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Sicurezza, come gestire i lavoratori dopo assenza per Covid-19?

Dagli asintomatici ai positivi lungo termine, la nuova circolare del ministero chiarisce quando e come i lavoratori possono rientrare in azienda dopo il Covid

Il ministero della Salute (circolare n. 15127 del 12 aprile 2021) ha specificato le modalità di riammissione in servizio dopo assenza per Covid, con relativa certificazione che il lavoratore deve produrre al datore di lavoro, a seconda dei casi.

Le nuove disposizioni sono in allineamento con il nuovo “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”, siglato il 6 aprile 2021 (leggi qui la sintesi).

Lavoratori positivi a lungo termine

I lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario. Il lavoratore dovrà inviare il referto di negativizzazione al datore di lavoro, per il tramite del medico competente se nominato (anche in modalità telematica).

Il periodo intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento (ai sensi della circolare del 12 ottobre 2020) e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante.

Lavoratori positivi con sintomi gravi e ricovero

I lavoratori per i quali è stato necessario un ricovero ospedaliero causato da Covid, il medico competente, ove nominato, dovrà effettuare la visita medica prevista dall’articolo 41, comma 2, lettera e-ter del Dlgs 81/2008 (visita precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi), indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia (previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione).

Lavoratori positivi sintomatici

I positivi asintomatici possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi, senza considerare anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo. Deve inoltre dimostrare un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test). Il lavoratore dovrà inviare il referto di negativizzazione al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, se nominato (anche in modalità telematica).

Lavoratori positivi asintomatici

i lavoratori rimasti asintomatici per tutto il periodo di assenza possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività per Covid, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test). Il lavoratore dovrà inviare il referto di negativizzazione al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, se nominato (anche in modalità telematica).

Lavoratore contatto stretto asintomatico

Un lavoratore che si trovi in questa condizione, deve informare il proprio medico curante il quale rilascia una certificazione medica di malattia, a meno che il lavoratore stesso non possa essere collocato in regime di lavoro agile (cfr. messaggio Inps n. 3653 del 9 ottobre 2020).

Per la riammissione in servizio, il lavoratore deve effettuare una quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con il caso positivo da Covid, sottoporsi all’esecuzione del tampone molecolare o antigenico e trasmettere il referto di negatività del test (ricevuto dal Dipartimento di Sanità Pubblica o dal laboratorio dove il test è stato effettuato) al datore di lavoro (per il tramite del medico competente, ove nominato).

La circolare specifica che i lavoratori positivi (casi 1, 2, 3 e 4) la cui guarigione sia stata certificata da tampone negativo, qualora abbiano contemporaneamente nel proprio nucleo familiare convivente casi ancora positivi non devono essere considerati alla stregua di contatti stretti con obbligo di quarantena, ma possono essere riammessi in servizio con la modalità sopra esposte.


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sicurezza

28 aprile: Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro

La nuova campagna di comunicazione pensata dalla nostra Associazione

Si celebra oggi, mercoledì 28 aprile, la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, una data particolarmente significativa per le associazioni di categoria, le imprese e i lavoratori, un appuntamento pieno di coraggio e di speranza in vista delle recenti riaperture.

Per onorare al meglio questa ricorrenza, noi di UNASF Conflavoro PMI abbiamo pensato a una campagna di comunicazione, attività che si inserisce nel calendario di iniziative dell’Associazione nell’anno 2021.

I valori condivisi di un appuntamento dal grande peso specifico

La formazione e la cultura della prevenzione sono i concetti cardine sui quali si fonda la creatività, concetti fortemente legati al periodo che il mondo sta vivendo e alla campagna vaccinale in essere. Per le imprese e i lavoratori la formazione garantita da UNASF è una sorta di vaccino, forse il più efficace a garantire la salubrità di tutti gli ambienti di lavoro e il benessere di tutti i lavoratori.

Il messaggio elaborato riunisce tutti i CFPT in una comunicazione univoca, facendo leva su un legame basato sull’assoluta qualità dei corsi offerti nonché sulla bontà del materiale ideato.

Perché è importante la sicurezza sul lavoro

La sicurezza sul posto di lavoro è una delle più importanti conquiste dei lavoratori del dopoguerra. Oltre a essere un diritto del lavoratore, è un interesse sia per l’impresa, che in questo modo garantisce un ambiente sempre più confortevole e di conseguenza più produttivo, sia per la società nel suo insieme.

