Le statistiche infortuni sul lavoro rappresentano uno strumento conoscitivo fondamentale per orientare le politiche di prevenzione, sia a livello nazionale che comunitario. La normativa europea, in particolare il Regolamento (CE) n. 1338/2008 relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, stabilisce un quadro comune per la raccolta sistematica dei dati.
Questo impianto normativo è stato successivamente implementato dal Regolamento (UE) n. 349/2011, che ha definito le specifiche tecniche e le variabili che gli stati membri devono obbligatoriamente trasmettere. L’obiettivo primario è garantire la comparabilità dei dati tra i diversi paesi dell’unione, superando le differenze nei sistemi assicurativi e legali nazionali.
In Italia, questo flusso informativo è gestito dall’istituto assicuratore nazionale, che elabora le denunce di infortunio per alimentare il database europeo Esaw (European statistics on accidents at work). La qualità del dato statistico non dipende solo dalla quantità degli eventi registrati, ma dalla precisione delle “variabili” utilizzate per descriverli, che permettono di ricostruire non solo il “cosa” è accaduto, ma soprattutto il “come” e il “perché”.
Dettaglio delle statistiche infortuni e classificazione
Il cuore del sistema di monitoraggio europeo risiede nella definizione rigorosa delle variabili delle statistiche infortuni, che vanno ben oltre la semplice conta dei casi. Il sistema classifica le informazioni in diverse macro-categorie che devono essere codificate con precisione. Un primo gruppo di variabili riguarda le informazioni sull’azienda (attività economica, dimensioni) e sulla vittima (età, sesso, nazionalità, occupazione). Tuttavia, l’aspetto più rilevante per la sicurezza tecnica è rappresentato dalle variabili che descrivono la dinamica dell’evento.
Queste includono il “tipo di lesione” e la “parte del corpo ferita”, ma soprattutto le circostanze dell’incidente. Vengono analizzati il “luogo di lavoro” (inteso come ambiente fisico), la “postazione di lavoro” specifica, il “processo lavorativo” in corso al momento dell’evento e l’agente materiale specifico associato. Fondamentale è la ricostruzione della sequenza incidentale attraverso tre variabili chiave: la deviazione (l’evento anomalo che ha interrotto il normale svolgimento del lavoro, come una rottura o una perdita di controllo), il contatto (la modalità con cui la vittima è stata ferita, ad esempio per urto o schiacciamento) e l’agente materiale associato alla deviazione e al contatto.
Implicazioni per la reportistica e la prevenzione
L’adozione di queste variabili armonizzate comporta implicazioni dirette per le strategie di prevenzione aziendale e per la gestione della reportistica. Una classificazione così dettagliata richiede, a monte, un’indagine interna sull’infortunio estremamente accurata da parte del datore di lavoro e del servizio di prevenzione e protezione (SPP). Non è sufficiente indicare genericamente che un lavoratore si è ferito, ma è necessario identificare la deviazione esatta dai protocolli o il malfunzionamento specifico dell’agente materiale (macchinario, utensile, sostanza).
Questo livello di dettaglio statistico permette di trasformare il dato grezzo in informazione strategica: analizzando le variabili ricorrenti, le aziende possono individuare trend specifici (ad esempio, frequenti deviazioni nell’uso di una particolare attrezzatura) e intervenire con misure correttive mirate nel documento di valutazione dei rischi. Inoltre, l’accuratezza nella compilazione delle denunce di infortunio diventa essenziale per alimentare correttamente le banche dati nazionali ed europee, evitando distorsioni che potrebbero portare a una sottostima di rischi emergenti o a una focalizzazione errata delle campagne di vigilanza e sensibilizzazione.


