Il sovraccarico biomeccanico agli arti superiori riguarda l’insieme delle sollecitazioni che agiscono su muscoli, tendini, articolazioni, nervi a causa di movimenti ripetuti, posture scorrette e uso eccessivo della forza, tipici di attività manuali continue.
La normativa italiana lo disciplina nel DLgs 9 aprile 2008, n. 81, in particolare con l’Allegato XXXIII (Titolo VI) che richiama le norme tecniche di riferimento come la serie ISO 11228 (parti 1-3) e la UNI ISO 11226. Esse stabiliscono criteri per la valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi, da traino e spinta e da compiti ripetitivi, oltre che posture statiche incongrue. Le norme tecniche costituiscono criteri cogenti per le attività contrattuali e produttive in cui si impongono condizioni di esposizione tali da far emergere il rischio di patologie muscolo-scheletriche (WMSD) degli arti superiori.
Patologie muscolo-scheletriche da movimenti ripetitivi e fattori di rischio
Tra le patologie più diffuse associate al sovraccarico biomeccanico degli arti superiori si annoverano tendiniti, epicondiliti, sindrome del tunnel carpale, borsiti e disturbi della mano e del polso.
Queste condizioni si manifestano gradualmente e sono il risultato della combinazione di più fattori di rischio: la forza applicata, la frequenza dei movimenti, la postura assunta (compresa la distanza dal tronco, l’angolo di articolazione, la torsione), la durata dell’esposizione senza adeguati periodi di recupero, l’uso di strumenti vibranti, e condizioni ambientali sfavorevoli (temperatura, illuminazione, spazio di lavoro).
Anche il carico mentale associato al ritmo imposto, la pressione produttiva, l’inadeguatezza del setup ergonomico e la scarsa possibilità di pause rappresentano elementi che amplificano il danno potenziale.
Strategie preventive efficaci e obblighi aziendali
La prevenzione del sovraccarico biomeccanico richiede misure tecniche, organizzative e formative. È responsabilità del datore di lavoro includere nel DVR tutte le attività con movimenti ripetitivi, posture incongrue o uso ripetuto della forza, applicando le norme tecniche ISO 11228 e UNI ISO 11226 ove pertinenti. Serve intervenire sulla progettazione dei posti di lavoro e dei task, riducendo la forza richiesta, limitando la ripetitività e variando i movimenti, garantendo pause adeguate e alternanza di compiti.
I dispositivi di protezione individuale possono essere utilizzati come misura complementare ma non sostitutiva delle misure collettive. Inoltre, la formazione specifica dei lavoratori e dei preposti è obbligatoria per promuovere la consapevolezza del rischio, l’uso corretto degli strumenti e il riconoscimento precoce dei sintomi.
Il medico competente, in casi di esposizione significativa, deve attivare la sorveglianza sanitaria. La normativa richiede che misure ed interventi siano documentati, aggiornati periodicamente e integrati nell’organizzazione aziendale, per evitare la degenerazione in condizioni invalidanti, ridurre assenteismo e migliorare qualità e produttività del lavoro.