I costi sociali, infatti, rappresentano la sommatoria dei costi per giornate di lavoro perse, cure mediche, premi assicurativi e risarcimenti, di cui il singolo infortunio o la singola malattia professionale sono soltanto la punta dell’iceberg.

Il diritto alla salubrità del posto di lavoro e alla prevenzione di infortuni e malattie è, in definitiva, interesse della società tutta: imprese, sindacati, lavoratori e istituzioni statali e periferiche.

I CFPT Conflavoro PMI rispondono presente

Per coinvolgere sempre di più i nostri Centri e per contrastare la piaga sociale delle malattie professionali che provoca in Italia oltre 6mila morti al giorno di media, basta un piccolo gesto che, qualora condiviso, può acquisire una grandissima importanza.

Ogni centro, nel proprio piccolo, può stampare il materiale ideato e diffondere la cultura della prevenzione fra i propri clienti.

Grazie a nome di UNASF Conflavoro PMI, grazie a nome di chi ha a cuore il lavoro e la sua sicurezza.

Scarica e stampa il materiale cliccando qui sotto

Unasf 2021 1

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protocollo

Covid, aggiornato protocollo condiviso per la sicurezza nei luoghi di lavoro

Nuova versione per il Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid negli ambienti di lavoro

Nel diluvio normativo di questi mesi di provvedimenti emergenziali di ogni tipo, finalizzati al contrasto della pandemia da SARS-COV-2, una delle novità più significative e positive è lo sviluppo di rinnovati rapporti di cooperazione tra le organizzazioni sindacali e quelle datoriali che hanno dato vita, su invito del Governo, al “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” e ai Protocolli settoriali. Leggilo qui.

Si tratta Accordo di notevole rilevanza, anche sul piano della responsabilità penale in caso di contagio in occasione di lavoro, che è stato rivisto in diversi punti ed è finalizzato a fornire ai datori di lavoro indicazioni operative aggiornate, finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare i contagi.

Riorganizzazione delle attività e smart working

Concentrando l’attenzione su alcuni dei profili generali più significativi si rileva in primo luogo che, almeno da una prima lettura, questo nuovo Protocollo nel ribadire che “Il virus SARS-CoV-2/COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione….” conferma sostanzialmente il modello tecnico-organizzativo di base delle sue precedenti versioni, ispirato alla logica di fondo di precauzione, nel quale la riorganizzazione delle attività aziendali – per quanto riguarda gli spazi di lavoro, la turnazione, le riunioni, le trasferte, la rimodulazione dei livelli produttivi, etc.) – continua ad essere uno degli adempimenti fondamentali del datore di lavoro.

Di conseguenza è ribadita la centralità del ricorso allo smart working come una delle misure prioritarie da continuare a mettere in campo (cfr. art. 90 D.L. n.34/2020) e, al tempo stesso, è anche precisato che il datore di lavoro è tenuto a garantire adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività, per quanto riguarda l’assistenza nell’uso delle apparecchiature, la modulazione dei tempi di lavoro e delle pause.

Rimodulazione degli spazi di lavoro

Altri punti importanti del Protocollo sono le misure relative agli spazi di lavoro; nel confermare che è necessario valutare la loro rimodulazione per realizzare il distanziamento sociale, viene anche precisato che nel caso di lavoratori che non necessitano di particolari strumenti e/o attrezzature di lavoro e che possono lavorare da soli, gli stessi potrebbero, per il periodo transitorio, essere posizionati in spazi ricavati ad esempio da uffici inutilizzati o sale riunioni.

Inoltre, per gli ambienti dove operano più lavoratori contemporaneamente, potranno essere individuate soluzioni innovative come, ad esempio, il riposizionamento delle postazioni di lavoro adeguatamente distanziate tra loro, ovvero soluzioni analoghe.

Obbligo della mascherina

Nel Protocollo del 6 aprile 2021, inoltre, viene precisato in modo più incisivo che in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all’aperto, è comunque obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche o di DPI; tale uso, tuttavia, non è necessario nel caso di attività svolte in condizioni di isolamento “….in coerenza con quanto previsto dal Dpcm 2 marzo 2021”.

Riunioni, formazione aziendale e tirocini

Alcune osservazioni vanno compiute anche per quanto riguarda le riunioni e la formazione aziendale; il Protocollo conferma il principio generale che non sono consentite le riunioni in presenza, salvo che siano “…..connotate dal carattere della necessità e urgenza, nell’impossibilità di collegamento a distanza..” e in tale case dovrà essere ridotta al minimo la partecipazione necessaria con il distanziamento interpersonale, l’obbligo di utilizzare la mascherina chirurgica o DPI di livello superiore e un’adeguata pulizia e areazione dei locali.

