Scegliere l'RSPP: meglio interno o esterno? I criteri chiave

Scegliere l’RSPP: meglio interno o esterno? I criteri chiave

Nel contesto della sicurezza aziendale la figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) assume rilievo centrale ai sensi del Dlgs 81/08: il datore di lavoro è tenuto a nominare questa figura e garantirne la professionalità e l’indipendenza.

Ma è più opportuno designare un RSPP interno all’organizzazione oppure avvalersi di un RSPP esterno? Non esiste una scelta valida in assoluto per tutte le imprese: la decisione deve basarsi sulla complessità dell’azienda, sul numero di lavoratori, sulla tipologia di rischi presenti e sulle risorse disponibili.

Differenze operative tra RSPP interno ed esterno

Un RSPP interno è tipicamente un dipendente o collaboratore dell’azienda che assume l’incarico come parte integrante dell’organizzazione aziendale. Questa modalità offre vantaggi come la profonda conoscenza dei processi interni, delle dinamiche produttive e delle relazioni interne.

D’altro canto, un RSPP esterno è un professionista o un consulente specializzato incaricato dall’azienda in outsourcing: ciò consente di accedere a competenze elevate, esperienza in contesti vari, maggiore neutralità e spesso maggiore flessibilità.

Tra le differenze fondamentali si evidenziano: la rapidità nella risposta ai cambiamenti interni per l’interno, la possibilità di risparmio di tempo per il datore di lavoro grazie all’esterno, e l’indipendenza decisionale tipica della figura esterna.

Indicazioni strategiche per imprese e consulenti

Nella valutazione strategica le imprese devono considerare alcuni criteri: livello di rischio attività, numero di addetti, presenza o meno di figure già formate, budget disponibile, necessità di aggiornamento continuo e monitoraggio esterno.

Se l’azienda opera in un settore ad elevato rischio, con più lavoratori e processi complessi, potrebbe risultare vantaggioso affidarsi a un RSPP esterno. Al contrario, in realtà più semplici o con organizzazione interna già matura in materia di sicurezza, la soluzione interna può essere più efficiente. Il consulente del lavoro o del servizio di prevenzione deve accompagnare l’impresa nella scelta, verificare che i requisiti formativi siano rispettati (articoli 32-33 del Dlgs 81/08), che siano definiti chiaramente gli incarichi, che siano previsti controlli periodici, e che siano messe in atto le misure di vigilanza e revisione continue.

Come gestire l'infortunio sul lavoro? Gli adempimenti essenziali

Come gestire l’infortunio sul lavoro? Gli adempimenti essenziali

Nel contesto della tutela della salute e sicurezza del lavoro, l’evento infortunio sul lavoro richiede l’osservanza delle disposizioni del Dlgs 81/08 e dell’articolo 53 del Testo unico in materia di infortuni assicurati dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL).

Il lavoratore coinvolto deve informare immediatamente il datore di lavoro dell’accaduto, anche nel caso di lesioni di lieve entità, affinché l’azienda possa procedere al corretto adempimento degli obblighi.

Il medico che presta la prima assistenza è tenuto a rilasciare un certificato medico che attesti la diagnosi e il numero dei giorni di inabilità temporanea assoluta al lavoro; tale certificato viene recapitato all’INAIL per via telematica.


Il datore di lavoro, a sua volta, è obbligato a inviare la denuncia o comunicazione all’INAIL nei termini previsti: in caso di prognosi superiore a tre giorni, la denuncia deve avvenire entro due giorni dalla ricezione del certificato medico; in caso di infortunio mortale o con pericolo di morte, la segnalazione deve essere effettuata entro ventiquattro ore.

Parallelamente, l’impresa deve verificare l’adeguatezza del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) alla luce dell’evento e delle condizioni che lo hanno determinato, ai sensi del comma 3 dell’articolo 29 del Dlgs 81/08, provvedendo in caso di necessità a una rielaborazione tempestiva.

