Formazione sicurezza neoassunti: ora subito, addio 60 giorni

Formazione sicurezza neoassunti: ora subito, addio 60 giorni

La formazione sicurezza neoassunti è un pilastro fondamentale del sistema di prevenzione e protezione delineato dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, in particolare all’articolo 37, comma 1, impone al datore di lavoro di assicurare che ogni lavoratore riceva una formazione “sufficiente ed adeguata”.

Questo obbligo generale si precisa ulteriormente nei commi successivi, che definiscono le tempistiche e le occasioni in cui tale formazione deve essere erogata. Il comma 4, lettera a), dello stesso articolo stabilisce infatti che la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico debbano avvenire “in occasione della costituzione del rapporto di lavoro”.

Questa disposizione normativa stabilisce una correlazione diretta e imprescindibile tra l’ingresso del lavoratore in azienda e la necessità di essere formato e informato sui rischi professionali. L’impianto legislativo ha sempre inteso la formazione come uno strumento preventivo primario, da attuare necessariamente prima che il lavoratore sia esposto ai rischi connessi alla sua mansione, e non come un adempimento burocratico da regolarizzare in un secondo momento.

La nuova disciplina per la formazione sicurezza neoassunti

Per anni, un’interpretazione non allineata allo spirito della norma, e alimentata da precedenti accordi in materia, aveva diffuso la prassi di concedere un presunto termine massimo di 60 giorni per completare il percorso formativo del neoassunto. Tale consuetudine ha generato notevole confusione, portando alcuni datori di lavoro a posticipare l’erogazione dei corsi e, di conseguenza, ad adibire il personale a mansioni specifiche prima che questo avesse ricevuto l’adeguata preparazione.

Il nuovo accordo stato-regioni, siglato in data 17 aprile 2025, interviene in modo dirimente per eliminare definitivamente questa zona grigia. Il testo recente abroga i riferimenti temporali fuorvianti e ribadisce con forza quanto già sancito dal Dlgs 81/08. La formazione deve essere erogata “all’atto della costituzione del rapporto di lavoro” e, in ogni caso, deve precedere l’effettiva adibizione del lavoratore alla mansione. Non esiste, pertanto, alcun margine di tolleranza che consenta di ritardare l’avvio dei percorsi di formazione e addestramento, rendendo l’obbligo datoriale immediato e non posticipabile.

Implicazioni per i datori di lavoro e gestione operativa

L’eliminazione di ogni ambiguità temporale impone alle imprese una rigorosa revisione delle procedure di assunzione e inserimento (onboarding). La formazione sulla sicurezza non può più essere gestita come un adempimento da calendarizzare nelle settimane successive all’ingresso del dipendente, ma deve diventare parte integrante del processo di accoglienza, antecedente alla presa di servizio. Operativamente, ciò significa che il datore di lavoro deve pianificare e far fruire i moduli di formazione generale e specifica prima che il neoassunto inizi la propria attività lavorativa.

Adibire un lavoratore, anche solo per un breve periodo o per affiancamento, a una mansione senza avergli fornito la preparazione sui rischi specifici costituisce una palese violazione degli obblighi di legge. Tale inadempienza espone il datore di lavoro a sanzioni amministrative e penali, la cui gravità è commisurata all’entità del rischio e alla natura della violazione. Inoltre, come confermato da consolidata giurisprudenza, in caso di infortunio la mancata o tardiva formazione preventiva aggrava pesantemente la posizione datoriale. Una corretta e tempestiva gestione della formazione, al contrario, non solo assicura la conformità legale, ma riduce il rischio di incidenti e promuove una cultura della sicurezza efficace fin dal primo giorno.

Schede dati di sicurezza: l'impatto del Regolamento 2020/878

Schede dati di sicurezza (SDS): l’impatto del Regolamento 2020/878

Le schede dati di sicurezza (SDS) costituiscono lo strumento normativo primario per la comunicazione dei pericoli lungo l’intera catena di approvvigionamento di sostanze e miscele chimiche all’interno dell’unione europea.

La loro struttura e il loro contenuto sono definiti dal Regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH), che impone ai fornitori l’obbligo di trasmettere ai destinatari informazioni dettagliate per consentire una gestione sicura dei prodotti. Questo documento è fondamentale per adempiere anche agli obblighi di classificazione, etichettatura e imballaggio previsti dal Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP).

Per mantenere l’efficacia di questo strumento informativo, la normativa è soggetta a revisioni periodiche. In tale contesto si inserisce il Regolamento (UE) 2020/878, che ha modificato in modo sostanziale l’Allegato II del REACH, ovvero l’allegato che definisce i requisiti specifici per la compilazione delle SDS.

