Cosa si intende per logistica di cantiere?

Cosa si intende per logistica di cantiere?

La logistica di cantiere è l’insieme delle scelte progettuali e organizzative che definiscono tempi, spazi, impianti, viabilità e zone di stoccaggio necessarie a mantenere il cantiere ordinato, sicuro e efficiente. Essa comprende la predisposizione di recinzioni, accessi chiaramente identificabili, impianti elettrici, idrici e igienico-assistenziali (spogliatoi, bagni, mense), nonché la sistemazione delle aree operative in modo da evitare interferenze tra lavorazioni o ostacoli. La logistica non riguarda pertanto solo la movimentazione dei materiali, ma anche la gestione degli aspetti ambientali e del benessere dei lavoratori, inclusa l’illuminazione, l’aerazione e la protezione dalle intemperie, come richiesto dalle prescrizioni del Titolo IV del DLgs 81/2008.

Sicurezza e organizzazione in cantiere

L’impresa affidataria ha l’obbligo di applicare le misure previste nell’Allegato XIII del DLgs 81/2008 relative alla logistica di cantiere, coordinando la disposizione dei materiali, il controllo periodico dei macchinari, la rimozione dei detriti ed eventualmente dei rifiuti pericolosi, e garantendo la protezione da condizioni climatiche avverse. Deve altresì verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese subappaltatrici, assicurando la coerenza dei POS rispetto al PSC, e designare un direttore di cantiere manager della logistica generale.

Efficienza e rischi biomeccanici

Una logistica ben pianificata non solo migliora la sicurezza, ma anche la produttività e la sostenibilità del cantiere. Nel movimentare i carichi, si riducono i rischi biomeccanici se la disposizione degli accessi, delle vie carrabili, dei depositi e delle zone operative è progettata già nella fase iniziale. L’uso di software avanzati, la rotazione dei materiali e l’impiego di mezzi meccanici idonei aiutano a prevenire disturbi muscolo-scheletrici e aumentano l’efficacia delle attività.

Coordinamento tra soggetti

La logistica si realizza attraverso la cooperazione tra committente, coordinatori (CSP e CSE), imprese e lavoratori autonomi. È essenziale mantenere una comunicazione chiara e continua, con cronoprogrammi condivisi per evitare interferenze tra fasi lavorative, posizionamento temporaneo dei materiali, spazi operativi e vie di emergenza. Il coordinamento garantisce l’allestimento in sicurezza e l’aderenza a condizioni operative sempre aggiornate secondo l’evoluzione del cantiere.

Come viene eletto il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS)?

Come viene eletto il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS)?

La nomina del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) è un obbligo previsto dall’articolo 47 del DLgs 81/2008. In aziende con più di 15 dipendenti, l’RLS deve essere eletto tra le rappresentanze sindacali aziendali (RSU). In assenza di RSU o di rappresentazioni sindacali, l’elezione viene effettuata direttamente dai lavoratori interni. In contesti con meno di 15 lavoratori, l’RLS viene eletto direttamente dai lavoratori. I tempi, le modalità e il numero minimo di rappresentanti (almeno uno fino a 200 dipendenti, tre fino a 1.000, sei oltre) sono stabiliti dalla normativa e dagli accordi collettivi, assicurando la democratica partecipazione dei lavoratori.

Ruolo e prerogative del ruolo RLS

Il RLS funge da garante dei lavoratori durante tutta la gestione della sicurezza. È coinvolto preventivamente nelle fasi di valutazione dei rischi, programmi di prevenzione, formazione, designazione degli addetti alla sicurezza (incendio, primo soccorso, evacuazione) e nella riunione periodica. Ha accesso ai luoghi di lavoro e ai documenti di valutazione dei rischi, può proporre misure di prevenzione e segnalare rischi al datore di lavoro; in caso di carenze può rivolgersi agli organi competenti.