Per quanto riguarda, invece, la formazione sulla scia di quanto prevede il Dpcm 2 marzo 2021, il Protocollo conferma che sono sospesi tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, fatte salve le deroghe previste dalla normativa vigente.

Tuttavia, sulla base di quanto prevede l’art.25, c.7, del predetto decreto è consentita la formazione in azienda esclusivamente per i lavoratori dell’azienda stessa, secondo le disposizioni emanate dalle singole regioni, i corsi di formazione da effettuarsi in materia di protezione civile, salute e sicurezza, i corsi di formazione individuali e quelli che necessitano di attività di laboratorio, nonché l’attività formativa in presenza, ove necessario, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, nel rispetto di quanto previsto dal “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” pubblicato dall’INAIL.

Il Protocollo precisa anche che comunque è possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in lavoro agile e da remoto.

Riammissione del lavoratore dopo l’infezione da Covid

Per quanto riguarda, poi, la riammissione al lavoro dopo l’infezione da COVID-19, nel Protocollo ora è fatto solo un generale riferimento alle modalità previste dalla normativa vigente e, in particolare, alla Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 ed eventuali istruzioni successive; inoltre, è previsto che i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario (leggi qui per tutti i dettagli).

Trasferte nazionali e internazionali

Da sottolineare, inoltre, che nel Protocollo sono contenute anche numerose altre misure; in particolare, per quanto riguarda le trasferte il Protocollo del 24 aprile 2020 prevedeva la sospensione e l’annullamento di tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate; viceversa, ora il Protocollo del 6 aprile 2021 ammette le trasferte nazionali ed internazionali indicando come “opportuno” che il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente e il RSPP, tenga conto però del contesto associato alle diverse tipologie di trasferta previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione.

Il nuovo Protocollo “vaccinazioni” nei luoghi di lavoro

Non resta che osservare, infine, che al Protocollo condiviso nazionale si affianca il nuovo “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” stipulato anch’esso lo scorso 6 aprile dalle parti sociali.

Si tratta di un Accordo che, in generale, prevede che i datori di lavoro, singolarmente o in forma aggregata e indipendentemente dal numero di lavoratrici e lavoratori occupati, con il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento, possono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro destinati alla somministrazione in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che ne abbiano fatto volontariamente richiesta; la vaccinazione potrà riguardare anche i datori di lavoro o i titolari.

In alternativa i datori di lavoro potranno ricorrere a strutture sanitarie private attraverso apposite convenzioni; inoltre, i datori di lavoro che, ai sensi dell’art.18, c.1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008, non sono tenuti alla nomina del medico competente ovvero non possano fare ricorso a strutture sanitarie private, possono avvalersi delle strutture sanitarie dell’Inail.


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vaccini

Vaccini in azienda da maggio a prescindere da contratto e fasce d’età

Adesione datore di lavoro e vaccini su base volontaria a partire da maggio, ecco cosa dice il nuovo Protocollo e quali sono i costi per il datore di lavoro

Da maggio sarà possibile, su base volontaria di aziende e lavoratori, somministrare i vaccini sul luogo di lavoro. Questo il punto focale del Protocollo di aggiornamento delle misure anti-Covid negli ambienti di lavoro, che aggiorna i precedenti accordi su salute e sicurezza tra governo e parti sociali.

Come funzioneranno i vaccini in azienda

Il Protocollo supera la vaccinazione per fasce di età e, potenzialmente, riguarda tutti i lavoratori perché coinvolge la forza lavoro a prescindere dalla tipologia contrattuale. L’adesione sarà volontaria, come detto, ma di certo c’è che viene esclusa – come prevede già l’ultimo decreto legge emergenziale – la responsabilità penale degli operatori sanitari che, materialmente, saranno impegnati a somministrare il vaccino.

I costi per il datore di lavoro

Si tratta, nella fattispecie, dei medici aziendali. La fornitura dei vaccini sarà a carico dei Servizi sanitari regionali, così come i dispositivi per la somministrazione e gli strumenti formativi e di registrazione delle vaccinazioni previsti. I costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, inclusi i costi per la somministrazione, saranno invece a carico del datore di lavoro. Infine,  Se la vaccinazione verrà eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario è equiparato all’orario di lavoro stesso.

La riammissione al lavoro dei guariti

Il Protocollo, infine, ribadisce la raccomandazione alle aziende private di utilizzare al massimo, ove possibile, lo smart working. Sottolineata anche la questione di riammissione al lavoro dei dipendenti contagiati e guariti. Avverrà “secondo le modalità previste dalla normativa vigente. I lavoratori positivi oltre il 21esimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario”.