Procedure operative e tempi di segnalazione dell’infortunio

La gestione dell’infortunio sul lavoro richiede un sistema di responsabilità ben articolato tra lavoratore, medico, datore di lavoro e istituto assicurativo. Il lavoratore, dopo aver informato il datore di lavoro, deve immediatamente recarsi al pronto soccorso, al medico aziendale o al proprio medico curante, fornendo una descrizione completa dell’accaduto al fine di permettere la corretta compilazione del certificato medico di infortunio.

Il medico deve trasmettere elettronicamente all’INAIL il certificato, che contiene diagnosi e prognosi; il lavoratore deve fornire al datore di lavoro il numero identificativo del certificato, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati.

Il datore di lavoro, ricevuti tali dati, è tenuto a inoltrare la denuncia (se la prognosi è superiore a tre giorni) o la comunicazione (se pari o inferiore a tre giorni) tramite modalità telematiche all’INAIL nei tempi previsti dalla normativa.

Il mancato rispetto dei termini può comportare sanzioni e può influire sul diritto all’indennizzo del lavoratore. In seguito alla gestione immediata dell’evento, l’impresa deve attivare l’analisi delle cause, valutare eventuali modifiche dell’organizzazione, delle attrezzature o delle procedure che abbiano contribuito all’infortunio, e aggiornare il DVR qualora emergano nuovi rischi o modifiche significative nei processi aziendali.

Implicazioni per imprese, consulenti e lavoratori

Per l’azienda e i consulenti del lavoro la corretta gestione dell’infortunio significa molto più che l’adempimento formale: rappresenta un’occasione per rafforzare la cultura della prevenzione. Gli obblighi formali – immediata comunicazione interna, certificazione medica, invio telematico all’INAIL e verifica del DVR – devono essere coordinati all’interno dell’organizzazione aziendale e integrati con un’efficace azione di formazione e informazione sui rischi specifici dell’attività.

Il lavoratore, dal canto suo, beneficia di una tutela completa solo se collabora attivamente: informare prontamente, sottoporsi alle visite mediche, rispettare eventuali prescrizioni e fornire tempestivamente i dati richiesti consente di garantire l’accesso ai benefici previsti in caso di infortunio e di evitare la decadenza del diritto all’indennizzo.


Infine, per il consulente del lavoro o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) l’evento deve innescare una revisione delle condizioni di lavoro: la documentazione dell’infortunio, l’analisi dei fattori causali e la verifica del DVR fanno parte di un sistema più ampio di miglioramento continuo della sicurezza. Un approccio proattivo può trasformare l’adempimento normativo da rischio a opportunità di valore, in particolare in ottica di gestione aziendale e responsabilità sociale.

Deroga tempi di guida per trasporto animali vivi

Deroga tempi di guida per trasporto animali vivi

Nel contesto normativo italiano la deroga tempi di guida per il trasporto di animali vivi rappresenta una significativa modifica sottoposta all’articolo 13 del regolamento CE 561/2006, che consente agli Stati membri di prevedere esenzioni sui periodi di guida e di riposo per specifiche categorie di trasporti.

In base al recente decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 22 aprile 2025, le imprese che effettuano trasporto di animali vivi dalle fattorie ai mercati locali o dai mercati ai macelli locali, entro un raggio massimo di 100 chilometri, sono escluse dall’obbligo di rispettare i limiti previsti per la guida e il riposo e per l’utilizzo del cronotachigrafo. Questa disposizione abroga il precedente decreto del 20 giugno 2007, che non includeva tale tipologia di trasporto tra quelle esenti.

Novità normative sul trasporto animali vivi e ambito applicativo

La deroga tempi di guida per trasporto animali vivi introduce tre elementi principali. Primo, rimuove l’obbligo del cronotachigrafo e quindi del rispetto dei tempi standard di guida e riposo per i veicoli che effettuano trasporti limitati di animali vivi entro 100 chilometri tra fattorie, mercati locali e macelli. Secondo, la misura è limitata al territorio nazionale: per i trasporti internazionali continuano a valere le regole ordinarie del regolamento CE 561/2006. Terzo, la deroga riconosce le specificità logistiche e sanitarie del trasporto animale, soprattutto in zone montane o con itinerari frammentati, riducendo gli oneri di tempo sulle imprese e permettendo un trasferimento più rapido e meno stressante per gli animali. In pratica, l’obiettivo è duplice: armonizzare la normativa nazionale con quella europea e migliorare il benessere animale attenuando i tempi di viaggio e le pause obbligate per i conducenti.

