Sicurezza nelle fasi di potatura e raccolta dell’olivo

Sicurezza nelle fasi di potatura e raccolta dell’olivo

Le operazioni di potatura e raccolta dell’olivo, attività stagionali per eccellenza, costituiscono una delle principali fonti di infortuni nel comparto agricolo. Le condizioni orografiche difficili, tipiche delle aree dove si coltivano gli ulivi, rendono necessaria una valutazione accurata del rischio, soprattutto nelle aziende a conduzione familiare, dove la formazione è spesso carente e le pratiche operative trasmesse per tradizione possono risultare pericolose. Per garantire la sicurezza, è essenziale integrare nel DVR misure preventive specifiche per le attività in campagna, in linea con quanto previsto dal DLgs 81/2008

Potatura in piena sicurezza: attrezzature, tecniche e formazione

La potatura, soprattutto quella invernale, richiede l’utilizzo di utensili affilati e motoseghe, e spesso l’uso di scale posizionate su terreni irregolari. I principali pericoli includono tagli, cadute dall’alto e lesioni da strumenti in uso. È fondamentale adottare attrezzature conformi, mantenute in efficienza, e tecniche operative sicure: lavorare su superfici stabili, evitare utilizzi impropri degli utensili e adottare posture adeguate. Accompagnare la formazione teorica con esercitazioni pratiche consolidate è una strategia efficace per prevenire infortuni gravi. 

Raccolta delle olive: condizioni climatiche e territoriali come fattori di rischio

Durante la raccolta, i lavoratori possono essere esposti a condizioni climatiche estreme, in particolare temperature elevate. Le superfici scoscese e la difficoltà di meccanizzazione esaltano il rischio di scivolamenti, affaticamento e colpi di calore. L’utilizzo di pali lunghi o scale leggere in punti inaccessibili richiede massima prudenza operativa. L’adozione di pause regolari, idratazione adeguata e momenti di refrigerio divengono misure indispensabili nelle giornate più calde. 

Strategie pratiche di prevenzione nel comparto olivicolo

Una corretta gestione della sicurezza nell’olivicoltura combina vari strumenti operativi:

  • Redigere schede pratiche di valutazione del rischio per ciascuna fase (potatura, raccolta, difesa fitosanitaria), con raccomandazioni semplici e fruibili da tutti.
  • Promuovere la sicurezza tramite strumenti comunicativi, come manuali o poster illustrativi per le imprese familiari.
  • Favorire il coinvolgimento delle associazioni di categoria, che possono facilitare la diffusione di metodi corretti anche nelle realtà più piccole geograficamente isolate.

Inclusione della sicurezza nel DVR e vantaggi aziendali

Integrare il rischio agronomico nel Documento di Valutazione dei Rischi garantisce una gestione più consapevole e strutturata delle operazioni in oliveto. La promozione della cultura della sicurezza, laddove spesso assente, riduce infortuni e assenteismo, migliorando la produttività e valorizzando la sostenibilità dell’attività agricola.

ATEX e la valutazione del rischio esplosione: un imperativo normativo

ATEX e la valutazione del rischio esplosione: un imperativo normativo

L’acronimo ATEX (Atmosphères Explosibles) identifica in ambito europeo un duplice sistema normativo dedicato alla gestione delle atmosfere potenzialmente esplosive nei luoghi di lavoro. La Direttiva 2014/34/UE (nota come ATEX “equipment”) si concentra sugli apparecchi e i sistemi protettivi certificati per l’uso in ambienti a rischio. La Direttiva 1999/92/CE (ATEX “workplace”) stabilisce i requisiti minimi di sicurezza per i luoghi di lavoro esposti a questo tipo di rischio.

Entrambe sono fondamentali: la prima disciplina la costruzione e la conformità dei dispositivi, la seconda impone all’azienda la classificazione delle aree, la valutazione del rischio e l’adozione di misure protettive a tutela della salute e sicurezza degli operatori. 

Classificazione delle zone ATEX e criteri per la sicurezza

Per gestire il rischio esplosivo, i luoghi di lavoro devono essere analizzati e suddivisi in zone ATEX, basate sulla probabilità e sulla persistenza di atmosfere esplosive causate da gas, vapori o polveri. Le zone di gas sono identificate come Zone 0, Zone 1 e Zone 2, mentre le zone di polveri sono Zone 20, Zone 21 e Zone 22: la classificazione è cruciale per definire i livelli di rischio e orientare la scelta delle apparecchiature conformi. 

Elementi chiave della valutazione del rischio ATEX

La valutazione del rischio esplosione richiede un’analisi dettagliata dei processi lavorativi, la verifica della presenza di sostanze infiammabili, la localizzazione di eventuali fonti di ignizione, e l’identificazione delle misure tecniche e organizzative necessarie. Un documento centrale di riferimento, noto come Explosion Protection Document, deve descrivere chiaramente i processi, le sostanze coinvolte, le procedure di gestione, la classificazione delle zone e le responsabilità operative. 

