Nuova versione per il Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid negli ambienti di lavoro
Nel diluvio normativo di questi mesi di provvedimenti emergenziali di ogni tipo, finalizzati al contrasto della pandemia da SARS-COV-2, una delle novità più significative e positive è lo sviluppo di rinnovati rapporti di cooperazione tra le organizzazioni sindacali e quelle datoriali che hanno dato vita, su invito del Governo, al “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” e ai Protocolli settoriali. Leggilo qui.
Si tratta Accordo di notevole rilevanza, anche sul piano della responsabilità penale in caso di contagio in occasione di lavoro, che è stato rivisto in diversi punti ed è finalizzato a fornire ai datori di lavoro indicazioni operative aggiornate, finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare i contagi.
Riorganizzazione delle attività e smart working
Concentrando l’attenzione su alcuni dei profili generali più significativi si rileva in primo luogo che, almeno da una prima lettura, questo nuovo Protocollo nel ribadire che “Il virus SARS-CoV-2/COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione….” conferma sostanzialmente il modello tecnico-organizzativo di base delle sue precedenti versioni, ispirato alla logica di fondo di precauzione, nel quale la riorganizzazione delle attività aziendali – per quanto riguarda gli spazi di lavoro, la turnazione, le riunioni, le trasferte, la rimodulazione dei livelli produttivi, etc.) – continua ad essere uno degli adempimenti fondamentali del datore di lavoro.
Di conseguenza è ribadita la centralità del ricorso allo smart working come una delle misure prioritarie da continuare a mettere in campo (cfr. art. 90 D.L. n.34/2020) e, al tempo stesso, è anche precisato che il datore di lavoro è tenuto a garantire adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività, per quanto riguarda l’assistenza nell’uso delle apparecchiature, la modulazione dei tempi di lavoro e delle pause.
Rimodulazione degli spazi di lavoro
Altri punti importanti del Protocollo sono le misure relative agli spazi di lavoro; nel confermare che è necessario valutare la loro rimodulazione per realizzare il distanziamento sociale, viene anche precisato che nel caso di lavoratori che non necessitano di particolari strumenti e/o attrezzature di lavoro e che possono lavorare da soli, gli stessi potrebbero, per il periodo transitorio, essere posizionati in spazi ricavati ad esempio da uffici inutilizzati o sale riunioni.
Inoltre, per gli ambienti dove operano più lavoratori contemporaneamente, potranno essere individuate soluzioni innovative come, ad esempio, il riposizionamento delle postazioni di lavoro adeguatamente distanziate tra loro, ovvero soluzioni analoghe.
Obbligo della mascherina
Nel Protocollo del 6 aprile 2021, inoltre, viene precisato in modo più incisivo che in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all’aperto, è comunque obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche o di DPI; tale uso, tuttavia, non è necessario nel caso di attività svolte in condizioni di isolamento “….in coerenza con quanto previsto dal Dpcm 2 marzo 2021”.
Riunioni, formazione aziendale e tirocini
Alcune osservazioni vanno compiute anche per quanto riguarda le riunioni e la formazione aziendale; il Protocollo conferma il principio generale che non sono consentite le riunioni in presenza, salvo che siano “…..connotate dal carattere della necessità e urgenza, nell’impossibilità di collegamento a distanza..” e in tale case dovrà essere ridotta al minimo la partecipazione necessaria con il distanziamento interpersonale, l’obbligo di utilizzare la mascherina chirurgica o DPI di livello superiore e un’adeguata pulizia e areazione dei locali.
Per quanto riguarda, invece, la formazione sulla scia di quanto prevede il Dpcm 2 marzo 2021, il Protocollo conferma che sono sospesi tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, fatte salve le deroghe previste dalla normativa vigente.
Tuttavia, sulla base di quanto prevede l’art.25, c.7, del predetto decreto è consentita la formazione in azienda esclusivamente per i lavoratori dell’azienda stessa, secondo le disposizioni emanate dalle singole regioni, i corsi di formazione da effettuarsi in materia di protezione civile, salute e sicurezza, i corsi di formazione individuali e quelli che necessitano di attività di laboratorio, nonché l’attività formativa in presenza, ove necessario, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, nel rispetto di quanto previsto dal “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” pubblicato dall’INAIL.
Il Protocollo precisa anche che comunque è possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in lavoro agile e da remoto.
Riammissione del lavoratore dopo l’infezione da Covid
Per quanto riguarda, poi, la riammissione al lavoro dopo l’infezione da COVID-19, nel Protocollo ora è fatto solo un generale riferimento alle modalità previste dalla normativa vigente e, in particolare, alla Circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020 ed eventuali istruzioni successive; inoltre, è previsto che i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario (leggi qui per tutti i dettagli).
Trasferte nazionali e internazionali
Da sottolineare, inoltre, che nel Protocollo sono contenute anche numerose altre misure; in particolare, per quanto riguarda le trasferte il Protocollo del 24 aprile 2020 prevedeva la sospensione e l’annullamento di tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate; viceversa, ora il Protocollo del 6 aprile 2021 ammette le trasferte nazionali ed internazionali indicando come “opportuno” che il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente e il RSPP, tenga conto però del contesto associato alle diverse tipologie di trasferta previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione.
Il nuovo Protocollo “vaccinazioni” nei luoghi di lavoro
Non resta che osservare, infine, che al Protocollo condiviso nazionale si affianca il nuovo “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” stipulato anch’esso lo scorso 6 aprile dalle parti sociali.
Si tratta di un Accordo che, in generale, prevede che i datori di lavoro, singolarmente o in forma aggregata e indipendentemente dal numero di lavoratrici e lavoratori occupati, con il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento, possono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro destinati alla somministrazione in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che ne abbiano fatto volontariamente richiesta; la vaccinazione potrà riguardare anche i datori di lavoro o i titolari.
In alternativa i datori di lavoro potranno ricorrere a strutture sanitarie private attraverso apposite convenzioni; inoltre, i datori di lavoro che, ai sensi dell’art.18, c.1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008, non sono tenuti alla nomina del medico competente ovvero non possano fare ricorso a strutture sanitarie private, possono avvalersi delle strutture sanitarie dell’Inail.