Implicazioni pratiche per imprese di autotrasporto e consulenti

Dal punto di vista operativo, la deroga tempi di guida per trasporto animali vivi impone alle imprese e ai consulenti del settore alcune riflessioni chiave. Le aziende di autotrasporto specializzate nei trasporti brevi di animali vivi dovranno verificare che gli spostamenti siano effettivamente entro il raggio di 100 chilometri e che si tratti di mercati locali o fattorie e macelli locali, affinché l’esenzione sia applicabile.

I consulenti del lavoro e della sicurezza devono aggiornare le procedure interne, adeguare la documentazione aziendale e informare gli autisti sulla nuova disciplina normativa. Inoltre, l’impresa potrà beneficiare di maggiore flessibilità e riduzione degli oneri amministrativi, come l’uso del cronotachigrafo, ma dovrà comunque garantire il rispetto delle condizioni di benessere animale e delle norme sanitarie applicabili. Va ricordato che l’esenzione non libera l’impresa da responsabilità generali in materia di trasporto, sicurezza stradale e tutela degli animali, ma modifica solo il regime dei tempi di guida e riposo per questa specifica categoria. Un approccio informativo e aggiornato da parte dei consulenti e delle imprese consentirà di trasformare l’adeguamento normativo in un’opportunità operativa e di governance.

Guida ai rischi in ufficio: gli obblighi del consulente sicurezza

Guida ai rischi in ufficio: gli obblighi del consulente sicurezza

Nel contesto odierno la valutazione dei rischi in ufficio assume un’importanza centrale per le imprese, in quanto anche gli ambienti apparentemente meno “rischiosi” sono soggetti agli obblighi del Dlgs 81/08 e successive modifiche.

Tra i riferimenti normativi più rilevanti figurano l’articolo 2087 del Codice Civile — che impone al datore di lavoro l’obbligo di tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori — e l’articolo 28 del Dlgs 81/08, che prevede la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. È indispensabile che il consulente del lavoro e il tecnico della sicurezza abbiano piena consapevolezza della varietà di rischi presenti nelle postazioni d’ufficio e che integrino tali fattori nella valutazione aziendale.

Principali rischi in ufficio: natura, meccanismi, contesto

Tra i rischi più frequentemente trascurati nell’ambito d’ufficio troviamo disturbi muscolo-scheletrici derivanti da postazioni non ergonomiche, affaticamento visivo, sovraccarico tecnologico (c.d. tecnostress), rischi elettrici e ambientali, e disagi acustici da rumore elevato o mal segnalato.

Ad esempio, una sedia non regolabile, un monitor posizionato professionalmente in modo errato o una scrivania troppo alta possono generare tensioni cervicali, lombalgie e affaticamento oculare. Allo stesso modo, in un ambiente ricco di dispositivi elettronici e prese multiple, la presenza di cavi danneggiati o multiprese sovraccariche costituisce un rischio tangibile di cortocircuito o incendio.

Dal punto di vista organizzativo, la modalità di lavoro in open-space e la mancanza di pause strutturate possono aggravare lo stress, ridurre la concentrazione e compromettere la produttività. Questi elementi richiedono un aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) in modo mirato, includendo i rischi emergenti legati all’uso intensivo di videoterminali e alla qualità dell’ambiente indoor.

