La normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare il DLgs 81/08, stabilisce che la valutazione dei rischi debba tener conto anche delle condizioni di lavoratrici in gravidanza, in puerperio o in fase di allattamento. L’articolo 28 impone che il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) includa l’analisi di ogni possibile esposizione che possa compromettere la salute della madre o del nascituro.
Non appena lo stato di gravidanza viene comunicato, il datore di lavoro ha il dovere di attivarsi per verificare se la mansione svolta comporti rischi diretti o indiretti. L’obiettivo è prevenire situazioni dannose, tenendo conto delle condizioni fisiche della lavoratrice e delle trasformazioni fisiologiche legate alla gravidanza.
Individuazione dei fattori di rischio e lavori vietati
Lavorare in gravidanza può esporre a una pluralità di rischi, che spaziano da agenti chimici, biologici o fisici, fino a carichi e posture non compatibili con lo stato gestazionale. In base al DLgs 151/2001, esiste un elenco dettagliato di attività considerate pericolose, faticose o insalubri, che sono vietate alle lavoratrici in gravidanza. Tra queste vi sono i lavori che comportano esposizione a vibrazioni, rumori elevati, sostanze tossiche, sforzi fisici intensi, movimentazione manuale di carichi, nonché attività notturne o in ambienti con temperature estreme. Il datore di lavoro deve identificare puntualmente questi rischi all’interno del DVR e, in presenza di condizioni incompatibili, predisporre misure immediate per proteggere la salute della lavoratrice.
Cambio mansione e procedura di interdizione anticipata
Se l’attività lavorativa risulta incompatibile con la gravidanza, il primo obbligo del datore di lavoro è la modifica temporanea della mansione, senza alcuna penalizzazione economica o contrattuale per la lavoratrice. La nuova mansione deve garantire condizioni di sicurezza e benessere, mantenendo il livello retributivo e la qualifica. Qualora non sia possibile assegnare una mansione alternativa, è prevista l’interdizione anticipata dal lavoro, attivabile su richiesta e autorizzata dall’Ispettorato del Lavoro o dalla ASL. L’interdizione obbligatoria copre in ogni caso i due mesi precedenti e i tre successivi al parto, salvo il regime di flessibilità che consente di lavorare fino all’ottavo mese, estendendo il congedo nel periodo post-partum. In tutte le fasi, la lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità e alla conservazione del posto di lavoro.
Ruolo della sorveglianza sanitaria e aggiornamento del DVR
Nel caso in cui vi siano rischi documentati per la gravidanza, la lavoratrice deve essere sottoposta a sorveglianza sanitaria obbligatoria, come previsto dagli articoli 18 e 41 del DLgs 81/08. Il medico competente ha il compito di verificare l’idoneità della lavoratrice alla mansione svolta e di proporre eventuali limitazioni operative. Il DVR deve essere aggiornato ogni qualvolta intervenga una modifica nelle condizioni di rischio, nell’organizzazione del lavoro o nella salute della lavoratrice. Questo aggiornamento deve essere il risultato di una collaborazione attiva tra il datore di lavoro, l’RSPP, il medico competente e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), in un’ottica di prevenzione integrata.
Diritti, tutele e comunicazione obbligatoria
Oltre alla protezione fisica, la normativa garantisce diritti economici e giuridici chiari: divieto di licenziamento dal momento della comunicazione dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del figlio, mantenimento della retribuzione in caso di cambio mansione e diritto all’astensione retribuita in caso di rischi non eliminabili.
Le lavoratrici hanno diritto anche a permessi retribuiti per effettuare visite prenatali e controlli medici legati alla gravidanza. Il datore di lavoro è obbligato a informare formalmente le lavoratrici interessate sulle misure adottate per la loro tutela, garantendo trasparenza, accessibilità e rispetto della dignità professionale.