurandone un ruolo meramente esecutivo.
Quando l’appaltatore è un “nudus minister”: i requisiti per l’esonero da responsabilità
La Cassazione ha ribadito che la mera esecuzione delle opere secondo le indicazioni progettuali del committente non basta, di per sé, a escludere la responsabilità dell’impresa esecutrice.
In base all’art. 1667 c.c., infatti, l’appaltatore resta responsabile per i vizi e difetti dell’opera, a meno che non siano rispettate determinate condizioni.
In particolare, per vedersi riconoscere l’esonero da responsabilità, l’appaltatore deve dimostrare:
- di aver manifestato un dissenso tecnico motivato rispetto al progetto o alle modalità di esecuzione imposte dal committente;
- di aver evidenziato le criticità progettuali o costruttive in modo documentato;
- che l’esecuzione sia avvenuta esclusivamente per volontà esplicita del committente, in una situazione di tale soggezione da escludere qualsiasi margine decisionale da parte dell’impresa.
Senza tali presupposti, la responsabilità permane in capo all’appaltatore, che è tenuto a eseguire l’opera secondo i criteri della regola d’arte e con la diligenza richiesta all’esperto del settore (art. 1176, comma 2, c.c.).
Il caso concreto: responsabilità condivise tra impresa, subappaltatore e committente
L’ordinanza trae origine da una controversia tra i proprietari di un immobile e un’impresa edile che stava realizzando un fabbricato adiacente. Gli attori lamentavano danni strutturali al proprio edificio, ricollegabili agli scavi e alle palificazioni eseguiti durante il cantiere. L’impresa principale, a sua volta, aveva chiamato in causa il subappaltatore delle opere di fondazione per essere sollevata da eventuali obblighi risarcitori.
La Cassazione, nel dirimere il contenzioso, ha confermato che anche in presenza di subappalto o di direttive imposte dal committente, l’appaltatore resta responsabile a meno che non provi di aver esercitato tutte le cautele dovute e di aver formalmente segnalato le criticità.
L’onere di diligenza attiva per l’impresa appaltatrice
La sentenza sottolinea l’importanza dell’“onere di diligenza attiva” che grava sull’appaltatore, il quale non può limitarsi a eseguire passivamente le indicazioni ricevute. Anche in presenza di progetti errati o interferenze direttive del committente, l’impresa ha l’obbligo di segnalare eventuali anomalie, proporre soluzioni alternative, documentare il proprio dissenso e, se necessario, interrompere i lavori.
In assenza di tali comportamenti, eventuali difformità, danni o vizi nell’opera degli appalti possono essere integralmente imputati all’appaltatore, anche quando non vi sia stata piena autonomia decisionale.
Implicazioni per le imprese del settore appalti
Questa pronuncia assume un valore operativo rilevante per tutte le imprese edili e impiantistiche.
La figura dell’appaltatore “nudus minister” non costituisce uno scudo automatico di irresponsabilità. Al contrario, essa richiede un comportamento trasparente, documentato e orientato alla prevenzione.
Le imprese sono quindi chiamate a:
- formalizzare ogni obiezione tecnica ai progetti ricevuti;
- tenere traccia delle comunicazioni con la committenza;
- redigere report tecnici per ogni criticità rilevata;
- definire chiaramente i limiti delle proprie responsabilità nei contratti e subappalti.