Il periodo transitorio concesso alle imprese per adeguarsi a queste nuove disposizioni è terminato il 31 dicembre 2022. Di conseguenza, da tale data, tutte le schede dati di sicurezza, sia quelle di nuova emissione sia quelle già in circolazione, devono essere obbligatoriamente conformi ai dettami del nuovo regolamento.

Le nuove schede dati di sicurezza: le modifiche del 2020/878

L’aggiornamento introdotto dal regolamento 2020/878 mira principalmente ad allineare il formato delle SDS alla sesta e settima revisione del sistema mondiale armonizzato di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche (GHS).

Le modifiche non sono puramente formali, ma impattano diverse sezioni cruciali del documento. Nella sezione 1 (identificazione), ad esempio, deve ora essere riportato l’identificatore unico di formula (UFI), qualora applicabile alla miscela. La sezione 3 (composizione/informazioni sugli ingredienti) è stata profondamente rivista: ora richiede l’indicazione di fattori di moltiplicazione (fattori m), stime della tossicità acuta (ATE) e limiti di concentrazione specifici, se disponibili.

Un’introduzione di rilievo è l’obbligo di segnalare se la sostanza presenta nanoforme, specificandone le caratteristiche. Anche la sezione 9 (proprietà fisiche e chimiche) è stata riorganizzata in due sottosezioni (9.1 e 9.2), introducendo nuovi parametri e richiedendo l’inserimento di informazioni su proprietà rilevanti per la sicurezza, come lo stato fisico e il colore. Infine, il regolamento pone una nuova e specifica attenzione sulle proprietà di interferenza endocrina: le sezioni 11 (informazioni tossicologiche) e 12 (informazioni ecologiche) devono ora includere dati disponibili e pertinenti su tali effetti.

Obblighi per le imprese e gestione del rischio chimico

La piena entrata in vigore del regolamento 2020/878 comporta implicazioni operative immediate per tutti gli attori della catena di approvvigionamento: fabbricanti, importatori, formulatori e utilizzatori a valle. Ogni impresa ha il duplice obbligo di verificare attivamente la conformità di tutte le schede dati di sicurezza ricevute dai propri fornitori e, parallelamente, di aggiornare e fornire ai propri clienti le SDS dei prodotti che immette sul mercato.

La mancata conformità delle SDS non è un semplice vizio formale, ma inficia direttamente la validità della valutazione del rischio chimico, obbligo indelegabile del datore di lavoro ai sensi del Titolo IX del Dlgs 81/08.

La SDS è infatti il documento tecnico di partenza su cui si basa l’intero processo di valutazione: senza informazioni corrette, complete e aggiornate sui pericoli, sulle proprietà delle sostanze (incluse le nanoforme) o sulle nuove evidenze (come l’interferenza endocrina), diventa impossibile definire misure di prevenzione e protezione collettive e individuali realmente efficaci. Garantire la conformità delle sds significa quindi assicurare il fondamento legale e tecnico per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori esposti ad agenti chimici.

Sicurezza lavoratori stranieri: l'obbligo di formazione

Sicurezza lavoratori stranieri: l’obbligo di formazione

La sicurezza lavoratori stranieri è un tema centrale nel quadro normativo italiano, disciplinato in modo specifico dal Decreto Legislativo 81/2008. Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro impone al datore di lavoro obblighi precisi in materia di informazione (articolo 36) e formazione (articolo 37).

La legislazione non si limita a richiedere la mera erogazione di corsi, ma stabilisce un principio fondamentale: l’informazione e la formazione devono essere fornite in una forma “comprensibile” per i lavoratori. Questo requisito assume un’importanza cruciale quando si tratta di personale che non padroneggia la lingua italiana. L’obbligo legale, pertanto, si estende alla verifica dell’effettiva comprensione dei contenuti formativi, imponendo al datore di lavoro di superare attivamente le barriere linguistiche. La legge non ammette che il lavoratore sia esposto a rischi prima di aver ricevuto e, soprattutto, compreso le istruzioni necessarie per operare in sicurezza. La piena responsabilità di garantire l’efficacia di questo processo ricade interamente sulla figura datoriale e sul sistema di prevenzione e protezione aziendale.

La sicurezza lavoratori stranieri: criticità e dinamiche

L’analisi delle dinamiche infortunistiche evidenzia criticità ricorrenti che coinvolgono il personale straniero. La difficoltà di comprensione della lingua rappresenta il principale fattore di rischio, manifestandosi in diverse fasi operative. Spesso, gli infortuni derivano da un’errata interpretazione delle procedure di lavoro, specialmente nell’uso, nella manutenzione o nella pulizia di macchinari complessi e dotati di parti in movimento. I lavoratori potrebbero non comprendere appieno il significato della segnaletica di sicurezza o le istruzioni operative fornite verbalmente o per iscritto.