Misure di controllo da adottare in ambiente ATEX

La gestione efficace del rischio prevede tre livelli di intervento: prevenire la formazione di atmosfere esplosive, eliminare le fonti di ignizione e, in caso di evento esplosivo, minimizzare gli effetti attraverso misure passive o attive. Gli strumenti operativi includono l’uso di impianti certificati, sistemi di ventilazione mirata, procedure di manutenzione rigorose, e la formazione specialistica per il personale. 

Responsabilità del datore di lavoro e visione integrata del rischio

Secondo la direttiva ATEX “workplace”, è obbligo del datore di lavoro attuare la valutazione del rischio esplosione, classificare le aree a pericolo e adottare misure concrete per la protezione dei lavoratori. Il documento di protezione contro le esplosioni deve essere aggiornato in caso di modifiche operative, installative o procedurali che possano ricondurre a un cambiamento del profilo di rischio.

Pavimenti sicuri: stabilità, finitura e prevenzione degli incidenti

Pavimenti sicuri: stabilità, finitura e prevenzione degli incidenti

L’allegato IV del DLgs  81/2008 stabilisce che i pavimenti dei luoghi di lavoro devono essere fissi, stabili, privi di buche, protuberanze o pendenze pericolose. Nelle aree in cui si maneggiano sostanze liquide o degradabili, la superficie deve essere impermeabile e dotata di una pendenza adeguata per favorire il corretto deflusso verso punti di raccolta. In presenza di pavimenti frequentemente bagnati, è obbligatorio garantire passaggi rialzati o graticolati, a meno che non siano utilizzate calzature impermeabili idonee. Queste misure riducono significativamente il rischio di scivolamenti, cadute e incidenti correlati alle condizioni del pavimento. 

Aperture e possibili cadute: parapetti robusti e segnalazioni visive

Tutte le aperture presenti nei pavimenti o nelle pareti, incluse fosse e pozzi, devono essere dotate di parapetti solidi o coperture in grado di prevenire cadute accidentali. Nel caso in cui non sia tecnicamente possibile installare protezioni fisiche, è necessario segnalare chiaramente il rischio. Le aperture verticali di altezza superiore a un metro richiedono inoltre barriere adeguate per garantire la sicurezza. Per le finestre, è richiesto un parapetto con altezza minima di 90 cm quando il rischio di caduta è concreto, salvo condizioni operative che giustifichino misure diverse. 

Porte e uscite: dimensioni, apertura e facilitazione dell’esodo

Le porte dei luoghi di lavoro devono essere disposte in numero e posizionate in modo da consentire una rapida uscita. Devono essere apribili dall’interno senza difficoltà. In locali con rischio di esplosione o incendio e più di cinque lavoratori, almeno una porta per ogni cinque addetti deve aprirsi nel senso dell’esodo e avere larghezza minima di 1,20 m. In altri ambienti lavorativi, la larghezza minima segue criteri specifici in relazione al numero di lavoratori. Le porte non devono ostacolare le vie di fuga e, se poste lungo il tragitto dell’esodo, devono essere chiaramente segnalate e mantenute libere da ostacoli. 

Vie di fuga e uscite di emergenza: requisiti dimensionali e segnaletici

Le uscite di emergenza devono essere adeguate per numero, distribuzione e dimensioni, in relazione alla capienza e alla destinazione del luogo di lavoro. L’altezza minima prevista è di 2 metri; la larghezza deve rispettare quanto previsto dalla normativa antincendio. Le porte su queste vie devono aprirsi nel senso dell’esodo, salvo specifiche condizioni di pericolo. L’uso di porte chiuse a chiave è vietato, salvo specifica autorizzazione da parte delle autorità competenti. Non sono ammesse saracinesche a rullo, porte scorrevoli verticali o girevoli come uscite di emergenza. Tutte le vie e uscite di emergenza e le relative aperture devono essere sempre sgombre, chiare e accompagnate da segnaletica durevole e adeguata.

Lavorare in famiglia: regole di sicurezza da conoscere

Imprese familiari: regole di sicurezza da conoscere

Le imprese familiari sono costituite da attività in cui collaborano coniuge, parenti entro il terzo grado o affini entro il secondo grado, secondo l’articolo 230‑bis del Codice Civile. Ai sensi dell’art. 21 del DLgs  81/2008, queste strutture godono di un regime di flessibilità rispetto agli obblighi di sicurezza. Restano esenti da alcuni adempimenti formali, come la formazione obbligatoria, la sorveglianza sanitaria o la nomina del medico competente, purché tutti i collaboratori siano familiari. Tuttavia, se il titolare instaurasse rapporti di lavoro subordinato con terzi, decadrebbe questa deroga e la normativa sul lavoro standard si applicherebbe in toto.

