Negli ambienti lavorativi dove si utilizzano intensivamente dispositivi digitali, cresce il ricorso agli occhiali con filtro anti-luce blu. Promossi come strumento per prevenire l’affaticamento visivo e migliorare la qualità del sonno, questi dispositivi sono sempre più diffusi anche tra i lavoratori. Tuttavia, la loro reale efficacia è oggetto di discussione scientifica. È quindi necessario valutare attentamente quando e come il datore di lavoro debba considerarli come dispositivi di protezione e quale ruolo possano avere nella prevenzione visiva.
Cosa dice la normativa: DPI o semplice accessorio?
La classificazione degli occhiali con filtro anti-luce blu dipende dalla valutazione del rischio. Secondo il DLgs 81/2008, in particolare agli articoli da 74 a 79, un dispositivo può essere considerato DPI se risponde a un rischio professionale non eliminabile con misure tecniche o organizzative. In tal caso, il datore di lavoro è tenuto a fornirlo, garantendone conformità ai requisiti di marcatura CE e sicurezza.
Il Regolamento UE 2016/425 conferma che i DPI devono essere impiegati solo laddove vi sia una reale esposizione a un rischio documentato e non gestibile diversamente. Pertanto, l’occhiale anti-luce blu può essere considerato un DPI solo se la valutazione dei rischi aziendali giustifica il suo utilizzo per prevenire effetti nocivi legati alla luce emessa dai dispositivi digitali.
Cosa dice la scienza: evidenze limitate sull’efficacia
Numerose ricerche scientifiche, tra cui studi clinici e revisioni sistematiche, mettono in discussione l’efficacia dei filtri anti-luce blu nel migliorare la salute visiva.
Una revisione su 17 studi clinici condotta da un team accademico internazionale ha rilevato che non ci sono prove solide che questi occhiali riducano l’affaticamento o migliorino la qualità del sonno nei soggetti sani. Allo stesso modo, le principali associazioni di oftalmologia sottolineano che non esiste una base scientifica per consigliare l’acquisto di occhiali con filtro blu per chi lavora al computer.
Anche gli studi di laboratorio che dimostrano danni cellulari da luce blu sono considerati poco rappresentativi della reale esposizione in ambito lavorativo. Infatti, la quantità di luce blu emessa da uno schermo è nettamente inferiore rispetto a quella naturale e non raggiunge livelli dannosi per l’occhio umano.
Utilizzo facoltativo e senza controindicazioni
Sebbene non ci siano prove di efficacia, l’utilizzo degli occhiali anti-luce blu non è controindicato. Molti lavoratori riferiscono soggettivamente un miglioramento del comfort visivo, soprattutto in presenza di illuminazione intensa o utilizzo serale dei dispositivi. In tali casi, l’effetto placebo potrebbe avere comunque un risvolto positivo sul benessere percepito.
È però fondamentale chiarire che il vero affaticamento visivo da videoterminale è spesso causato da una ridotta frequenza del battito palpebrale durante la visione prolungata di schermi, dalla postura scorretta o da una gestione inadeguata delle pause. Tutti elementi che non possono essere risolti dall’utilizzo di un filtro ottico.
Le misure realmente efficaci per tutelare la vista
In assenza di una reale utilità clinica degli occhiali filtranti, i datori di lavoro dovrebbero concentrare le proprie strategie di prevenzione su misure più efficaci e supportate da evidenze scientifiche. Tra queste:
- Adozione della regola 20-20-20: ogni 20 minuti, distogliere lo sguardo dallo schermo per almeno 20 secondi, guardando a 20 metri di distanza.
- Ottimizzazione dell’illuminazione dell’ambiente, evitando riflessi diretti sugli schermi.
- Corretto posizionamento del monitor, a distanza e altezza adeguate.
- Promozione di pause regolari durante il lavoro al computer.
- Utilizzo delle modalità notturne o “dark mode” nei dispositivi, soprattutto in caso di lavoro serale.
Implicazioni per datori di lavoro e lavoratori
Per i datori di lavoro, è importante gestire correttamente la comunicazione e l’eventuale distribuzione degli occhiali anti-luce blu. Offrirli può rappresentare un’opzione aggiuntiva per i lavoratori che ne traggono beneficio soggettivo, ma non deve sostituire interventi strutturali più efficaci.
Nel caso in cui gli occhiali vengano forniti come DPI, è necessario garantirne la conformità alle normative europee, fornire istruzioni d’uso adeguate e inserirli nei programmi di formazione. In assenza di una reale esposizione documentata, invece, possono essere offerti su base volontaria, come strumento di benessere ma non come misura di protezione obbligatoria.