Formazione e tutele

Il RLS ha diritto a una formazione specifica: tipicamente 32 ore iniziali e aggiornamenti annuali (4 ore per aziende fino a 50 dipendenti, 8 ore oltre). Deve disporre del tempo retribuito, dei mezzi e di spazi adeguati per l’espletamento delle funzioni, e beneficia delle stesse tutele previste per le rappresentanze sindacali, senza alcun pregiudizio dovuto al proprio incarico.

Dermatiti, posture e tagli: le insidie del mestiere di parrucchieri

Dermatiti, posture e tagli: le insidie del settore dei parrucchieri

I parrucchieri sono sottoposti a rischi multifattoriali durante l’attività quotidiana. Incrementata incidenza di patologie dermatologiche dovute all’esposizione prolungata a shampoo, tinte, decoloranti e detergenti aggressivi – la prevalenza di dermatiti professionali è circa dieci volte superiore alla media – e tensioni muscolo-scheletriche croniche, con quasi il 40 % dei lavoratori affetti da disturbi al tratto cervicale, dorsale o agli arti superiori. Movimenti ripetitivi, stazioni erette prolungate e posture scorrette sono fattori determinanti per l’insorgere di tendiniti, lombalgie e affaticamento.

Rischio chimico, fisico e biologico

Il rischio chimico costituisce un pericolo significativo: i cosmetici e i trattamenti contengono agenti sensibilizzanti o irritanti, che richiedono l’uso di guanti e strumenti di lavoro adeguati. Vi sono anche rischi da esposizione fisica: uso frequente di phon e piastre può causare scottature e stress termico, mentre tagli provocati da forbici o rasoi elettrici espongono a traumi diretti. In ambiti mal gestiti dal punto di vista igienico-sanitario, il rischio biologico aumenta, specialmente quando non sono rispettati protocolli di pulizia e sterilizzazione.

Previdenza organizzativa e tutela della salute dei parrucchieri

Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) deve includere una valutazione approfondita di tutti i rischi: chimici, biomeccanici, fisici, biologici e psicosociali, con attenzione anche a stress da lavoro correlato e situazioni particolari come gravidanza. L’obbligo di formazione e informazione per il personale è imprescindibile, così come la predisposizione di misure preventive: l’uso di DPI appropriati, la rotazione delle mansioni, la sorveglianza sanitaria regolare e la formazione per addetti a emergenze. I lavoratori a tempo determinato devono essere sottoposti a visite mediche obbligatorie per tutelare la loro salute.

Movimenti ripetitivi: integrazione del DVR con la valutazione OCRA

Movimenti ripetitivi: integrazione del DVR con la valutazione OCRA

Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), ai sensi del DLgs  81/2008 (Titolo VI, Allegato XXXIII), deve comprendere l’analisi del rischio biomeccanico derivante da movimenti ripetitivi degli arti superiori. Questa valutazione riguarda mansioni svolte in cicli brevi e ripetuti, anche con carichi leggeri, e diventa obbligatoria quando l’attività occupa almeno un’ora al giorno o più del 50 % del turno di lavoro.

Metodo OCRA: criteri numerici per misurare il rischio

Il metodo OCRA (Occupational Repetitive Action Index), definito dalle norme tecniche UNI EN 1005‑5 e UNI ISO 11228‑3, si basa su:

  • Identificazione delle azioni ripetitive e cicli lavorativi;
  • Valutazione di fattori come frequenza, forza applicata, posture anomale, movimenti stereotipati, tempi di recupero insufficienti;
  • Applicazione di una checklist e calcolo dell’indice OCRA attraverso punteggi numerici.

L’indice finale classifica il rischio da accettabile a elevato e orienta le misure necessarie.

Misure di prevenzione: interventi ergonomici, organizzativi e formativi

In base all’indice OCRA, il datore di lavoro deve attivare interventi strutturali, organizzativi e formativi, quali:

  • Ausili meccanici, strumenti ergonomici e adeguamento layout;
  • Rotazione delle mansioni e pause programmate;
  • Formazione specifica sui rischi biomeccanici e sull’utilizzo corretto degli ausili.

Inoltre, la sorveglianza sanitaria viene modulata in base alla classe di rischio: a rischio più elevato corrispondono visite più frequenti.