Obblighi essenziali per collaboratori familiari

Anche in regime agevolato, l’impresa familiare ha obblighi obbligatori. I componenti devono utilizzare attrezzature conformi con i requisiti di sicurezza, munirsi e utilizzare correttamente i dispositivi di protezione individuale previsti dalla normativa, e, quando operano in contesti di appalto o subappalto, dotarsi di tessera identificativa contenente dati personali e autorizzazione. Queste forme di tutela rappresentano l’ossatura minima della prevenzione anche nelle strutture familiari, per garantire la sicurezza quotidiana degli addetti.

Gestione nei cantieri: il POS semplificato

Quando un’impresa familiare opera in cantieri temporanei o mobili, è tenuta alla redazione di un Piano Operativo di Sicurezza (POS). Tuttavia, si applica in forma semplificata, escludendo elementi solitamente richiesti come la nomina del RSPP, del medico competente o degli addetti al primo soccorso. Residua comunque la responsabilità a gestire il rischio in modo proporzionato, tenendo conto del livello di operatività e della composizione familiare dell’organizzazione.

Ruolo del titolare: tra responsabilità e deleghe

Il titolare dell’impresa familiare mantiene la responsabilità formale della sicurezza, svolgendo le funzioni attribuite dall’articolo 21, ma senza esercitare le funzioni di datore di lavoro tipiche del modello generalizzato previsto dal Testo Unico. Se il titolare decidesse di assumere collaboratori esterni mediante contratti di lavoro dipendente, perderebbe lo status di impresa familiare e verrebbe pienamente sottoposto agli obblighi di sicurezza: valutazione dei rischi, formazione, sorveglianza sanitaria, nomine obbligatorie e sistema istituzionale di prevenzione.

Vantaggi e criticità di un approccio flessibile

Il regime flessibile previsto offre vantaggi in termini di snellezza procedurale, riducendo i costi e semplificando l’organizzazione. Tuttavia, tale sistema può comportare rischi reali se si sottovalutano aspetti fondamentali della tutela. Anche nelle strutture familiari è consigliabile implementare una cultura della sicurezza partecipata, con la predisposizione di procedure operative, utilizzo corretto dei DPI e buone prassi operative, in modo da prevenire incidenti e infortuni, indipendentemente dal livello normativo di obbligatorietà.

DVR chimico: guida pratica per le imprese

DVR “chimico”: guida pratica per le imprese

Il Documento di Valutazione del Rischio (DVR) è un obbligo non delegabile del datore di lavoro previsto dagli articoli 17 e 28 del DLgs 81/2008. La sua redazione richiede un approccio metodico e partecipativo, con il contributo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), del medico competente (quando previsto) e del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).

Specificità del DVR per il rischio chimico

Il DVR “chimico” deve affrontare rischi derivanti dall’uso di agenti chimici pericolosi, in conformità con il Titolo IX del D.Lgs. 81/2008 (Capo I). Il documento va redatto tenendo conto anche delle normative comunitarie — REACH, CLP e SDS — e deve identificare pericoli, livelli di esposizione e misure preventive operative.

Processo valutativo: fasi fondamentali

Il processo di redazione del DVR chimico si articola in diverse fasi strutturate:

  1. Individuazione delle sostanze pericolose: analisi delle schede di sicurezza, classificazioni e concentrazioni.
  2. Identificazione delle mansioni a rischio: chi può essere esposto alle sostanze identificate.
  3. Valutazione dell’esposizione: stima della frequenza e durata dell’esposizione ai rischi chimici e potenziali danni.
  4. Misure di prevenzione: individuazione di misure tecniche, organizzative e DPI necessari per ridurre il rischio.
  5. Programmazione e monitoraggio: pianificare interventi, monitorare l’efficacia e aggiornare il DVR a fronte di cambiamenti organizzativi o tecnici.

Formalizzazione e aggiornamento obbligatori

Il DVR deve contenere una relazione dettagliata sui rischi valutati, le misure adottate, il programma di miglioramento nel tempo e i soggetti responsabili delle azioni correttive. Deve essere redatto con data certa e aggiornato in occasione di variazioni nei processi, nei materiali utilizzati o nei dati di sorveglianza sanitaria.

Vantaggi organizzativi e culturali della gestione sistemica

Un DVR chimico gestito secondo logica sistemica non solo assicura conformità normativa, ma promuove l’adozione di pratiche operative più sicure. Garantisce una formazione mirata per i lavoratori, una gestione ottimizzata dei prodotti chimici e una maggiore cultura della sicurezza nell’organizzazione aziendale.

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