Un’altra criticità riguarda il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. La formazione sull’uso, la manutenzione e i limiti dei dpi deve essere non solo erogata, ma assimilata. Se il lavoratore non comprende quando e perché un dispositivo è necessario, o come si indossa correttamente, l’addestramento risulta inefficace. Problemi di comunicazione emergono anche nella gestione delle emergenze, dove la rapidità di comprensione delle procedure di evacuazione o di primo soccorso è vitale. Queste situazioni dimostrano che un approccio formativo superficiale o la cui comprensione non sia stata verificata equivale, di fatto, a una mancata formazione.

Misure datoriali per la gestione delle barriere linguistiche

Per il datore di lavoro, la gestione delle barriere linguistiche non è una facoltà, ma un obbligo giuridico preciso. Assicurare la comprensibilità della formazione richiede azioni concrete che vanno oltre la semplice consegna di documentazione in lingua italiana. È indispensabile, in fase preliminare, valutare il livello di comprensione linguistica del neoassunto. Qualora insufficiente, l’azienda deve adottare misure compensative efficaci. Queste includono l’affiancamento di un interprete o di un collega bilingue (che funga da tutor) durante i corsi, l’utilizzo di supporti formativi multilingua, o il ricorso massiccio a strumenti visivi come pittogrammi, video esplicativi e istruzioni operative grafiche.

Fondamentale è la fase di verifica finale dell’apprendimento, che deve essere strutturata in modo da testare l’effettiva assimilazione dei concetti di sicurezza, anche attraverso prove pratiche o test tradotti. L’inadempienza di questi obblighi espone il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti a severe responsabilità penali e amministrative in caso di infortunio, in quanto la mancata comprensione della formazione equivale, agli effetti di legge, a un’omessa formazione.

Controlli sicurezza lavoro: differenze tra INAIL e ASL/INL

Controlli sicurezza lavoro: differenze tra INAIL e ASL/INL

I controlli sicurezza lavoro rappresentano un elemento cardine del sistema di prevenzione delineato dal Dlgs 9 aprile 2008, n. 81. La responsabilità primaria della tutela della salute e dell’integrità dei lavoratori ricade sul datore di lavoro, il quale è tenuto ad adempiere a obblighi non delegabili, prima fra tutte la valutazione di tutti i rischi e la redazione del relativo documento (DVR).

Tuttavia, per garantire l’effettività di tali adempimenti, l’ordinamento prevede un complesso apparato di vigilanza, i cui attori principali sono l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), che opera in coordinamento con le Aziende Sanitarie Locali (ASL), e l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL).

Sebbene entrambi gli enti concorrano alla tutela dei lavoratori, i loro poteri, le loro finalità e le modalità di intervento sono nettamente distinti. Comprendere queste differenze è fondamentale per le imprese al fine di gestire correttamente le richieste documentali e le eventuali ispezioni, assicurando la piena conformità normativa.

Controlli sicurezza lavoro: le competenze di INAIL e INL/ASL

È essenziale distinguere la natura degli interventi. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro e le ASL sono i soggetti titolari dell’attività di vigilanza preventiva. I loro funzionari, agendo in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, hanno il potere di accedere liberamente ai luoghi di lavoro in qualsiasi momento per verificare la concreta applicazione del Dlgs 81/08. Le loro ispezioni sono focalizzate sulla prevenzione: controllano l’esistenza e l’adeguatezza del DVR, la corretta erogazione della formazione e dell’informazione, l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, la conformità di macchinari e impianti, la fornitura e l’uso dei dispositivi di protezione individuale e l’idoneità degli ambienti di lavoro. In caso di violazioni, possono emettere prescrizioni di adeguamento e comminare sanzioni amministrative o penali.

Diversamente, l’INAIL svolge primariamente controlli di natura amministrativa e assicurativa. Il suo focus è la verifica della corretta posizione assicurativa dell’azienda, l’esattezza delle tariffe applicate in base al rischio lavorativo e la gestione delle pratiche relative a infortuni e malattie professionali dopo che questi sono avvenuti. L’INAIL può inoltre verificare la sussistenza dei requisiti per la concessione di riduzioni del premio, come il modello OT23, ma non svolge ispezioni preventive in azienda, se non in seguito a un infortunio grave o per l’accertamento di una malattia professionale.