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Contagi sul lavoro, su Plos One il focus Inail sulla classificazione rischi

Ecco la sintesi della ricerca Inail, visionabile al termine dell’articolo e riguardante lo sviluppo della metodologia per valutare il pericolo di contagi Covid

L’andamento dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione dei contagi Covid ha evidenziato l’importanza del fattore lavorativo come elemento sostanziale da considerare sia nell’implementazione di strategie volte a contenere il contagio sia nella definizione delle azioni necessarie per una ripresa economica sostenibile.

Dall’Inail analisi scientifiche e report tecnici per affrontare l’emergenza. La ricerca Inail è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla importante rivista scientifica Plos One e viene così ad aggiungersi ai contributi tecnici e di ricerca, disponibili sul sito istituzionale, prodotti dall’Istituto già a partire dalla prima fase della pandemia.  

L’impatto del virus su salute ed economia

Come ricordano gli autori nell’introduzione, la pandemia si è diffusa in tutto il mondo e a marzo 2021 i contagi risultano più di 16 milioni in oltre 200 Paesi, con un impatto notevole sulla salute pubblica e sull’economia, come pure sulla salute e sicurezza dei lavoratori, nonché sulla loro stabilità occupazionale.

Il basso livello dei contagi nei luoghi di lavoro

In Italia, l’adozione di diverse misure ha comportato durante la prima ondata la sospensione temporanea della maggior parte delle attività commerciali, con una conseguente riduzione di circa il 75% dei lavoratori presenti sul posto di lavoro. È stato stimato che circa il 25% dei dipendenti, come quelli impegnati in strutture sanitarie o nelle forze dell’ordine, o in presidi farmaceutici e alimentari, ha frequentato fisicamente il proprio posto di lavoro.

Viceversa, gli incentivi allo smart working e ad altre misure come ferie e congedi sono stati ampiamente adottati dalla pubblica amministrazione e da molte imprese private. Di conseguenza, rileva la ricerca, i dati epidemiologici hanno mostrato un basso livello di trasmissione delle infezioni, con un rilascio progressivo delle misure di contenimento.

La classificazione del rischio

Nell’articolo viene descritto il metodo messo a punto per stimare il rischio di infezione da Covid sul posto di lavoro, tenendo conto sia delle caratteristiche specifiche dei processi produttivi e dell’impatto dell’organizzazione del lavoro sul rischio, sia dello stretto contatto di alcune attività con soggetti esterni. L’obiettivo era quello di individuare i livelli generali integrati di rischio professionale per la popolazione attiva e per settore economico.

Il rischio occupazionale di contagio virale è stato classificato sulla base di tre variabili: esposizione, prossimità e aggregazione. I dati aggiornati sulla forza lavoro sono stati così associati a ciascun settore di attività per ottenere i livelli ponderati di rischio correlati al numero di potenziali lavoratori esposti, e per valutarne l’impatto su mobilità e pendolarismo.

La metodologia Inail per il contrasto al virus

Il metodo inoltre è stato implementato nel modello di sorveglianza epidemiologica nazionale al fine di stimare l’impatto della riattivazione di attività specifiche sull’indice Rt di contagio del virus. I risultati hanno supportato le attività di indirizzo del Comitato tecnico scientifico (Cts), istituito dal Governo presso il Dipartimento della Protezione civile, nella individuazione degli interventi progressivi di mitigazione per il superamento dell’emergenza epidemiologica.

Oltre quindi a gestire e a contenere il contagio nei luoghi di lavoro, l’inclusione della dimensione lavorativa nello sviluppo delle misure di prevenzione e protezione nel controllo della pandemia si è configurata una misura utile anche per la gestione del rischio collettivo nel suo complesso.

Un contributo al piano vaccinale sul lavoro

La pubblicazione dello studio su Plos One rappresenta un riconoscimento internazionale al lavoro metodologico e di ricerca sviluppato dall’Istituto, che ha costituito la base scientifica delle indicazioni e raccomandazioni presenti nei documenti tecnici elaborati dall’Inail anche in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità per i vari settori produttivi: dai trasporti alla ristorazione, dalla balneazione ai servizi per la cura della persona, alle attività della pubblica amministrazione.

Questo risultato, concludono i ricercatori, potrà essere utile anche nella fase attuale dell’emergenza epidemiologica e nella prospettiva della campagna vaccinale nei luoghi di lavoro.

👉 Leggi il report su Plos One


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