Aggiornamento continuo del DVR e responsabilità aziendale

Il DVR deve essere aggiornato ogni qualvolta si verificano modifiche al processo produttivo, organizzativo o all’insorgere di segnalazioni sanitarie o infortuni correlati al sovraccarico biomeccanico. Il datore di lavoro è tenuto a verificare l’efficacia delle misure adottate e garantire un approccio dinamico alla prevenzione.

Come deve avvenire la gestione operativa di gas e liquidi infiammabili

Come deve avvenire la gestione operativa di gas e liquidi infiammabili

L’impiego di gas compressi, GPL e liquidi infiammabili nei cantieri edili rappresenta una fonte di rischio significativa per l’innesco di incendi o esplosioni, in particolare negli ambienti chiusi dove la ventilazione è scarsa o assente. Queste sostanze, in presenza di aria, possono formare miscele potenzialmente esplosive all’interno del loro campo di infiammabilità.

Per tale motivo è fondamentale adottare misure tecniche e organizzative mirate, che comprendano l’uso di prodotti con caratteristiche di infiammabilità meno critiche e l’eliminazione di fonti di innesco come scintille, fiamme libere o superfici surriscaldate.

In particolare, nei locali chiusi, è obbligatoria la ventilazione naturale (con aperture alte e basse) o forzata, attivata da sensori che rilevino la presenza di vapori infiammabili, per evitare che si raggiungano concentrazioni pericolose. Queste misure, se integrate correttamente nella progettazione del cantiere e nelle procedure operative, riducono notevolmente il rischio di incidenti.

Lo stoccaggio delle bombole e dei contenitori di liquidi infiammabili

Le aree destinate allo stoccaggio di bombole o contenitori di liquidi infiammabili devono essere localizzate all’esterno degli ambienti di lavoro, in spazi recintati, aerati, separati da fonti di calore e protetti da eventuali urti o cadute. Se posizionate all’interno, le aree devono essere realizzate in compartimenti dedicati, con pareti resistenti al fuoco, pavimentazione impermeabile e sistemi di raccolta per eventuali perdite. I materiali devono essere disposti ordinatamente, evitando l’accumulo di sostanze combustibili o infiammabili in prossimità delle scorte.

Le bombole, in particolare, devono essere stoccate in posizione verticale, ancorate in modo stabile e tenute al riparo da irraggiamento solare diretto, pioggia o calore. Nelle aree di stoccaggio devono essere presenti cartelli di divieto (es. “vietato fumare”, “materiali infiammabili”), estintori adeguati al tipo di rischio (come quelli a polvere o CO₂), dispositivi di protezione individuale per gli operatori e istruzioni operative chiaramente visibili. L’uso di armadi ignifughi certificati è consigliato quando si tratta di quantità limitate, soprattutto in ambienti interni.

La gestione operativa dei liquidi

Il travaso dei liquidi e l’uso delle bombole devono avvenire in spazi ben ventilati, lontano da possibili fonti di innesco, utilizzando solo attrezzature idonee e in buono stato. Ogni attività deve essere eseguita da personale formato e informato sui rischi specifici. In caso di utilizzo dell’acetilene, gas particolarmente instabile, è indispensabile limitarne la presenza all’essenziale, garantendo condizioni di sicurezza ulteriori, come dispositivi anti-ritorno di fiamma e operatori esperti.

È importante che il datore di lavoro garantisca un controllo costante delle condizioni ambientali, installando sistemi di rilevamento di vapori o gas potenzialmente pericolosi e predisponendo un piano d’emergenza ben strutturato, comprensivo di evacuazione e gestione degli incidenti. Le buone pratiche includono inoltre la rotazione delle scorte, la verifica delle scadenze dei materiali, la sorveglianza dello stato di conservazione delle bombole e il divieto assoluto di riparazioni improvvisate sugli impianti. L’efficacia delle misure adottate deve essere oggetto di verifica periodica e aggiornamento continuo, soprattutto in presenza di modifiche operative o nuove valutazioni del rischio.

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