Gestione degli accessi ispettivi e preparazione documentale

La corretta gestione di un’ispezione da parte di INL o ASL inizia prima dell’accesso degli ispettori. L’impresa deve mantenere costantemente aggiornata e disponibile tutta la documentazione obbligatoria prevista dal Dlgs 81/08. Questo include, oltre al DVR, i registri della formazione, i giudizi di idoneità del medico competente, i verbali di manutenzione di attrezzature e impianti, e l’eventuale documento unico di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) per gli appalti.

Al momento dell’accesso, i funzionari ispettivi hanno l’obbligo di identificarsi e hanno il diritto di accedere a ogni area dell’azienda. Il datore di lavoro o i suoi delegati hanno l’obbligo di collaborare e fornire tutta la documentazione richiesta. Gli ispettori possono esaminare i luoghi, acquisire documenti, intervistare i lavoratori (anche separatamente) e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Al termine della visita, viene redatto un verbale di ispezione che riassume le attività svolte e le eventuali criticità o non conformità riscontrate, che costituirà la base per le successive prescrizioni o sanzioni. Una gestione documentale ordinata e completa è la prima e fondamentale misura per affrontare con prontezza e trasparenza un controllo ispettivo.

Adeguamento macchine: il processo per la messa a norma

Adeguamento macchine: il processo per la messa a norma

L’adeguamento macchine è un obbligo imprescindibile per il datore di lavoro, finalizzato a garantire la sicurezza delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori, come stabilito dal Titolo III del Dlgs 81/08.

La normativa distingue nettamente il parco macchine in due categorie: quelle prive di marcatura CE (costruite in assenza di direttive di prodotto, generalmente ante 1996) e quelle marcate CE (immesse sul mercato dopo il 1996 e conformi alla direttiva macchine, recepita dal Dlgs 17/2010).

Per le prime, la legge impone la rispondenza ai requisiti minimi di sicurezza specificati nell’Allegato V del Dlgs 81/08. Per le seconde, sebbene esista una presunzione di conformità, il datore di lavoro deve comunque assicurare il mantenimento dei requisiti nel tempo, specialmente in caso di modifiche o se integrate in “insiemi di macchine”. La valutazione dei rischi (art. 28) deve analizzare tutte le attrezzature, e la messa a norma di quelle obsolete o modificate richiede un processo tecnico e procedurale strutturato per colmare il divario normativo e garantire la tutela degli operatori.

Il processo di analisi per l’adeguamento macchine

Il percorso di messa a norma inizia con una fase di perizia tecnica (fase 1), fondamentale per valutare e ridurre sistematicamente i rischi. Questa valutazione, condotta secondo i principi della norma UNI e ISO 12100, determina i limiti d’uso della macchina, identifica i pericoli e le situazioni pericolose, stima e pondera il rischio per decidere gli interventi necessari. L’esito è un report dettagliato sulle difformità e sulle soluzioni migliorative. Cruciale, per le macchine non CE, è la gestione del periodo transitorio (fase 0): in attesa degli interventi tecnici, l’azienda deve aggiornare il documento di valutazione dei rischi evidenziando le criticità, predisporre procedure operative ad hoc e intensificare l’informazione e la formazione degli operatori sull’uso in sicurezza delle macchine nella loro configurazione attuale. Sulla base della perizia, si passa alla redazione del capitolato tecnico (fase 2). Questo documento è diviso in un capitolato generale d’appalto (condizioni di fornitura, tempistiche, documentazione) e una specifica tecnica dettagliata, che descrive gli interventi da eseguire, i componenti da usare e la progettazione preliminare, includendo una stima dei costi.

L’esecuzione degli interventi e la validazione finale

Una volta definito il capitolato, si avvia la fase di gara d’appalto (fase 3) per selezionare le imprese esecutrici dotate di idoneità tecnico-professionale. La fase realizzativa (fase 4) richiede una supervisione costante dei lavori per assicurare la rispondenza a quanto progettato e per risolvere eventuali difficoltà tecniche in corso d’opera.

Completati gli interventi, si procede alla validazione (fase 5), un passaggio duplice che include sia il collaudo funzionale e l’ispezione visiva della macchina modificata, sia l’analisi del fascicolo tecnico e della documentazione prodotta dalla ditta esecutrice. L’iter si conclude (fase 6) con l’emissione della documentazione che attesta la conformità: per le macchine non marcate ce si redige una dichiarazione di rispondenza ai requisiti dell’Allegato V del Dlgs 81/08; per le macchine CE si rilascia un benestare di corretta esecuzione dei lavori.

L’intero processo culmina (fase 7) nella revisione integrale del documento di valutazione dei rischi aziendale, che deve recepire le modifiche apportate, le nuove misure di prevenzione e protezione e il conseguente aggiornamento della valutazione dei rischi residui per la mansione.

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