Implicazioni pratiche per consulenti, imprese e lavoratori

Per le imprese e per i consulenti del lavoro la presenza di rischi in ufficio comporta obblighi concreti: occorre prevedere interventi di formazione specifica sui videoterminali, erogare istruzioni sull’ergonomia delle postazioni, istituire pause e modalità di disconnessione dalle tecnologie per contenere il tecnostress. È inoltre necessario verificare periodicamente lo stato degli impianti elettrici e delle prese, gestire in modo sistematico l’illuminazione e la ventilazione, monitorare la qualità dell’aria e ridurre i rumori di fondo mediante soluzioni acustiche appropriate.

Per il lavoratore, queste attività si traducono in ambienti più sicuri, condizioni più salutari e maggiore partecipazione alle misure preventive. Per il consulente del lavoro, valorizzare queste misure significa trasformare un obbligo normativo in un’opportunità di consulenza strategica e competitiva: segnalare agli imprenditori la necessità di aggiornamento del DVR e la formazione sul tecnostress può diventare un elemento distintivo del servizio offerto.

Rischi emergenti SSL: come gestire i nuovi scenari di lavoro

Rischi emergenti SSL: come gestire i nuovi scenari di lavoro

Nel contesto odierno la salute e sicurezza sul lavoro (SSL) si confronta con un’insorgenza crescente di rischi emergenti. Il Dlgs 81/08 rimane il riferimento principale e richiede alla figura del datore di lavoro e ai servizi di prevenzione un aggiornamento continuo della valutazione dei rischi.

I nuovi scenari derivano dalla digitalizzazione, dalla diffusione del lavoro ibrido e remoto, e dalle mutate condizioni ambientali correlate ai cambiamenti climatici. In particolare, l’introduzione massiva di tecnologie e l’aumento dell’isolamento lavorativo richiedono un’attenzione specifica ai fattori psicosociali, mentre eventi meteorologici estremi, stress termico e qualità dell’aria ambientale accrescono le responsabilità nella gestione della sicurezza fisica in azienda.

Novità nei rischi emergenti: digitalizzazione, clima e organizzazione

Le principali novità riguardano tre direttrici: la tecnologia applicata al lavoro, l’impatto ambientale e il cambiamento dell’organizzazione del lavoro. La digitalizzazione porta con sé un ritmo lavorativo accelerato, modalità di supervisione e monitoraggio più intense, e in certi casi isolamento e sovraccarico psicofisico. Parallelamente, il cambiamento climatico determina per una quota significativa di lavoratori l’esposizione a caldo estremo, scarsa ventilazione, peggioramento della qualità dell’aria o fenomeni meteorologici intensi.

In termini di organizzazione, modelli come lo smart working, la rotazione dei compiti e l’orario flessibile emergono come leve decisive per attenuare tali rischi. La gestione integrata dei rischi emergenti richiede non solo l’adeguamento del documento di valutazione dei rischi, ma anche la promozione di una cultura aziendale che includa il benessere mentale e la partecipazione attiva dei lavoratori.

Implicazioni pratiche per imprese e lavoratori: obblighi, opportunità e prevenzione

Per le imprese significa attivare misure preventive ad hoc: formazione specifica sui fattori psicosociali, supporto psicologico, organizzazione del lavoro orientata alla flessibilità e alla rotazione, interventi ambientali come sistemi di raffrescamento, isolamento termico e ventilazione, oltre a controlli periodici della qualità dell’aria.

Dal punto di vista normativo, va verificata la conformità con gli obblighi del Dlgs 81/08, con la partecipazione dei lavoratori e con la tutela dei dati personali in presenza di sistemi di monitoraggio digitale.

Per i lavoratori l’opportunità risiede in ambienti più consapevoli e attenti alla salute integrata; il rischio è che senza un’efficace governance questi nuovi scenari aumentino esposizione allo stress, ansia, condizioni di lavoro peggiorate o problemi di salute correlati al clima. È quindi fondamentale che il consulente del lavoro e il tecnico della sicurezza attivino un approccio proattivo: la valutazione aggiornata, la pianificazione interna delle misure e la comunicazione trasparente sono elementi chiave per trasformare l’obbligo normativo in un vantaggio competitivo e di tutela per l’intera organizzazione.

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